A seguito del pignoramento, la richiesta e l’introito dell’indennità di occupazione sine titulo del bene oggetto di esecuzione spettano al Custode e non al proprietario. Così ha specificato l’ordinanza della Cassazione n. 26284 del 16 ottobre scorso.
La vicenda sulla quale la Suprema Corte si è trovata a pronunciarsi prende le mosse dal rigetto dell’istanza di ammissione al passivo fallimentare della società occupante da parte della società proprietaria dell’immobile, a sua volta, esecutata. Nel caso di specie, al fallimento della società occupante era, infatti, seguito, in danno della società proprietaria del bene occupato, il pignoramento dello stesso. Conseguentemente, sia il Giudice Delegato in sede di udienza di verifica del passivo fallimentare, sia il Tribunale in sede di impugnazione, avevano rigettato l’istanza di ammissione al passivo proposta dalla proprietaria/esecutata che riteneva di vantare, verso la procedura concorsuale, un credito derivante dall’indennità di occupazione da parte della fallita del bene pignorato.
La Corte di Cassazione, con la pronuncia in esame, ha rigettato il ricorso della società proprietaria/esecutata, ribadendo quanto già ripetutamente sancito e cioè che, avvenuto il pignoramento di un immobile già concesso in locazione, “il proprietario perde la legittimazione sostanziale, sia a richiedere al conduttore il pagamento dei canoni, sia ad accettarli, spettando tale legittimazione al Custode” (Cass. Civ. n. 7748/2018; Cass. Civ. n. 8695/2015).
Formulando la domanda di ammissione al passivo fallimentare in virtù del credito derivante dall’indennità di occupazione, invece, la società esecutata aveva agito in veste di proprietaria dell’immobile e non in quella di Custode. Sostiene, quindi, la Cassazione che tale atteggiamento non può essere ammesso atteso che, ai sensi dell’art. 820 c.c., i corrispettivi delle locazioni (e quindi anche delle occupazioni) sono frutti civili e, pertanto, secondo l’art. 2912 c.c., sono compresi nel pignoramento che, comprende, gli accessori, le pertinenze e, appunto, i frutti della cosa pignorata. L’impianto normativo è volto, dunque, a tutelare le ragioni dei creditori e a sottrarre alla disponibilità del proprietario/debitore il bene oggetto di pignoramento e i suoi frutti, tanto che, ai sensi del comma II dell’art. 559 c.p.c., il creditore può chiedere che sia nominato Custode del bene, un individuo terzo rispetto al debitore. Seguendo questo ragionamento, è ovvio che – anche qualora fosse nominato Custode del bene ex comma I dell’art. 559 c.p.c. – l’esecutato, per chiedere l’indennità di occupazione, dovrebbe sempre agire nella predetta qualità e non in qualità di proprietario.
In tal caso, infatti, pur permanendo l’identità del soggetto, muta il titolo del possesso da parte del debitore che non agisce più in quanto proprietario, ma in quanto ausiliario del Giudice dell’Esecuzione, essendo ogni su attività conseguenza del potere ex art. 559 c.p.c. (Cass. Civ. n. 8695/2015).
Cass., Sez. VI – 1,Civ., 16 ottobre 2019, ordinanza n. 26284Valeria Misticoni – v.misticoni@lascalaw.com
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