La Corte di Cassazione ha chiarito il rapporto temporale sussistente tra l’interesse ad agire e la c.d. soccombenza virtuale.
La statuizione della Corte di legittimità trae origine dall’opposizione agli atti esecutivi proposta dalla debitrice con cui eccepiva che il pignoramento dei titoli di credito dovesse svolgersi nelle forme previste dall’art. 1997 c.c., anziché nelle forme del pignoramento presso terzi. La procedura esecutiva, tuttavia, veniva estinta per omessa iscrizione a ruolo, avendo le terze pignorate reso dichiarazioni negative. Ciononostante, la debitrice esecutata instaurava il giudizio di merito per chiedere la condanna al pagamento delle spese processuali. Il Tribunale di Lecce rigettava la domanda sostenendo l’inammissibilità per mancato interesse ad agire da parte della Società, atteso che ogni eventuale epilogo dello stesso non avrebbe comportato alcuna conseguenza dannosa nei suoi confronti. Avverso tale sentenza l’opponente proponeva ricorso per Cassazione.
Si rammenta che l’interesse ad agire, quale condizione dell’azione che deve necessariamente sussistere in ogni tipo di azione, è definito dalla dottrina prevalente come l’interesse al conseguimento di un’utilità o di un vantaggio non ottenibile senza l’intervento del giudice. Nel caso di specie il Tribunale dichiarava inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi, ravvisando l’insussistenza di un concreto interesse ad agire per il mero fatto che le terze pignorate avevano reso dichiarazioni negative. La Corte di Cassazione ha specificato che ai sensi dell’art. 100 c.p.c. il debitore esecutato ha sempre l’interesse a contestare la regolarità formale del pignoramento presso terzi, anche qualora i terzi rendano dichiarazioni negative.
Secondo la Suprema Corte l’omessa iscrizione a ruolo non impedisce che il debitore esecutato possa pretendere la liquidazione delle spese processuali. Tale pretesa, infatti, si fonda sul principio della c.d. soccombenza virtuale intesa come la fondatezza delle ragioni iniziali delle parti che prescinde da sopravvenute circostanze di fatto che possano aver determinato la cessazione della materia del contendere.
In conclusione, “ai fini dell’accertamento della soccombenza virtuale deve farsi riferimento all’esistenza di un interesse ad agire al tempo in cui è stata proposta l’opposizione, risultando irrilevante il fatto che la stessa sia stata successivamente dichiarata estinta”.
Cass., Sez. VI, Ord., 21 gennaio 2021, n. 1098Mariangela Sampogna – m.sampogna@lascalaw.com
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