Il Decreto Legge n.
69/2024, c.d. “Decreto Salva Casa” ha sicuramente
delle finalità positive, anche se sarebbe necessario andare oltre
le singole misure correttive e procedere con una riforma organica
del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
Decreto Salva Casa: occorre revisione globale del Testo Unico
Edilizia
A precisarlo è il presidente dell’Ordine degli
Architetti PPC di Roma e Provincia, Alessandro
Panci, in una
nota presentata alla commissione VIII
(Ambiente, Territorio e Lavori pubblici) della Camera dei Deputati,
nell’ambito dei lavori per la conversione in legge del
provvedimento. Sebbene il “Salva casa” risponda in parte alle
esigenze degli ordini professionali, Panci sottolinea come esso
affronti le problematiche in maniera frammentaria, piuttosto che
attraverso una revisione complessiva delle norme edilizie.
Le criticità del Decreto: esempi Specifici e proposte di
soluzione
Fermo restando il giudizio positivo sul primo passo compiuto, il
presidente Panci parla di “una norma parziale non organica, che
non può che avere il carattere della provvisorietà, che non a una
reale, necessaria soluzione delle problematiche precedentemente
evidenziate dall’Ordine”. Se quindi c’è soddisfazione sul
fatto che in ambito governativo sia stata compresa la necessità di
intervenire sulle problematiche espresse in passato dai
professionisti, il problema è risolto solo in parte e solo per
alcuni casi specifici. Ecco i punti critici e i dubbi al
riguardo.
Le tolleranze costruttive
Un esempio delle criticità individuate riguarda le tolleranze
previste dal decreto. Per unità immobiliari con superficie
superiore a 500 metri quadrati, è prevista una tolleranza del 2%,
mentre per quelle comprese tra i 300 e i 500 metri quadrati la
tolleranza è del 3%. Questo porta a paradossi, come il caso di
un’unità immobiliare di 499 mq, che avrebbe una tolleranza di 14,97
mq, rispetto ai 10,02 mq di un’unità di 501 mq.
L’edilizia libera
Il decreto menziona attività in edilizia libera, come la
costruzione di portici. Tuttavia, evidenzia Panci, spesso tali
interventi non sono completamente liberi a causa di vincoli
sovraordinati, come quelli paesaggistici, del Genio Civile o
idrogeologici, che richiedono l’ottenimento di nulla osta. È
importante quindi chiarire che le modifiche alle unità immobiliari
devono rispettare le norme vigenti.
La diversità regionale
Un’altra problematica è la gestione parcellizzata delle norme a
livello regionale. Senza una modifica complessiva che uniformi i
parametri e le norme amministrative a livello nazionale, incertezze
ed equivoci continueranno a persistere. La regolamentazione
nazionale di VEPA o pergotende evidenzia la frammentazione
normativa attuale, che manca di chiarezza.
Accertamento di conformità
Il decreto non elimina completamente la doppia conformità tra
aspetti edilizi e urbanistici. Panci auspica che gli emendamenti al
testo procedano con correttivi che la eliminino completamente.
L’agibilità degli immobili
Un’altra questione riguarda l’agibilità degli immobili che hanno
usufruito di condoni in deroga di altezze e rapporti
aeroilluminanti. Le regioni hanno emanato leggi con parametri in
deroga per facilitare i cambi d’uso di locali sottotetto e
seminterrati, creando paradossi normativi. È necessaria una
revisione delle norme del 1975 alla luce dei progressi tecnologici
e scientifici degli ultimi cinquant’anni.
Responsabilità del professionista
Nel decreto si legge che, nei casi in cui sia impossibile
accertare l’epoca di realizzazione di un intervento, il tecnico
incaricato deve attestare la data di realizzazione sotto la sua
responsabilità. Panci contesta la fattibilità di tale disposizione,
sostenendo che solo il proprietario può conoscere con certezza
l’epoca di realizzazione dell’opera. Infine, il presidente ricorda
che un tecnico iscritto in un albo professionale svolge attività di
pubblica utilità e l’emanazione di norme non chiare o inapplicabili
rendono difficoltoso poter operare correttamente.
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