La crisi di impresa spesso sfocia in un accordo di ristrutturazione dei debiti al fine di una soluzione positiva della situazione. Per arrivare ad omologare un accordo di ristrutturazione è necessario che sia conveniente per i creditori dell’impresa; pertanto, tale accordo deve essere più conveniente della liquidazione. Tale valutazione è fondamentale per addivenire alla transazione dei crediti tributari e contributivi.
Un recente intervento della Corte di Appello di Messina in merito ad una richiesta di omologa forzosa di un accordo di ristrutturazione dei debiti[1], offre lo spunto per un breve richiamo agli aspetti fondamentali dell’istituto e della relativa procedura[2], con la precisazione che, sebbene il provvedimento sia stato adottato ai sensi della legge fallimentare, le disposizioni del D.lgs n. 14/2019, il c.d. Codice della crisi (artt. 48, 57 e 63) in vigore dal 15 luglio 2022, riportano, per stessa ammissione dei giudici, il contenuto degli artt. 182 bis e ter della Legge Fallimentare, senza sostanziali modifiche[3].
Accordi di ristrutturazione dei debiti: presupposti e procedura di omologazione
L’accordo di ristrutturazione del debito, di cui all’art. 182-bis L.F. (ora art. 57 del CCII), è uno strumento negoziale che consente agli imprenditori in possesso dei requisiti di fallibilità di far fronte ad uno stato di crisi concordando con i creditori (rappresentanti almeno il 60% del totale dei crediti), le modalità attraverso le quali riportare l’attività aziendale ad una condizione di normalità, con la precisazione che l’intesa eventualmente raggiunta non potrà incidere sulle situazioni soggettive dei creditori non aderenti, che devono essere soddisfatti in misura integrale.
Una volta perfezionato l’accordo con i creditori, l’imprenditore deve depositare la documentazione di cui all’art. 161 Legge Fallimentare e chiederne l’omologazione al Tribunale.
Alla domanda di omologa deve essere allegata una relazione redatta da un professionista, designato dal debitore ed in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, terzo comma, lettera d), L.F., che attesti la veridicità dei dati aziendali e l’attuabilità dell’accordo stesso, anche con riferimento alla sua idoneità ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei.
Al fine di consentire l’eventuale proposizione di opposizioni da parte di creditori o di terzi l’accordo viene, quindi, pubblicato nel Registro delle imprese e acquista efficacia dal giorno della sua pubblicazione.
Riguardo al raggiungimento delle maggioranze richieste, l’art. 3, comma 1-bis, del D.L. n. 125/2020, modificando gli articoli 180 e 182-bis Legge Fallimentare, ha previsto che il Tribunale, in base ad una valutazione di maggior convenienza della proposta rispetto all’alternativa liquidatoria, possa procedere all’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti (ma ciò vale anche per il concordato preventivo) anche in caso di «mancanza di voto», o «mancanza di adesione», da parte dell’Amministrazione finanziaria (o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie), purché l’assenso di quest’ultima si
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