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È La via ferrata di Giovanni Pascoli la poesia scelta per l’analisi del testo nella prima prova dell’esame di maturità 2022.

La lirica fu pubblicata nella seconda edizione di Myricae (1892). Il titolo originale era inizialmente Il telegrafo. Il testo fu pubblicato in varie edizioni: la prima in occasione delle nozze dell’amico Severino Ferrari nel 1886, in seguito su vari giornali e riviste tra cui Letteratura e Il Resto del Carlino.

L’opera fu scritta dal poeta nel corso della sua tradizionale ultima passeggiata prima dell’autunnale rientro scolastico. In quegli anni Pascoli era infatti professore di latino e greco al Liceo classico di Massa “Pellegrino Rossi”.

Scopriamone testo, analisi e commento della poesia.

La via ferrata di Giovanni Pascoli: testo

Tra gli argini su cui mucche tranquillamente

pascono, bruna si difila

la via ferrata che lontano brilla;

e nel cielo di perla dritti, uguali,

con loro trama delle aeree fila

digradano in fuggente ordine i pali.

Qual di gemiti e d’ululi rombando

cresce e dilegua femminil lamento?

I fili di metallo a quando a quando

squillano, immensa arpa sonora, al vento.

La via ferrata di Giovanni Pascoli: analisi

La via ferrata ha la struttura metrica di un madrigale composto di versi endecasillabi con terzine a rime centrali e una quartina a rima alternata.

Il testo della poesia si basa sull’opposizione tra paesaggio bucolico e la modernità portata dal progresso. L’idilliaca descrizione iniziale della campagna viene bruscamente spezzata dalla comparsa della cosiddetta “via ferrata”: composta dai fili del telegrafo, che interrompono l’infinità del cielo, e dalla ferrovia che trasporta i nuovi veicoli rombanti.

Nella prima terzina viene descritta l’immagine idilliaca di un paesaggio campestre, dominato dall’immagine delle mucche al pascolo che brucano l’erba indifferenti. Segue quindi, nella seconda terzina, la descrizione della via ferrata che si estende in linea retta brillando in lontananza. I pali del telegrafo interrompono l’infinità del cielo con l’intrico dei loro fili sospesi che digradano man mano che si allontanano dalla vista.

La quartina si concentra invece sui suoni, ed è ricca di onomatopee ed allitterazioni. I rumori del treno che sopraggiunge vengono paragonati a un “femminil lamento” mentre il tintinnio dei fili del telegrafo è come la melodia di un’arpa sonora.

Emerge quindi il forte contrasto tra il tempo passato e il tempo futuro. La modernità che avanza viene percepita come un pericolo. Nell’energia primordiale della natura, esemplificata dalle mucche al pascolo, è invece racchiusa una promessa di pace e serenità che sembra fare eco alla poesia virgiliana delle Bucoliche.

L’opposizione tra natura e progresso viene tuttavia mitigata, nel finale, dal suono di “un’arpa sonora”, con questa analogia infatti Pascoli identifica il suono dei fili del telegrafo che vibrano al vento. I fili metallici infatti interrompono il silenzio della quiete campestre facendo udire un nuovo rumore: un suono stridente, come suggerisce il verbo onomatopeico “squillano”. Tramite questa definizione poetica l’autore cerca di rendere la modernità più accettabile per l’uomo, trasformando un’immagine nuova e ancora confusa in uno strumento musicale che allieta.

La via ferrata di Giovanni Pascoli: figure retoriche

  • Allitterazioni: ripetizione dei suoni vocalici – a ed – e, e del suono consonantico duro – r. Spesso inoltre vengono ripetuti termini e interi gruppi vocalici come “quando”, “qual” o “lamento”, “metallo”, “immersa”.
  • Onomatopee: si concentrano nella quartina e riprendono significativamente i rumori e i suoni della modernità, del filo del telegrafo e del treno che sopraggiunge in un climax ascendente. Anche il verbo squillano nell’ultimo verso può essere letto come un verbo onomatopeico.
  • Metafore: cielo di perla per indicare il cielo leggermente velato (la stessa espressione ritorna nella famosa lirica L’assioulo).

    trame dell’aerea fila per indicare i fili del telegrafo che si intrecciano nel cielo (immagine simile ripresa nella poesia Novembre).

    femminil lamento: l’immagine del treno che si avvicina rombando è evocata da un suono, quindi reso esclusivamente dal punto di vista uditivo. Pare che il riferimento, preceduto non a caso da “gemiti”, “ululi”, rimandi al celebre verso dell’Eneide di Virgilio lamentis gemituque et femine oululatu in cui viene narrato il suicidio di Didone.
  • Anastrofe: inversione dell’ordine naturale delle parole, spesso l’aggettivo precede il nome. Come nel caso di aeree fila o fuggente ordine.
  • Iperbato: viene invertita la normale costruzione sintattica della frase per ottenere un effetto stilistico più efficace.

La via ferrata di Giovanni Pascoli: commento

Il tema centrale della poesia La via ferrata è il contrasto tra modernità, data dall’immagine quasi aliena e disumana dei fili del telegrafo, e la tradizione esemplificata dalla semplicità rurale della campagna.

I fili del telegrafo sembrano spezzare l’idillio pastorale, rompendo il corso infinito del cielo. Poi l’attenzione del poeta si concentra sulla percezione sensoriale-uditiva evocando i rumori nuovi che spezzano il silenzio della natura. Sono suoni simili a gemiti che trasmettono un’inquietudine profonda.

Nel finale tuttavia Pascoli cerca di armonizzare il conflitto, consapevole che la convivenza tra natura e modernità è ormai un fatto ineluttabile. La campagna dovrà fare i conti per sempre con i pali del telegrafo, ormai divenuti parte del paesaggio. La convivenza tra i due elementi può persino essere pacifica, come dimostra il vento che incontrato i fili della via ferrata li trasforma in musica come se stesse suonando la melodia di un’arpa.

La natura è dunque finalmente pronta ad accogliere la modernità come parte integrante di sé e dell’ambiente. Pur accettando l’inevitabilità del progresso la lirica di Pascoli è intrisa di un’eco palpabile di nostalgia.

Rievocando l’amato Virgilio il poeta sembra abbandonarsi al ricordo di un mondo ormai scomparso: un mondo passato che non ritornerà più e proprio per questo appare nella memoria dell’autore con una nitidezza struggente. Il futuro tuttavia incalza e tutto muta, questo Pascoli lo comprende e non lo critica, anzi cerca di invitare i propri lettori ad avere fiducia nel “nuovo che irrompe”.

 

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