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Una volta eccepita la compensazione, affinché il creditore sia ammesso al passivo per il credito comprensivo dell’importo oggetto di revocatoria, come previsto all’art. 70, comma 2, l.f., è necessario che lo stesso fornisca la prova della restituzione delle somme oggetto dell’azione revocatoria.

Nel caso in esame il Fallimento ricorrente, con il suo secondo motivo di ricorso, ha censurato la violazione o falsa applicazione dell’art. 70, comma 2, l.f. che consente l’ammissione al passivo dell’importo corrispondente all’intero suo credito solo al soggetto che, subita una revoca della compensazione, abbia già restituito quanto aveva ricevuto o trattenuto.

Il ricorrente, in particolare, ha rilevato che il Tribunale, in sede di opposizione allo stato passivo, avendo ammesso la Banca per una somma pari all’intero suo credito, abbia interpretato erroneamente il predetto articolo, in quanto la Banca, che aveva trattenuto le somme oggetto di una compensazione dichiarata inopponibile alla procedura, sarebbe stata arbitrariamente equiparata al creditore che avesse effettivamente restituito gli importi percepiti.

Il motivo è stato ritenuto fondato.

La Cassazione, infatti, ha affermato che il Tribunale ha errato nell’ammettere il credito della banca per una misura pari all’intera somma “risultante dagli scoperti invocati”.

Nella loro motivazione, i Giudici hanno sostenuto che la presentazione di una domanda di insinuazione al passivo con “scomputo della compensazione” fatta in proprio dal creditore – come avvenuto nel caso di specie – tende a sottrarre titolo e misura della compensazione stessa alla verifica ed al controllo degli organi della procedura fallimentare, essendo principio noto che (cfr. Cass., S.U. 14 luglio 2010, n. 16508), l’eventuale “provvedimento di ammissione del credito residuo nei termini richiesti comporta implicitamente il riconoscimento della compensazione quale causa parzialmente estintiva della pretesa, riconoscimento che determina una preclusione endofallimentare, che opera in ogni eventuale giudizio promosso per impugnare… il titolo dal quale deriva lt credito opposto in compensazione“.

Il procedimento di verifica del passivo, infatti, è compatibile con l’esame della compensazione, la quale, se può diventare oggetto di esame del procedimento di verifica quando è sollevata dagli organi fallimentari, allo stesso modo può diventarlo se è il creditore che partecipa al concorso ad aver effettuato la compensazione, sicché al giudice residua il potere di escluderla.

I Giudici continuano affermando che una volta esclusa la compensazione – come ha nel caso di specie disposto il Tribunale – non residuano spazi per un’ammissione del relativo credito al “lordo” delle compensazioni effettuate, come invece ha ritenuto il Giudice dell’opposizione. Tanto meno ciò può avvenire richiamandosi all’istituto della revocatoria fallimentare.

Quanto sopra, del resto, violerebbe quanto disposto all’art. 70, comma 2, l.f., che non prevede la possibilità di compensare i crediti nascenti da una revocatoria “non ancora accolta”.

In altri termini, ammettendo la Banca per l’intero credito, il Tribunale la ha erroneamente equiparata al creditore che abbia effettivamente restituito (diversamente da quanto, invece, accaduto nella fattispecie in esame) gli importi a suo tempo percepiti.

Di conseguenza, l’invocata ammissione al passivo della Banca avrebbe dovuto avvenire per la sola somma originariamente richiesta con l’insinuazione al passivo (al netto della compensazione eccepita dalla stessa), considerato che, una volta esclusa l’operatività della compensazione suddetta, l’eventuale differenza rispetto al proprio maggior credito avrebbe richiesto la dimostrazione della già avvenuta restituzione della corrispondente somma.

La Corte, dunque, ha cassato il decreto impugnato e, decidendo nel merito, ha ammesso la Banca al passivo del Fallimento, in via chirografaria, per la somma originariamente richiesta, escludendo la compensazione.

Cass., Sez. I Civ., 10 gennaio 2018, ordinanza n. 379Luca Scaccaglia – l.scaccaglia@lascalaw.com

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