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Lasciare troppi soldi sul conto corrente potrebbe non essere una cosa sicura. Come specifica “La Legge per Tutti” non esiste solo il pericolo dell’inflazione o di un cattivo investimento suggerito da un consulente finanziario, quindi il consiglio è quello di “diversificare”, ovvero frammentare il deposito in più rapporti bancari potrebbe far vivere il contribuente con maggiore serenità. Come specificato dallo stesso portale di informazione e consulenza legale, c’è una lista di “pericoli” in cui si può incorrere se il conto corrente contiene troppi soldi.

Fallimento della banca: “In presenza di una situazione di indebitamento bancario, la legge prevede un ordine gerarchico “di rischio”, dove i primi della lista sono coloro che perderanno subito i soldi: gli azionisti, i detentori di altri titoli di capitale, gli altri creditori subordinati, i creditori chirografari e, solo alla fine, le persone fisiche e le piccole e medie imprese titolari di depositi per l’importo eccedente i 100.000 euro. Il consiglio è quindi quello di tenere il conto corrente al di sotto di 100mila euro in modo da non rischiare neanche un euro in caso di fallimento della banca.

Inflazione: questa determina una perdita del potere di acquisto. La soluzione ideale sarebbe quella di “buttarsi in forme di investimento a basso rischio come titoli di Stato oppure obbligazioni emesse da banche solide”.

Pignoramento del conto corrente da parte del fisco: Con l’arrivo di Agenzia delle Entrate Riscossione, si è parlato molto del potere che ha l’esattore di pignorare il conto corrente del contribuente senza alcun ordine del tribunale. La procedura, che può essere avviata non prima di 60 giorni dalla notifica della cartella, prevede l’invio di una lettera alla banca e al debitore (quest’ultimo la riceve quasi sempre in un momento successivo); in essa è contenuto l’avviso che, in difetto di pagamento entro i successivi 60 giorni, le somme presenti sul conto dovranno essere accreditate direttamente all’agente della riscossione, e così anche i successivi accrediti fino ad estinzione totale del debito. In una situazione del genere il conto corrente diventa inutilizzabile. L’unica soluzione è chiedere una rateazione oppure aprire un differente rapporto con un’altra banca, ma ciò non garantisce l’estensione del pignoramento anche a quest’ultimo.

Possono tirare un mezzo sospiro di sollievo i lavoratori dipendenti e i pensionati. Per questi il pignoramento parte solo per importi – già depositati alla data di notifica del pignoramento – superiori a 1.345,56 euro (ossia tre volte l’assegno sociale). Dunque, lasciando il conto sotto tale tetto non si rischia alcunché, fermo restando il pignoramento delle successive mensilità. Ma con questi ulteriori limiti:

  • per stipendi o pensioni fino a 2.500 euro, il pignoramento è di massimo un decimo dell’importo;
  • per stipendi o pensioni tra 2.5001 e 5.000 euro, il pignoramento è di un settimo;
  • per stipendi o pensioni superiori a 5.000 euro, il pignoramento è di un quinto.
  • C’è poi il divieto di pignorare l’ultima mensilità accreditata alla data di notifica del pignoramento (per non lasciare il contribuente, di punto in bianco, senza i soldi per fare la spesa).Anche quando il creditore è un soggetto privato (ad esempio la banca), vale il divieto di pignoramento delle somme depositate al di sotto del triplo dell’assegno sociale.
  • Crisi economica: nel luglio del 1992 il governo Amato impose, in una notte, un prelievo straordinario dai conti correnti degli italiani pari al 6 per mille (la cosiddetta «tassa patrimoniale»). In quella occasione tutti urlarono al furto di Stato. Lo spettro dell’imposizione fiscale, attuata con decretazione di urgenza, intimorisce tutt’oggi il popolo. Anche l’esempio della Grecia, che ha imposto d’un tratto un limite ai prelievi dal conto, ha segnato i risparmiatori di tutta Europa e, in particolare, quelli italiani, così vicini alla situazione ellenica.
  • Non c’è però chi avverte che, nel caso in cui vincano gli anti-europeisti in un eventuale confronto politico, l’uscita dell’Italia dall’UE potrebbe portare l’inflazione su numeri a due cifre, situazione in grado di svalutare qualsiasi tesoro nascosto sotto il mattone. Insomma, dalla crisi economica ci si salva difficilmente, sia che i soldi siano in banca che a casa in contanti. L’ideale sarebbe disporre di un conto estero o di un investimento resistente alle fluttuazioni dei mercati (di solito l’oro o gli immobili).
  • Agevolazioni fiscali: attualmente il conto corrente con una giacenza media annua inferiore a 5mila euro gode di un più favorevole trattamento fiscale: per essi infatti non si deve pagare l’imposta di bollo. Invece su un conto con giacenza di 5mila euro in media si paga circa 34,2 euro, circa il 7 per mille. Più conveniente è impiegare i soldi in strumenti finanziari per i quali l’imposta di bollo è del 0,2%.

(da “La Legge per Tutti”)

 

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