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Il concetto di tolleranza in edilizia è al centro di profonde modifiche dovute al Salva Casa: al momento la norma prevede tre tipi di tolleranze con piccoli aspetti ancora disallineati. In questo articolo proviamo a fare chiarezza sui tipi di tolleranze, sulle dichiarazioni da fare, sulle nozioni da avere, con definizioni ed esempi pratici, in attesa della conversione in legge del DL 69/2024.

Introduzione alle tolleranze

Le tolleranze rappresentano un aspetto chiave legato alla conformità degli immobili e alla loro commerciabilità, ma anche (come vedremo a fine articolo) per usufruire delle agevolazioni fiscali. Le tolleranze permettono di gestire piccole variazioni dimensionali o esecutive che spesso si verificano durante il processo di costruzione, senza compromettere lo stato legittimo dell’immobile.

Il concetto di tolleranza al 2% viene previsto per la prima volta ad opera del DL 70/2011 (decreto Sviluppo – Governo Berlusconi); la definizione definitiva è stata fornita solo nel 2020 dal DL 76/2020 (decreto semplificazioni), che ha inserito l’art. 34-bis nel DPR 380/2001.

Il decreto Salva Casa (DL 69/2024), con il fine di favorire la regolarizzazione del patrimonio edilizio esistente che spesso si trova in condizioni di non commerciabilità a causa delle difformità edilizie, ha apportato modifiche significative: il concetto di tolleranza viene potenziato e si allarga notevolmente lo spettro di applicazione.

Inoltre, lo stesso decreto DL 69/2024 definisce i concetti di tolleranze costruttive ed esecutive, che, come vedremo, permettono di “sanare” una serie di discrepanze minori che altrimenti sarebbero state considerate abusi edilizi.

In questo articolo, esploreremo in dettaglio il concetto di tolleranze costruttive, analizzando la normativa di riferimento e le recenti modifiche introdotte dal Decreto Salva Casa. Esamineremo le differenze tra tolleranze costruttive ed esecutive, le applicazioni pratiche nel settore edilizio e le implicazioni legali e tecniche per i professionisti. Inoltre, presenteremo esempi concreti e casi studio per illustrare l’impatto di queste norme nella pratica quotidiana.

  

Il concetto di tolleranza costruttiva

Durante la realizzazione di un edificio si possono verificare piccole variazioni nelle misure e nelle posizioni delle strutture rispetto a quanto previsto dai progetti approvati. Queste variazioni, se contenute entro certi limiti, non influenzano negativamente la funzionalità e la sicurezza dell’edificio, ma permettono di gestire le inevitabili imprecisioni del processo costruttivo.

Nel Codice Civile, l’articolo 1497 stabilisce che i difetti dei beni sono accettabili se le difformità sono previste negli usi commerciali. In buona sostanza questo principio è esteso anche all’urbanistica: le difformità sono tollerate se rientrano in certi range.
In linea generale, se lo stato di fatto (la condizione in cui si trova l’unità immobiliare o l’edificio) differisce da quanto assentito, si ha un abuso, più o meno grave in funzione della difformità, che può comportare cause (più o meno gravi) dal punto di vista amministrativo (fino alla demolizione) e dal punto di vista penale.

Qualora la difformità rientri nella definizione di tolleranza costruttiva o esecutiva, allora l’unità immobiliare o l’immobile può considerarsi nel suo stato legittimo.

La questione principale è quella di definire il range all’interno del quale la difformità possa essere tollerata e non considerata abuso, vale a dire capire esattamente se si tratta o meno di una tolleranza.

    

Definizione di tolleranze costruttive ed esecutive

Le tolleranze costruttive sono le variazioni accettabili nelle misure e nelle posizioni delle componenti edilizie rispetto ai progetti approvati. Queste tolleranze permettono di gestire le inevitabili imprecisioni che si verificano durante la costruzione, mantenendo comunque la conformità legale delle opere realizzate.

Le tolleranze possono considerarsi di tipo:

  

Tipi di tolleranze costruttive

Le tolleranze costruttive fanno riferimento al mancato rispetto dei seguenti parametri:

  • altezza,
  • distacchi,
  • cubatura,
  • superficie coperta,
  • eventuali altri parametri riferiti alle singole unità immobiliari.

Qualora il rispetto non avvenga nel limite del 2%, la difformità non viene tollerata dalla norma.

Con il DL Salva Casa il limite del 2% è incrementato: le percentuali arrivano fino al 5%, in funzione della superficie utile, a patto che gli interventi siano stati realizzati entro il 24 maggio 2024.

Ecco il nuovo regime di tolleranze:

  • 2% per superficie utile > 500 m²
  • 3% per superficie utile compresa tra 300 e 500 m²
  • 4% per superficie utile compresa tra 100 e 300 m²
  • 5% per superficie utile fino a 100 m²

Per gli interventi successivi al 24 maggio 2024 le tolleranze restano nel limite del 2%.

Inoltre, occorre precisare che per determinare la superficie utile per l’applicazione delle percentuali, si tiene conto della sola superficie assentita con il titolo edilizio che ha abilitato la realizzazione dell’intervento, al netto di eventuali frazionamenti dell’immobile o dell’unità immobiliare eseguiti nel corso del tempo. Ciò per impedire che successivi frazionamenti possano portare a percentuali più convenienti.

  

(@nicolafurcolo.it)

  

Superficie utile, superficie accessoria e superficie di pavimento

Il concetto di superficie utile è fondamentale per le tolleranze, visto che è il parametro chiave per stabilire la percentuale.

Cosa si intende per superficie utile?

Premesso che ogni regione potrebbe avere una propria definizione, nel 2016 fu adottato a livello nazionale il Regolamento edilizio unico, un documento di indirizzo a cui i Comuni si sarebbero dovuti ispirare per la redazione dei propri regolamenti.

Nello schema di regolamento edilizio unico venivano stabiliti i principi e i criteri generali per semplificare e uniformare in tutto il territorio nazionale i regolamenti edilizi comunali, comunque denominati.

Ecco le definizioni che ci occorrono per fare chiarezza.

Al punto 14, il regolamento definisce la superficie utile come:

SU = superficie di pavimento degli spazi di un edificio misurata al netto della superficie accessoria e di murature, pilastri, tramezzi, sguinci e vani di porte e finestre.

La superficie accessoria, da non considerare nel calcolo della superficie utile, ha la seguente definizione (def. 15):

SA = Superficie di pavimento degli spazi di un edificio aventi carattere di servizio rispetto alla destinazione d’uso della costruzione medesima, misurata al netto di murature, pilastri, tramezzi, sguinci, vani di porte e finestre.

La superficie accessoria ricomprende:

  • i portici e le gallerie pedonali;
  • i ballatoi, le logge, i balconi e le terrazze;
  • le tettoie con profondità superiore a m 1,50; le tettoie aventi profondità inferiore a m. 1,50 sono escluse dal computo sia della superficie accessoria sia della superficie utile;
  • le cantine poste al piano interrato, seminterrato o al primo piano fuori terra e i relativi corridoi di servizio;
  • i sottotetti accessibili e praticabili per la sola porzione con altezza pari o superiore a m 1,80, ad esclusione dei sottotetti aventi accesso diretto da una unità immobiliare e che presentino i requisiti richiesti per i locali abitabili che costituiscono superficie utile;
  • i vani scala interni alle unità immobiliari computati in proiezione orizzontale, a terra, una sola volta;
  • spazi o locali destinati alla sosta e al ricovero degli autoveicoli ad esclusione delle autorimesse che costituiscono attività imprenditoriale;
  • le parti comuni, quali i locali di servizio condominiale in genere, i depositi, gli spazi comuni di collegamento orizzontale, come ballatoi o corridoi. Gli spazi comuni di collegamento verticale e gli androni condominiali sono escluse dal computo sia della superficie accessoria sia della superficie utile.

La superficie calpestabile è (def. 17):

la superficie risultante dalla somma delle superfici utili (SU) e delle superfici accessorie (SA) di pavimento.

Pertanto, la superficie utile possiamo considerarla pari alla superficie calpestabile meno la superficie accessoria.

  

Tolleranze esecutive

Il nuovo testo, come modificato dal decreto Salva Casa, fornisce anche definizione di tolleranze esecutive.

In particolare, per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, costituiscono tolleranze esecutive:

  • il minore dimensionamento dell’edificio,
  • la mancata realizzazione di elementi architettonici non strutturali,
  • le irregolarità esecutive di muri esterni ed interni
  • la difforme ubicazione delle aperture interne,
  • la difforme esecuzione di opere rientranti nella nozione di manutenzione ordinaria,
  • gli errori progettuali corretti in cantiere e gli errori materiali di rappresentazione progettuale delle opere.

Ecco alcuni esempi di tolleranze esecutive:

  • un muro che devia rispetto alla posizione prevista nel progetto originale;
  • una finestra spostata rispetto alle previsioni progettuali;
  • variazioni minori nella forma o nell’angolo dei vani;
  • una finestra rappresentata in prospetto non presente in pianta e presente nella realtà;
  • ecc.

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