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– Carlo Sangermani Ritella

Lo scritto esamina l’attuale panorama inerente la facoltà di sospendere integralmente il pagamento delle rate di mutuo in scadenza causa la carenza di liquidità dovuta alla pandemia e, sottolineata ed analizzata la criticità concernente gli esosi costi dell’operazione, fornisce una chiave di lettura volta a comprimere se non ad azzerare il peso economico per il cliente.

1. BREVE CENNO AL MODELLO DELLA SOSPENSIONE

Le misure di sostegno in favore dell’economia nazionale volte a fronteggiare l’emergenza cagionata dall’epidemia Covid – 19 hanno quale oggetto anche l’opportunità, concessa ai mutuatari, di sospendere le obbligazioni derivanti dai contratti di mutuo. Il fulcro dei provvedimenti è costituito dal Dl 18/20, convertito in legge con modificazioni dalla Legge 27/20 (alcune opzioni di sospensione sono state introdotte dalla legge di conversione). In particolare l’articolo 54 amplia la platea dei fruitori del c.d. “Fondo Gasparrini”. Si tratta della Legge n. 244/07 (art. 2 commi 475 e ss.) con la quale già in passato sono stati tutelati gli acquirenti di immobili adibiti alla abitazione principale (“mutui prima casa”), incorsi in contrarietà che ne minassero le capacità di rientro (quali la cessazione del rapporto di lavoro od il vulnus alla salute, sino alla morte). L’accesso è oggi facilitato posto che non necessita la presentazione dell’indicatore ISEE attestante la situazione economica del richiedente. L’art. 54 quater (aggiunto in sede di conversione) sospende i mutui incombenti sulle vittime dell’usura. L’art. 56 dispone per le micro, piccole e medie imprese colpite da carenza di liquidità dovuta alla pandemia una serie di sospensioni ed agevolazioni. L’articolo 58 attua la possibile sospensione dei termini di rimborso relativi al Fondo 394/81 per la quota capitale del prestito (in estrema sintesi trattasi di mezzo di finanziamento teso a favorire le esportazioni). L’art. 72ter contempla la sospensione di mutui agevolati, concessi dall’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa Spa-Invitalia, limitatamente alle imprese con sede od unità locali ubicate in zone particolarmente colpite dagli eventi (zone puntualmente individuate). Gli artt. 111 e 112 sospendono i termini di pagamento della quota capitale di mutui gravanti rispettivamente su Regioni ed Enti Locali (qualche misura può essere sfuggita al redattore). Si tratta di un presidio conosciuto dall’Ordinamento. In precedenza, a titolo di esempio, è stato impiegato in occasione di plurimi eventi sismici che hanno colpito la zona dell’Aquila nel 2009 (Dl 39/99 conv. con L. 77/99) e le Regioni del Centro Italia nel 2016 (Dl 244/16 articolo 14 comma 6 conv. L. 19/17 e Dl 189/16 art. 48 comma 1 lettera g conv. L. 229/16). Lo strumento si presta ovviamente quale coadiuvante nella risoluzione di ogni dissesto del mutuatario, sicché agli esiti della nota crisi finanziaria del 2009 il rimedio è stato adottato dall’ Abi nell’ausilio alla ripresa dell’economia con il c.d. “Piano Famiglie”. Ognuno dei menzionati interventi (compresi quelli scaturiti dall’emergenza Covid-19) ha visto la sospensione modellarsi secondo le peculiarità del caso affrontato quanto a tempistiche, classi di soggetti beneficiari e condizioni di ammissibilità. Caratteristica intrinseca della decretazione di urgenza è quella di non riuscire a coprire ogni segmento interessato dall’evento scatenante la crisi. Per tale motivo è sempre nella facoltà degli operatori economici (nel campo prospettico qui perlustrato le banche) potenziare i provvedimenti autoritativi tramite l’allargamento dei destinatari ed anche adottare schemi contrattuali aggiuntivi aventi le stesse finalità. Non fa eccezione la situazione odierna che ha visto la Banca d’Italia con la “Raccomandazione su tematiche afferenti alle misure di sostegno economico predisposte dal Governo per l’emergenza Covid-19” del 10/04/20 formulare il seguente invito alle associate : “Al fine di ampliare quanto più possibile l’ambito di applicazione dei provvedimenti emanati dal Governo, gli intermediari bancari e finanziari vorranno valutare l’opportunità, ove non vi abbiano già provveduto, di estendere su base volontaria tali iniziative anche a favore di categorie di soggetti che potrebbero versare in situazioni di difficoltà e/o in relazione a tipologie di rapporti contrattuali al momento non comprese nei predetti provvedimenti.” E’ questo lo snodo fondamentale della materia discussa nelle pagine a seguire. L’interlocuzione tra banca e cliente nelle numerose evenienze non contemplate dalla legiferazione statale.

2. IL COSTO DEGLI INTERESSI

Dato per scontato che la sospensione di un pagamento, per la stessa struttura letterale del termine, non comporta la cancellazione del debito, risulta assai meno limpido il concetto del suo costo. Abbastanza chiaro che sospese le rate di un mutuo queste dovranno essere “recuperate” dalla banca finanziatrice, si nutrono dubbi sul fatto che il sentire comune percepisca immediatamente che dal vuoto temporale nel quale la banca non ha riscosso la liquidità derivi un onere per il cliente. Il mutuatario sa che il piano di rimborso vedrà un prolungamento pari al tempo della sospensione, prolungamento espresso in numero di rate (confligge con la difficoltà del debitore la costrizione di versare l’intero ammontare delle rate sospese in unica soluzione alla ripresa del piano di ammortamento). Tranquillizzato dal fatto di corrispondere comunque tutto quanto aveva promesso alla banca, se pure con termine più ampio, spesso il debitore non si sofferma sulla problematica inerente gli interessi eventualmente maturati nel periodo di sospensione. Enigma da risolvere, perché la banca subisce una perdita dall’omessa riscossione della provvista nel lasso di tempo in cui l’obbligazione di rientro non è stata onorata. Sulla tecnica di conteggio degli interessi si aprono scenari articolati. In primo luogo bisogna distinguere i casi nei quali la legge oppure il contratto dettano espressamente il meccanismo, da quelli nei quali la fonte di sospensione nulla dice al riguardo. Prima di esaminare la fonte legislativa, che vede perimetro di operatività limitato dalla casistica che essa disciplina, si analizzano le proposte che le banche oggi, giusta sollecitazione della “raccomandazione” di Banca d’Italia sopra richiamata, avanzano nei confronti della clientela, con uno spettro di azione estremamente ampio e per questo di enorme rilevanza. Sono escluse dal campo di osservazione le fattispecie per le quali l’Abi e le Associazioni dei consumatori hanno concluso accordi per la sospensione della sola quota capitale di mutui e prestiti a rimborso rateale, preferendo soffermare l’attenzione sulle sospensioni dell’intera rata. L’indagine è stata compiuta visitando i siti istituzionali presenti in rete delle prime sei banche italiane per numero di filiali. L’offerta è distinta ma non si differenzia molto da banca a banca. Quello che accomuna gli operatori in maniera granitica è la tecnica di calcolo degli interessi per il periodo di sospensione. Sarà quindi sufficiente illustrare la proposta della leader per numero di succursali. La banca colloca sul sito tre opzioni: l’accesso al “Fondo Gasparrini”, la sospensione dell’intera rata per sei mesi a favore di soggetti aventi residenza in una particolare zona (c.d. zona rossa), la sospensione dell’intera rata per sei mesi dei prestiti personali. I destinatari, a parte quelli del Fondo Gasparrini che sono specificati dal Dl 18/20, sono individuati in soggetti posti in difficoltà dalla pandemia. I titolari di “prestiti personali”, cui è diretto il terzo modello negoziale, costituiscono ovviamente un bacino d’utenza assai rilevante. Gli interessi sono calcolati applicando il tasso contrattuale (il Tan) al debito residuo nel momento della sospensione. La cifra che ne deriva verrà poi “spalmata” in pari misura su tutte le rate che ricominceranno a decorrere dopo la sospensione, sino alla fine del piano di rimborso prolungato per numero di rate (e tempo) pari alla sospensione. Chi scrive, nel prendere atto del criterio e senza avere particolari nozioni matematiche, è stato colto da perplessità. Questo perché il capitale (debito) residuo varia in ragione della collocazione della rata che funge da riferimento per la sospensione. Il carattere mutevole della base di calcolo provoca differenze quantitative anche importanti del prezzo di sospensione, a seconda del “punto di caduta” della sospensione stessa sul piano di ammortamento. Per meglio rendere il concetto è utile una illustrazione pratica, seguendo la metodologia di calcolo spiegata dalla banca sul proprio sito. Si applichi allora il predetto sistema elaborando, con l’aiuto di un programma reperito in rete (operazione semplicissima), il piano di ammortamento di un mutuo ipotizzato come avente provvista di Euro 100.000,00, durata 240 mesi, tasso fisso (tan) del 4%, rata mensile costante di Euro 605,98 e sistema alla francese (quello utilizzato nella quasi totalità dei finanziamenti vigenti). La prima rata in scadenza il 02/01/2018, l’ultima il giorno 02/12/2037. Si studino ora tre sospensioni, sempre della durata di sei mesi. La prima sospensione è piazzata alla decima rata, il 02/10/2018. Con un debito residuo di Euro 97.513,20 il costo è di Euro 1.950,24. La seconda sospensione è fatta coincidere con la trentesima rata (in attualità), il 02/06/2020. Il debito residuo di Euro 91.712,94 produce un prezzo di Euro 1.834,26. La terza sospensione, posta alla duecento decima rata , il 02/06/2035 , vede un debito residuo di Euro 17.819,22 ed un conseguente onere di Euro 356,38. Come detto la variazione schizofrenica dell’interesse è generata dal fatto che nel piano di ammortamento alla francese il capitale non è distribuito in modo paritario nelle singole rate, ma con sistema crescente, sicché il capitale residuo decresce con il trascorrere del tempo. Non di meno la perplessità originaria permane laddove si consideri che in tutti gli scenari descritti la banca è rimasta priva della stessa cifra, complessivamente Euro 3.635,88 (sei rate da Euro 605,98 ciascuna) per sei mesi. Eppure gli interessi non solo ondeggiano a seconda della collocazione della sospensione, ma la loro quantità monetaria è sempre o quasi spropositata, ictu oculi, rispetto al quantum non pagato (in due delle ipotesi sopra formulate Euro 1.950,24 ed Euro 1.834,26 a fronte di un sospeso di Euro 3.635,88). Se il cliente avesse offerto, al termine della sospensione e senza dilazioni, il pagamento del tasso netto (il 4%) sul non versato, la cifra (il 4% su Euro 3.635,88 per sei mesi) sarebbe stata pari ad Euro 72,71. Vero è che alla ripartenza del rimborso il cliente non paga subito alla banca il quantum inevaso. Il totale sospeso, con la traslazione del piano di ammortamento, le sarà riconsegnato dopo ulteriori sei mesi nei quali, mensilmente, il mutuatario pagherà Euro 605,98. L’interesse va allora ricalcolato alla data di effettivo recupero da parte della banca delle poste non onorate. L’operazione è svolta con la formula di capitalizzazione semplice prendendo le mosse dall’importo totale non versato in regime di sospensione, con detrazione mese per mese della rata corrisposta alla ripartenza del piano. Quindi rispetto alla rata 1 di rimborso alla riattivazione degli esborsi si avrà: 3.635,88 – 605,98= 3.029,90 x 30 x 4 /36500.
Alla rata 2 questa la formula utilizzata: 3.029,90 – 605,98 = 2.424,00 x 30 x 4 /36500 , e così via per un totale di sei volte (corrispondente alle rate sospese). Il siffatto calcolo reca, sommando gli interessi scaturenti da ogni singola operazione, un aggravio di interessi di Euro 30,00. L’onere globale nell’esempio costruito è quindi di complessivi Euro 102,71. E qui davvero si riscontra un’anomalia. Perché la banca in qualsiasi punto del piano di ammortamento vada a cadere la sospensione di sei mesi viene privata di una liquidità (rispetto al programma originale) di Euro 3.635,88 mentre, percorrendo il piano di ammortamento ed immaginando ulteriori momenti di sospensione, il monte interessi sarebbe sempre notevolmente superiore ad Euro 102,71 che costituiscono il prezzo al 4% della carenza di liquidità procurata dalla sospensione nel mutuo simulato. Simulazione altamente rappresentativa, perché un mutuo a tasso fisso con rata costante e sistema alla francese è d’uso, ma non solo. Il risultato non cambierebbe affatto con il tasso variabile. L’impressione è allora quella che l’accordo ventilato dalla banca non sia particolarmente vantaggioso per il cliente (per usare un eufemismo). Nel caso della prima banca italiana per numero di succursali (è facile individuarla), la simulazione che la stessa mostra sul proprio sito per i prestiti personali vede gli interessi maturati nel periodo di sospensione pari ad Euro 515,85 da distribuire sulle rate a partire dalla riattivazione dell’ammortamento. Lo scrivente proporrebbe invece il pagamento di interessi al saggio contrattuale (nell’esemplificazione della banca l’8%) sulla somma non onorata di Euro 1.824,90 (sei rate da 304,15 ciascuna nel modello banca), e quindi Euro 72,99 da versarsi senza proroghe, in unica soluzione, al termine della sospensione e con attualizzazione tramite la procedura sopra descritta.

3. LA GIURISPRUDENZA DELL’ARBITRO BANCARIO FINANZIARIO

Per comprendere se il ragionamento di cui sopra risulti del tutto peregrino o abbia una qualche ragion d’essere, si è perlustrata la giurisprudenza dell’Arbitro Bancario Finanziario al fine di conoscere l’orientamento quando la legge o la fonte contrattuale non avessero già stabilito il sistema di contabilizzazione degli interessi. Vi è da premettere che ove il mutuatario accettasse la proposta avanzata dalla banca attraverso il proprio sito, egli vi rimarrebbe vincolato, a meno di tortuose azioni volte a far valere l’invalidità del negozio.
Tornando all’Arbitro, la decisione di maggiore pregnanza è quella del Collegio di Roma n. 3257/13 (tutte le pronunzie indicate sono consultabili sul sito dell’ABF) che si è occupata della sospensione dei mutui dettata dal Dl 39/09 convertito con Legge 77/09 in merito al sisma che ha colpito la città dell’Aquila ed il circondario. Il Legislatore, disposta la sospensione dei prestiti, non aveva statuito alcunché sugli interessi. La banca li aveva applicati con il solito sistema del computo, al saggio contrattuale, sul capitale residuo al momento della sospensione. Il risultato aveva portato ad un onere di Euro 2.481,00 di interessi a fronte di una sospensione di pagamenti per complessivi Euro 5.355,00 (il totale delle rate sospese). E’ interessante la reazione, per così dire “empirica”, del cliente il quale, nel dolersi del carattere esoso degli interessi, aveva sostenuto che se conosciuta la loro misura in anticipo avrebbe rinunziato alla sospensione, chiesto un finanziamento di Euro 5.000,00 e pagato le rate. Difficile dargli torto. Entrando nel merito il Collegio si interroga in primis sul dovere del mutuatario di corrispondere interessi sulla sospensione e ne dichiara l’obbligo, richiamando l’art. 1499 c.c. (il denaro è un “bene” che produce frutti). Lo scrivente concorda (salvo quanto si dirà oltre) ed a conforto dell’opinare registra la sentenza di Cassazione n. 20868/15. L’Arbitro affronta poi il cruccio della modalità di contabilizzare gli interessi: computo soltanto sulle rate scadute o sull’intero debito residuo ? La scelta è per la prima soluzione. Questo il passaggio che esprime il convincimento: “lo stesso fondamento di tali interessi di sospensione, che si aggiungono a quelli contrattuali che risultavano già ab origine calcolati nell’importo complessivo delle rate in cui la restituzione del mutuo era stata suddivisa secondo il piano di ammortamento, fa sì che essi debbano calcolarsi sull’importo delle sole rate venute a scadenza nel periodo di sospensione e non sull’intero residuo debito, come invece vorrebbe l’intermediario. Le rate sospese sono, infatti, collocate in coda al piano di ammortamento, che viene così a prolungarsi per una durata corrispondente…”
Da notare come nell’ulteriore sviluppo dell’argomentare il criterio di computo caro alla banca venga bollato dal Collegio come “invero singolare”. Lo scrivente trova un certo conforto nell’apprendere che un consesso così autorevole abbia trovato anomalo il suddetto operare. Infine il Collegio è chiamato a scegliere se l’interesse vada applicato sulla sola quota capitale delle rate sospese oppure se debba conteggiarsi sull’intera rata comprensiva anche degli interessi. L’Abf sentenzia che l’interesse non deve essere computato anche sulla quota di interessi che compone la rata sospesa, limitando la base di calcolo alla quota capitale.
La ragione è rintracciata nella deduzione che non si versa in ipotesi di liceità della produzione di interessi su interessi. La Delibera del Cicr del 09/02/00 che regola la capitalizzazione, all’articolo 3 comma 1 autorizza infatti il meccanismo se il mutuatario è inadempiente, caso che non riguarda la sospensione delle obbligazioni. Quindi la proposta del sottoscritto, formulata nel punto precedente della nota, di versare alla banca gli interessi contrattuali sull’intero importo delle rate scadute sembrerebbe fin troppo “generosa”. Il decisum di cui sopra è stato successivamente confermato in diverse circostanze. Si annotano la statuizione del Collegio di Coordinamento dell’Abf n. 4136/2015, impegnato da una fattispecie concernente la legge 244/07 (il c.d. Fondo Gasparrini). Gli Arbitri richiamano i precedenti del Collegio di Roma 8175 del 2014 e del Collegio di Milano 5858 del 2014, ribadendo che gli interessi di sospensione devono essere calcolati sulle sole quote di capitale delle rate sospese e non sull’intero debito residuo del cliente. Allo stesso modo il Collegio di Bologna n. 2276/19, che nella menzione dell’insegnamento del citato Collegio di Coordinamento definisce lecita una quota di pagamento di interessi a carico del mutuatario, ma “prevista esclusivamente da uno specifico accordo di sospensione che individui come base di calcolo del rimborso la quota capitale delle rate sospese e non il capitale residuo alla data di sospensione”. Sulla stessa lunghezza d’onda il Collegio di Napoli n. 7950/14 che si fa forza anche della “Relazione sull’attività dell’Arbitro bancario” (n. 4, 2013): “La moratoria e il calcolo degli interessi. – L’Arbitro è nuovamente intervenuto sulle modalità di calcolo degli interessi sulle rate sospese quando è prevista la sospensione integrale delle stesse. Il Collegio ha stabilito che gli interessi debbano essere calcolati sull’importo delle sole rate giunte a scadenza nel periodo di sospensione e non sull’intero debito residuo. Le rate sospese, infatti, sono collocate in coda al piano di ammortamento, che viene così a prolungarsi per una durata corrispondente; ne deriva che l’interesse di sospensione dovrà essere calcolato sulla sola quota capitale relativa alle rate sospese.”.
Deve allora concludersi per il carattere sicuramente non cogente e necessario del metodo di calcolo che le banche propongono in attualità alla clientela, con seri dubbi sulla stessa pertinenza del mezzo dal punto di vista tecnico.

4. GLI INTERESSI NEL “FONDO GASPARRINI”

L’individuazione degli interessi nella sospensione dei pagamenti di prestiti e mutui nel perimetro di decretazione emergenza Covid – 19 va allora compiuta alla luce dell’insegnamento dell’Arbitro Bancario Finanziario, laddove il Legislatore non abbia disposto puntualmente. Sugli interessi legati al c.d. Fondo Gasparrini sia lecito sollevare un dubbio concernente il fatto che il cliente debba o meno partecipare al ristoro in favore della banca. La normativa ante emergenza Covid – 19 era (limitatamente agli interessi) disegnata dall’ art. 2 comma 478 legge 244/07, come riformato dalla l. 92/12 all’art. 3 comma 48: “Nel caso di mutui concessi da intermediari bancari o finanziari, il Fondo istituito dal comma 475, su richiesta del mutuatario che intende avvalersi della facoltà prevista dal comma 476, presentata per il tramite dell’intermediario medesimo, provvede al pagamento degli oneri finanziari pari agli interessi maturati sul debito residuo durante il periodo di sospensione, corrispondente esclusivamente al parametro di riferimento del tasso di interesse applicato ai mutui e, pertanto, al netto della componente di maggiorazione sommata a tale parametro.”. In buona sostanza alla banca veniva corrisposta dal Fondo soltanto quella frazione di interessi che esprimeva il costo del denaro sopportato dalla mutuante per l’approvvigionamento della liquidità, lasciandola del tutto priva dello spread costituente il guadagno. La disposizione nulla dettava in merito ad eventuali costi che dovessero essere imputati al cliente. L’Abi, attraverso una propria circolare del 27/10/10, aveva interpretato la normativa affermando la facoltà da parte della banca di invocare dal mutuatario la componente di interessi non riscossa dal Fondo, e quindi quella sostanziante la remunerazione del denaro. L’Arbitro Bancario Finanziario, con due pronunzie del Collegio di Coordinamento (4136/15 e 4123/15), ha stabilito l’illiceità delle pretese delle banche, poiché il carattere solidaristico che informa il Fondo Gasparrini e che emerge dalla lettura congiunta della legge e del regolamento di attuazione (D.M. 21 giugno 2010 n. 132) depone per la totale gratuità in capo al mutuatario della sospensione. Decisive sono apparse le condizioni soggettive degli aventi diritto e la gravità degli eventi che ne hanno determinato la difficoltà economica. La decisione 4136/15 descrive il panorama di riferimento come caratterizzato, testualmente, dalla “insorgenza di eventi e circostanze eccezionali ed impreviste, destinate ad incidere negativamente sul reddito complessivo del nucleo familiare.” La decisione 4123/2015 rammenta il passaggio del D.M. 232/10 ove è previsto che «la sospensione del pagamento delle rate di mutuo non comporta l’applicazione di alcuna commissione o spesa di istruttoria», per inferirne la gratuità per il cliente della sospensione, anche in questo caso sottolineando lo stato di forte ambascia nella quale versano gli aventi diritto. Nel caso dell’emergenza Covid- 19 i richiedenti non si troveranno certo in minori disgrazie. L’odierna riforma non chiarisce se il cliente debba pagare una quota di interessi. Il D.M. 25/03/20 manda immune il mutuatario da commissioni e spese di istruttoria (fatto che indirizzerebbe verso la gratuità), mentre il novellato comma 478 dell’articolo 2 della legge 244/07 così recita: “Nel caso di mutui concessi da intermediari bancari o finanziari, il Fondo istituito dal comma 475, su richiesta del mutuatario che intende avvalersi della facoltà prevista dal comma 476, presentata per il tramite dell’intermediario medesimo, provvede, al pagamento degli interessi compensativi nella misura pari al 50% degli interessi maturati sul debito residuo durante il periodo di sospensione”.
Poiché il diritto positivo non specifica se debba esservi un carico sul mutuatario, il parallelismo con la precedente normativa suggerisce di seguire gli arresti dell’Arbitro Bancario Finanziario liberando da ogni impegno chi fruisce del Fondo.

5. LO SCENARIO DEL MANCATO ACCORDO BANCA CLIENTE

In assenza di una intesa tra banca e cliente nelle fattispecie sulle quali non impattano i provvedimenti statali (anche futuri), si profila la lite giudiziaria avente ad oggetto il prezzo che il cliente deve assumersi in relazione al tempo in cui non ha onorato puntualmente le scadenze, qui ipotizzando che non si verifichi tracollo irreversibile del suo stato economico. Sullo sfondo è utile ricordare come il valore di solidarietà sociale recato dall’art. 2 della Costituzione costituisca una fonte interpretativa di tutte le norme interne (così Cassazione 18378/10), e trovi un primo veicolo di penetrazione nelle fattispecie concrete attraverso l’obbligo contrattuale di buona fede e correttezza (artt. 1175 e 1375 c.c.), fonte eteronoma del negozio capace di generare doveri di protezione della controparte anche non codificati dalla norma o dal contratto stesso. In tempo di pandemia l’assunto è destinato a perdere quella percentuale di astrattezza (invero sempre minore) insita nelle clausole di chiusura del sistema. In tale ottica il cliente in ambasce non sarà certo abilitato a rimanere silente ed a non provvedere tout court ai versamenti dovuti. E’ necessario senza indugio rendere edotta la banca circa le problematiche che al momento causano impossibilità di adempimento dell’obbligazione restitutoria. La comunicazione dovrà essere corredata di ogni informazione e documentazione utile ad asseverare lo stato di crisi. Il soggetto potrà illustrare il novero delle persone a suo carico, spiegare le peculiarità di incidenza della pandemia che lo hanno colpito non solo direttamente, ma anche avuto riguardo alle persone produttrici di reddito che ne compongono il nucleo familiare.
Gli imprenditori, a seconda della complessità della contabilità cui sono tenuti in ragione della forma con la quale esercitano l’impresa e le dimensioni della stessa, forniranno ogni elemento di rapida percezione quale il calo di fatturato o la mancata riscossione di crediti maturati. Riscossione resa ancora più difficoltosa dal blocco delle procedure giudiziarie e comunque dall’effetto “domino” della crisi. Di rilievo anche rappresentare, ove possibile, una prognosi sulle proprie prospettive di ripresa. Attraverso l’esposizione di similari circostanze il mutuatario dovrà essere stato in grado di provare al mutuante in fase stragiudiziale, ed al giudice in caso di vertenza portata in aula, di non avere potuto adempiere agli obblighi di pagamento per un fatto ad egli non imputabile. Come noto l’ostacolo non deve sostanziarsi in una mera difficoltà, ma in un evento di forza maggiore capace di neutralizzare del tutto la colpevolezza dell’inadempimento. L’urto della pandemia Covid-19 sull’economia è sicuramente idoneo, in moltissimi casi, a produrre la suddetta non colpevolezza. Basti pensare al factum principis, concretizzatosi nell’imposizione del fermo della maggior quota delle attività economiche, o nei provvedimenti di contenimento del contagio aventi ad oggetto il divieto di spostamento personale (anch’essi incidenti sul tessuto economico). Senza contare che pure i ritardi della risposta sistemica alla crisi (erogazione fattiva delle misure di sostegno e degli ammortizzatori sociali) ed a volte la sua inadeguatezza possono integrare la prova di non essere stati capaci, senza colpa, di rimborsare puntualmente i prestiti. In tale contesto il cliente non è responsabile del ritardo nel soddisfo (art. 1256 secondo comma c.c.) e non dovrà risarcire il danno per il ritardo stesso (art. 1218 c.c.). Parimenti il contratto di mutuo non potrà essere risolto, neppure in presenza di una clausola risolutiva espressa (art. 1456 c.c.), perché per l’attivazione delle conseguenze di tale patto è necessaria un’inadempienza colpevole. Gli interessi moratori non sono dovuti, giusto il loro carattere prettamente risarcitorio. Resta da chiarire se ed in quale misura debbano essere sopportati interessi per tutto il periodo nel quale il cliente non è riuscito ad adempiere. Una prima tesi porta a concludere che, dato il carattere straordinario della situazione, il mutuatario non debba corrispondere alcunché. Si è visto come l’Arbitro Bancario Finanziario, nel giudicare la sospensione di mutui sottoposti alla legge 244/2007 (ante parziale riforma della normativa da parte del Dl 18/20), ha evinto dal complessivo tenore delle disposizioni di legge la gratuità della sospensione in favore del cliente, addossando al contraente più forte economicamente, la banca, tutte le conseguenze dell’evento nefasto (al netto dell’intervento statale). Il tutto in virtù del principio di solidarietà sociale derivante dall’ art. 2 della Costituzione richiamato nell’esordio del presente paragrafo. L’impostazione non è nuova nella distribuzione dei rischi che vedono coinvolgimento di banche e clientela da eventi sfavorevoli ed imprevedibili. L’impotenza indotta dalla pandemia rappresenta certo un accidente rispetto al quale sia la banca sia il cliente sono immuni da censure. Nel campo delle frodi informatiche che colpiscono i sistemi di home banking, con il pirata abile nel dirottare il bonifico effettuato dal correntista tanto da sottrargli definitivamente la provvista e senza che la banca sia in grado di recuperarla per il correntista, l’Abf Collegio di Milano n. 2360/2020 ha riversato gli esiti dannosi esclusivamente sulla banca “in quanto soggetto più adatto a sopportarlo dal punto di vista giuridico, ma soprattutto economico”. Trasferendo al caso in esame tale metodologia di giudizio è sostenibile che il prezzo della sospensione, che il duo banca cliente deve affrontare incolpevolmente, possa essere sopportato unicamente dalla banca. La stessa è infatti istituzionalmente inserita in un sistema, sia a livello nazionale sia a livello europeo, di notevole compattezza e quindi più idoneo a reggere l’urto del pregiudizio rispetto al mutuatario. Questo è soccorso da parte dello Stato, quando ciò avviene, con modalità che scontano una insita difficoltà tecnica nell’intercettare e dare risposta alle più complesse criticità delle varie e disparate categorie di soggetti bisognosi.
Una seconda chiave di lettura reca distinta soluzione che non azzeri gli interessi, così da non penalizzare esclusivamente la banca. E’ bene sottolineare che ove si volesse riconoscere alla banca il saggio corrispettivo, il calcolo dovrebbe essere svolto come suggerito dall’Abf quando la legge od il contratto non lo prevedono (base di calcolo costituita dalla quota capitale delle rate sospese).
Ma a ben vedere il tasso da corrispondersi nel periodo di tempo in cui il cliente è stato impossibilitato a pagare non può essere pari al tasso corrispettivo, perché le parti non avevano previsto e contrattualizzato ciò che per definizione era imprevedibile. Se si applicasse il tasso contrattuale, il costo della sciagura e quindi dell’evento di forza maggiore ricadrebbe soltanto sul cliente. In verità le parti non potendo anticipare la calamità non hanno pattuito alcun tasso per il caso di incolpevole impossibilità da parte del cliente di onorare le scadenze. Il contratto accusa pertanto una lacuna che il giudice è chiamato a colmare ex art. 1349 c.c. , in quanto il negozio è parzialmente privo dell’oggetto. E’ mancante dell’oggetto nel punto in cui non è concordato il giusto prezzo del denaro che non aumenti il costo del mutuo come se l’allungamento fosse dipeso dal cliente (cosa che avverrebbe utilizzando il tasso contrattuale) e non depauperi il mutuante per il tempo in cui non è entrato in possesso della liquidità. Parametri utili per il giudice si rinvengono nel tasso di approvvigionamento del denaro sul mercato interbancario, nel tasso Bce, nel tasso di interesse medio sulla raccolta bancaria, nel tasso legale. Una corretta ponderazione andrebbe lasciata eventualmente alla Ctu. In questo modo la banca, al termine del rimodellato percorso contrattuale, si vedrebbe riconoscere per intero la quota capitale e la quota interessi originariamente contrattualizzata, con implemento di quanto sborsato per reperire liquidità nel periodo di mancato incasso. Poiché la somma non sarebbe corrisposta subito dal cliente, la Ctu dovrebbe puntualizzare il criterio per attualizzarla al momento dell’effettivo pagamento, sempre che il cliente stesso non offra di versarla banco iudicis a consulenza completata e con l’attualizzazione resa al deposito della consulenza d’ufficio. E’ utile concludere riflettendo sul fatto che l’iter giudiziario può essere evitato da una proficua cooperazione in sede di trattativa tra il cliente e la banca, la quale tenga in debita considerazione anche elementi che sono sfuggiti nella presente nota. Quello che si ritiene in ogni caso poco equilibrato è l’accettare senza colpo ferire che, a fronte di una sospensione imposta da una iattura di proporzioni inaudite, la banca conservi l’intero ammontare delle somme da negozio, con l’addizione di un interesse nella quasi totalità dei casi nettamente sproporzionato rispetto a quanto non incamerato durante il tempo di sospensione.

NOTA DEL REDATTORE
Articolo del 2020 pubblicato sulla rivista giuridica online Persona e danno a cura di Paolo Cendon.



 

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