Il porticato, per il suo carattere trasformativo e innovativo rispetto a quello manutentivo e conservativo, comporta un manufatto nuovo per consistenza e materiali utilizzati, idoneo a svolgervi varie attività della vita quotidiana. Questo tipo di opera crea nuova volumetria o superficie utile e richiede il permesso di costruire.
Tale realizzazione può essere però volta a garantire una migliore vivibilità di un’abitazione, consentendo la fruibilità di un nuovo ambiente, specie per le persone con ridotte capacità motorie.
A tale proposito merita però di essere presa in considerazione una recente sentenza del Tar Veneto (sentenza n. 1113 del 21 maggio 2024).
Porticato e opere funzionali al superamento delle barriere architettoniche. Fatto e decisione
Nel corso del 2005, veniva realizzato abusivamente un porticato in aderenza alla abitazione di una portatrice di handicap (invalida civile all’80% con “difficoltà di relazione” e conseguente “processo di svantaggio sociale”), con il dichiarato scopo di consentirle di stare all’aperto senza essere direttamente esposta agli eventi atmosferici.
Le condizioni della donna progressivamente si aggravavano, tanto da essere riconosciuta nel 2009 invalida totale e permanente.
Tuttavia il Comune ordinava la sospensione lavori, con riferimento alla zona porticata ed alla tettoia a sbalzo sopra la zona d’ingresso dell’abitazione, in aderenza e ampliamento al fabbricato (anch’esso oggetto di interventi abusivi poi condonati). La realizzazione del porticato proseguiva lo stesso.
Il Comune a distanza di anni (in data 21 aprile 2009) rilevava la mancata demolizione della struttura abusiva, preavvertendo circa possibili misure sanzionatorie.
Di conseguenza nell’interesse della portatrice di handicap veniva presentata istanza di permesso in sanatoria, alla luce delle disposizioni della normativa regionale in materia di superamento delle barriere architettoniche.
Il Comune comunicava, però, il preavviso di rigetto dell’istanza di sanatoria, rilevando che l’abuso edilizio era stato accertato nell’anno 2005, quindi prima che venisse riconosciuta l’invalidità totale e permanente della richiedente, non ritenendo inoltre che la costruzione di un porticato fosse un’opera funzionale al superamento delle barriere architettoniche.
In ogni caso notava l’incompatibilità con PRG della (sola) pensilina a sbalzo, dichiarando in giudizio che il porticato non avrebbe violato alcuna normativa urbanistica. La donna ricorreva al Tar. Quest’ultimo ha dato torto al Comune.
I giudici amministrativi hanno smentito la presunta “mancanza” in capo alla ricorrente del necessario grado di disabilità al momento della costruzione del portico (anno 2005).
Infatti dalla documentazione depositata dalla donna è emerso che alla data del 18 Marzo 2004 la Commissione di prima istanza per l’accertamento degli stati di invalidità civile della USLL aveva accertato che la ricorrente presentava difficoltà persistenti a svolgere compiti propri della sua età, valutando tali difficoltà “di grado medio grave 80%”: quindi la donna presentava sin dal 2004 un quadro clinico severo, al contrario di quanto sostenuto dal Comune.
In ogni caso, in merito alla pretesa inidoneità funzionale del portico a superare le barriere architettoniche, il Tar ha ritenuto condivisibili le parole della difesa della ricorrente che ha sottolineato il moderno concetto di superamento delle barriere in senso estensivo di “benessere” e di migliore qualità della vita, senza limitazioni di tutela mirate a garantire il solo accesso del disabile a strutture: in altre parole anche per i giudici ammnistrativi il portico avrebbe rappresentato un riparo per consentire alla ricorrente nei giorni invernali o di maltempo- di accedere all’abitazione e/o di prendere aria senza esporsi alle intemperie.
Del resto, come ha sottolineato il Tar, lo stesso Comune in corso di causa ha chiarito che “il porticato era estraneo a tale violazione normativa”.
Secondo i giudici amministrativi detta circostanza ha reso ancor più difficile la comprensione dell’iter logico seguito dal Comune, visto che da una parte viene riconosciuta la conformità urbanistica del manufatto, salvo ravvisare il contrasto con le NTA delle sue (necessarie) strutture di sostegno, peraltro assimilate tout court ad una pensilina a sbalzo.
Considerazioni conclusive
A partire dal 1 gennaio 2024, le spese sostenute per interventi edilizi volti all’eliminazione delle barriere architettoniche restano detraibili al 75% ma con un allungamento delle tempistiche di rimborso.
La detrazione sarà infatti suddivisa in dieci quote annuali di uguale importo anziché in cinque, come precedentemente previsto.
Come precisato, la detrazione spetta anche se l’intervento, finalizzato all’eliminazione delle barriere architettoniche, è effettuato in assenza di disabili nell’unità immobiliare o nell’edificio oggetto di lavori, a patto che presentino le caratteristiche tecniche previste dal decreto ministeriale 14 giugno 1989, n. 236 (Circolare 06/02/2001, n. 13/E).
In ogni caso è stato ristretto di molto il perimetro dell’agevolazione, ammessa ora solo per l’installazione di rampe, ascensori e montascale, e non più anche per infissi e rifacimento dei servizi.
Bisognerebbe però continuare a promuovere, proteggere e assicurare il pieno e uguale godimento alle persone con disabilità di tutti i diritti e le libertà riconosciute ad ogni essere umano, partendo dal tema della piena accessibilità degli spazi fisici nella vita di ogni cittadino.
Questa considerazione sembra essere stata pienamente valutata dalla sentenza in commento che ha respinto la tesi dell’inidoneità di un portico a rappresentare opera funzionale al superamento di barriere architettoniche, ribadendo la necessità di un concetto evoluto e moderno di eliminazione di tali barriere.
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