Nota a Trib. Lecce, 15 novembre 2021.
Redazione
Nel caso di specie, parte attrice invocava l’usurarietà del tasso di mora applicato al rapporto intrattenuto con l’Istituto convenuto, nonché l’indicazione, in contratto, di un TAEG differente dal tasso effettivamente applicato, su cui incideva anche l’effetto anatocistico dettato dall’applicazione di un piano di ammortamento c.d. “alla francese”, con conseguente indeterminatezza della relativa pattuizione e, quindi, operatività del tasso sostitutivo, ai sensi dell’art. 117 TUB.
La Banca, costituendosi in giudizio, eccepiva, preliminarmente, che il tasso di mora non fosse mai stato applicato nel corso del rapporto, inferendo che la domanda finalizzata all’accertamento dell’usurarietà (fondata, peraltro, sul raffronto con i parametri soglia relativi al tasso corrispettivo) non fosse sorretta da idoneo interesse ad agire; evidenziava, inoltre, come nell’ipotesi in cui tale specifica voce fosse risultata esorbitante rispetto ai parametri soglia, ex l. n. 108/96, il tasso corrispettivo sarebbe stato validamente erogato in proprio favore. L’Istituto deduceva che il piano di ammortamento adottato non avallasse l’effetto anatocistico rispetto agli interessi corrispettivi e che analogo fenomeno in relazione agli interessi di mora fosse consentito in ragione della natura di mutuo fondiario del rapporto in contestazione. Da ultimo, prospettava l’inidoneità della divergenza tra ISC e tasso effettivo a legittimare il ricorso al tasso sostitutivo, ex art. 117 TUB, concludendo per la declaratoria di inammissibilità e il rigetto delle domande attoree.
Il giudice leccese rileva come l’argomentazione di parte attrice si ponga in maniera non aderente ai principi dalla giurisprudenza di legittimità; invero, la Cassazione ha, dapprima, ribadito[1] la strutturale disomogeneità, dettata anche dalla specifica funzione, tra il tasso corrispettivo e quello di mora, precisando che la verifica dell’usurarietà debba essere condotta separatamente rispetto a ciascuno dei suddetti oneri; la stessa Corte ha, successivamente, evidenziato[2] che l’accertamento relativo al rispetto delle soglie debba avvenire mediante raffronto da un lato del tasso corrispettivo applicato, costituito dal tasso debitore relativo al momento della sottoscrizione del contratto e dagli ulteriori esborsi funzionali all’erogazione del credito, con i parametri ex l. n. 108/96, e, dall’altro, del tasso di mora al tasso effettivo globale medio, aumentato della maggiorazione media degli interessi moratori (2,1%), moltiplicato per il coefficiente in aumento e sommato ai punti percentuali aggiuntivi, previsti quale ulteriore tolleranza dai DM di riferimento; ha, infine, esplicitato[3] come la parte mutuataria non abbia interesse ad agire per la declaratoria di usurarietà degli interessi moratori, allorché sia occorso l’esatto adempimento al pagamento di tutti i ratei.
Nella specie, a prescindere, pertanto, dal rilievo che la domanda finalizzata alla verifica dell’usurarietà del tasso di mora non risulti, nell’ipotesi in esame, sorretta dal necessario interesse ad agire (non essendo contestata tra le parti la mancata applicazione del tasso di mora in epoca antecedente all’instaurazione del procedimento), il Tribunale leccese rileva come le allegazioni di parte attrice sconfessino l’esistenza dell’usura sul tasso di mora, atteso che l’onere contrattualmente convenuto appare evidentemente inferiore al tasso soglia maggiorato anche solo della maggiorazione media dei tassi di mora, pari al 2,1%.
Come rappresentato in narrativa, parte attrice aveva, inoltre, paventato la parziale nullità del contratto di mutuo, in ragione dell’indeterminabilità della previsione inerente alla determinazione del tasso corrispettivo; anche in questo caso, la censura non è meritevole di accoglimento. Invero, la circostanza che il TAEG indicato nel documento di sintesi non coincida con quello evincibile dal piano di ammortamento non è idonea a riverberarsi sulla validità della convenzione di tasso ultralegale; tale voce esprime in percentuale il costo effettivo di un finanziamento o di altra operazione bancaria di concessione di una linea di credito, comprensivo degli interessi e degli oneri che concorrono a determinarne l’effettiva incidenza economica, secondo la formula stabilita dalla Banca d’Italia; ne consegue che detta voce, lungi dall’integrare una specifica condizione economica da applicare al contratto di finanziamento, svolge unicamente una funzione informativa, siccome strumentale a rendere noto al cliente il costo totale effettivo del finanziamento prima di accedervi; l’erronea indicazione dell’ ISC, in considerazione di tale funzione, non comporta una diversa onerosità del finanziamento, quanto piuttosto un’erronea rappresentazione del suo costo complessivo e, per l’effetto, non incide sulla validità del contratto ai sensi dell’art. 117 TUB[4]; Detta evenienza potrebbe spiegare la propria incidenza sotto il profilo della responsabilità precontrattuale, nell’ipotesi in cui venisse dedotto uno specifico danno eziologicamente connesso all’inadempimento dell’obbligo informativo gravante sull’istituto concedente (ipotesi che non risulta attuale nella vicenda in esame).
Da ultimo, a giudizio del giudice di prime cure, alcun approfondimento istruttorio risulta necessario con riferimento alla genericamente paventata riconducibilità, al piano di ammortamento del mutuo in contestazione, di fenomeni anatocistici rispetto agli interessi corrispettivi: tale fenomeno non costituisce ordinario effetto dell’adozione del suddetto sistema, nel quale la quota di interessi è determinata solo sulla quota capitale; d’altro canto, parte attrice non ha, peraltro, indicato in virtù di quale specifico meccanismo, nel caso in esame, detto effetto avrebbe concretamente luogo.
[1] Il riferimento è a Cass. n. 17447/2019.
[2] Così Cass. Civ., Sez. Un., n. 19597/2020.
[3] Cfr. Cass. n. 1818/2021.
[4] Cfr. Trib. Tivoli, n. 1026/2021; Trib. Lecco, n. 246/2021; Trib. Roma, n. 15480/2020; App. Torino, n. 965/2020; Trib. Bergamo, n. 2244/2019.
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