“Condono edilizio: cosa si può sanare e cosa no”, “Salvini e il
condono edilizio: le ultime notizie sul Piano Casa 2025”, “Condono
edilizio, Salvini vuole il decreto entro aprile”, “Le regole del
condono edilizio”. Sono solo alcuni dei titoli più rilevanti degli
articoli pubblicati negli ultimi giorni in merito alle recenti
dichiarazioni del Ministro delle Infrastrutture sul “pacchetto di
norme per intervenire sulla casa”, che hanno un minimo comune
denominatore, la parola “condono edilizio”.
Sanatoria e condono: le differenze
Non volendo partecipare al tam tam mediatico che crea solo false
aspettative, si ritiene opportuno (lo è per scrive) fornire alcuni
chiarimenti soprattutto sulle differenze tra sanatoria e condono,
spesso erroneamente confuse tra loro.
Preliminarmente occorre ricordare che da almeno 4 anni si parla
di riforma del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) per
renderlo compatibile con le diverse e rinnovate necessità del
patrimonio edilizio, non più in linea con le logiche del 2001 (che
a loro volta fanno riferimento a norme risalenti nel tempo).
Con le sue parole, il Ministro Matteo Salvini non ha parlato di
riforma del testo unico edilizio ma di un pacchetto di norme che
interverrà per sanare piccole difformità interne che non è
possibile gestire con l’attuale quadro normativo (soprattutto in
funzione della “doppia conformità edilizia e urbanistica”).
Non si è mai parlato, quindi, di condono edilizio, i cui
presupposti sono completamente differenti dalla sanatoria.
Il condono edilizio è un istituto normativo che in 3 diverse
finestre temporali e con 3 leggi speciali ha consentito
l’ottenimento del permesso di costruire in sanatoria per gli
interventi realizzati:
- senza licenza o concessione edilizia o autorizzazione a
costruire prescritte da norme di legge o di regolamento, ovvero in
difformità dalle stesse; - in base a licenza o concessione edilizia o autorizzazione
annullata, decaduta o comunque divenuta inefficace, ovvero nei cui
confronti sia in corso procedimento di annullamento o di
declaratoria di decadenza in sede giudiziaria o
amministrativa.
Il legislatore ha previsto la “pace edilizia” per gli abusi
sostanziali con le seguenti 3 norme speciali:
- la Legge 28 febbraio 1985, n. 47;
- la Legge 23 dicembre 1994, n. 724;
- Legge 24 novembre 2003, n. 326;
che a determinate condizioni hanno consentito il cosiddetto
“condono edilizio” e quindi l’ottenimento del permesso di costruire
in sanatoria.
Facciamo attenzione. Quando si parla di “condono edilizio”,
spesso si associa questo istituto alla regolarizzazione “selvaggia”
di qualsiasi costruzione abusiva. Considerazione assolutamente
errata, in considerazione del fatto che il rilascio del titolo
abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili
sottoposti a vincolo è sempre stato subordinato al parere
favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo
stesso.
Oltretutto, con il secondo e terzo condono edilizio, il
Legislatore ha inserito dei vincoli stringenti in riferimento:
- alla percentuale di ampliamento del manufatto rispetto alla
volumetria della costruzione originaria; - alla volumetria dell’ampliamento o della nuova costruzione
abusiva.
Condizioni che, unite alla data di ultimazione dell’opera, hanno
determinato il rigetto di molte istanze di condono, tanti (troppi)
ricorsi e interventi della giustizia amministrativa.
Ciò che, però, dovrebbe essere ancora più chiaro (soprattutto
alla luce dell’esperienza maturata con il superbonus) è che
prevedere delle norme speciali a tempo, con orizzonti temporali
limitati e senza alcuna pianificazione, determinerà un iper-lavoro
dei professionisti che non potrà mai e poi mai essere supportato
dall’attuale pubblica amministrazione.
Se l’obiettivo è, quindi, gestire diversamente le “piccole”
difformità edilizie, non sarà una norma speciale e a tempo a
raggiungerlo.
La sanatoria edilizia e la doppia conformità
Considerato che l’ultimo “condono edilizio” risale ormai al
2003, da oltre un ventennio per gestire le eventuali difformità
edilizie occorre riferirsi alla normativa ordinaria, ovvero il
d.P.R. n. 380/2001 che prevede alcune fattispecie.
Intanto, occorre ricordare che:
- si parla di abuso da demolire solo in caso di intervento
realizzato in assenza o difformità dal permesso di costruire (tutti
gli interventi che avrebbero richiesto di CILA o SCIA possono
sempre essere gestiti e regolarizzati); - esiste il concetto di tolleranza costruttiva secondo cui il
mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della
superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità
immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro
il limite del 2% delle misure previste nel titolo abilitativo (tali
tolleranze sono dichiarate dal tecnico abilitato, ai fini
dell’attestazione dello stato legittimo degli immobili, nella
modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni
edilizie).
Nel caso, invece, di intervento realizzato in assenza o
difformità dal permesso di costruire o dalla c.d. “SCIA pesante”
(SCIA alternativa al permesso di costruire) le possibilità di
sanatoria passano dall’art. 36 del Testo Unico Edilizia, a mente
del quale “fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli
31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino
all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile
dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono
ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme
alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento
della realizzazione dello stesso, sia al momento della
presentazione della domanda”.
La doppia conformità è un istituto di protezione normativa nato
per prevenire attività corruttive da parte della P.A., che risale
addirittura alla prima legge sul condono edilizio (la Legge n.
47/1985) che all’art. 13 disponeva:
“Fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 7, terzo
comma, per i casi di opere eseguite in assenza di concessione o in
totale difformità o con variazioni essenziali, o dei termini
stabiliti nell’ordinanza del sindaco di cui al primo comma
dell’articolo 9, nonché, nei casi di parziale difformità, nel
termine di cui al primo comma dell’articolo 12, ovvero nel caso di
opere eseguite in assenza di autorizzazione ai sensi dell’articolo
10 e comunque fino alla irrogazione delle sanzioni amministrative,
il responsabile dell’abuso può ottenere la concessione o
l’autorizzazione in sanatoria quando l’opera eseguita in assenza
della concessione o autorizzazione è conforme agli strumenti
urbanistici generali e di attuazione approvati e non in contrasto
con quelli adottati sia al momento della realizzazione dell’opera,
sia al momento della presentazione della domanda.
Sulla richiesta di concessione o di autorizzazione in sanatoria il
sindaco si pronuncia entro sessanta giorni, trascorsi i quali la
richiesta si intende respinta.
Il rilascio della concessione in sanatoria è subordinato al
pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di concessione in
misura doppia, ovvero, nei soli casi di gratuità della concessione
a norma di legge, in misura pari a quella prevista dagli articoli
3, 5, 6 e 10 della legge 28 gennaio 1977, n. 10.
Per i casi di parziale difformità l’oblazione è calcolata con
riferimento alla parte di opera difforme dalla concessione.
L’autorizzazione in sanatoria è subordinata al pagamento di una
somma determinata dal sindaco nella misura da lire cinquecentomila
a lire due milioni”.
È chiaro che la doppia conformità, soprattutto in funzione delle
procedure previste per l’approvazione e modifica dei piani
regolatori e regolamenti edilizi, non risulta più in linea con le
nuove esigenze del patrimonio edilizio, vittima di decenni di
attività edilizia “incontrollata” e su cui è ormai molto difficile
(in determinati casi) demolire sic et simpliciter,
preferendo molto spesso “nascondere la polvere sotto al
tappeto”.
All’interno della doppia conformità occorre, altresì,
considerare la preventiva autorizzazione sismica senza la quale,
come ormai ha chiarito la
Corte di Cassazione, è impossibile ottenere il permesso di
costruire in sanatoria.
Le dichiarazioni del Ministro Salvini
In una nota pubblicata sul portale del Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti, il Ministro Salvini ha anticipato
qualche indiscrezione sul pacchetto di modifiche al Testo Unico
Edilizia, affermando che “La ratio è tutelare i piccoli
proprietari immobiliari che in molti casi attendono da decenni la
regolarizzazione delle loro posizioni e che non riescono, spesso, a
ristrutturare o vendere la propria casa. Allo stesso tempo
deflazionare il lavoro degli uffici tecnici comunali, spesso
sommersi dalle richieste di sanatorie. Alla luce della
semplificazione e dell’efficienza amministrativa si è previsto
anche di intervenire sulle procedure amministrative per garantire
ai cittadini risposte certe in tempi certi”.
L’obiettivo di questo pacchetto di modifiche (che probabilmente
rientreranno in un nuovo Decreto Legge in definizione entro aprile
2024) è, quindi, regolarizzare le piccole difformità o le
irregolarità strutturali che interessano quasi l’80% del patrimonio
immobiliare italiano. Nel dettaglio, le nuove misure dovrebbero
consentire di regolarizzare:
- le difformità di natura formale, legate alle incertezze
interpretative della disciplina vigente; - le difformità edilizie “interne”, riguardanti singole unità
immobiliari, a cui i proprietari hanno apportato lievi
modifiche; - le difformità che potevano essere sanate all’epoca di
realizzazione dell’intervento, ma non sanabili oggi a causa della
disciplina della “doppia conformità” che non consente di conseguire
il permesso o la segnalazione in sanatoria per moltissimi
interventi, risalenti nel tempo; - i cambi di destinazione d’uso degli immobili tra categorie
omogenee.
Pur non avendo ancora letto il testo normativo, è chiaro che non
si tratterà di un nuovo condono edilizio ma di una modifica al
d.P.R. n. 380/2001. E, francamente, di un nuovo condono edilizio
(inteso come norma speciale e a tempo) nessuno dovrebbe avvertirne
la necessità (la storia dovrebbe insegnare a non ripetere gli
stessi errori).
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