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Risarcimento del danno da pignoramento incauto: è possibile chiederlo in separato giudizio solo se si tratta di un danno nuovo ed autonomo, sorto successivamente al giudizio di opposizione.

E’ quanto chiarito dalla Cassazione, Terza Sezione, con la sentenza 8 novembre 2018, n. 28527.

Nella vicenda in esame, l’attore aveva chiesto la condanna della banca al risarcimento del danno patito in conseguenza del pignoramento del proprio fondo, divenuto ormai inedificabile, instaurato dall’istituto di credito, in forza di un titolo giudiziale poi venuto meno.

Il giudice di prime cure ha dichiarato inammissibile la domanda, sul presupposto che la richiesta di risarcimento del danno causato da un pignoramento illegittimo, prevista dall’art. 96 c.p.c., doveva essere formulata dinanzi allo stesso giudice chiamato a pronunciarsi sull’illegittimità del pignoramento, in quanto munito di competenza funzionale ed inderogabile.

Anche la Corte territoriale, confermando la decisione del Tribunale, ha rigettato il gravame.

Pertanto, il ricorrente ha impugnato la sentenza per cassazione, deducendo, in particolare, che la domanda di risarcimento del danno ex articolo 96 cpc, va presentata al giudice del giudizio presupposto ma che vi sono delle droghe a tale principio e che la controversia in oggetto, rappresentava un caso eccezionale.

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In relazione a ciò, la Suprema Corte ha rilevato la sussistenza di due diversi indirizzi; secondo un primo orientamento, è ammessa la proponibilità della domanda ex art. 96 c.p.c., in via autonoma, nel caso di rigetto del ricorso per la dichiarazione di fallimento con decreto motivato, poichè ai sensi della L. Fall., art. 22, in questo caso non sussiste una competenza del tribunale fallimentare, e la domanda di risarcimento dei danni conseguenti alla presentazione della istanza di fallimento va proposta al giudice competente secondo le regole ordinarie; nel caso di sequestro conservativo ante causam eseguito con colpa grave od in mala fede, se il provvedimento cautelare sia divenuto inefficace ai sensi dell’art. 683 c.p.c., perché il sequestrante non ha provveduto ad instaurare il giudizio per la convalida del sequestro e per il merito.

Un secondo indirizzo prevede che la domanda di risarcimento del danno ai sensi dell’art. 96 c.p.c., potrebbe essere proposta in via autonoma, non solo quando sia giuridicamente o materialmente impossibile proporla nel giudizio presupposto, ma anche quando la proposizione in via autonoma corrisponda ad un interesse “meritevole di tutela” del danneggiato.

La Corte ha sposato la prima tesi, non ritenendo condivisibile quest’ultima opinione secondo cui, la domanda di risarcimento ex art. 96 c.p.c., possa essere proposta in via autonoma tutte le volte che il danneggiato vi abbia un interesse “meritevole di tutela”.

Pertanto, secondo la tradizionale interpretazione dell’art. 96, la domanda di risarcimento deve essere formulata necessariamente nel giudizio che si assume temerariamente iniziato o temerariamente contrastato, ovvero nel giudizio volto a far dichiarare l’illegittimità della trascrizione, del pignoramento o del sequestro. E’ possibile derogare a tale regola solo in due ipotesi: per impossibilità di fatto o per impossibilità di diritto. Il primo caso si verifica quando la vittima, al momento del compimento della temeraria iniziativa processuale in suo danno, non aveva patito alcun danno, nè poteva ragionevolmente prevedere di patirne; mentre il secondo ricorre invece l’impossibilità di diritto quando lo strumento processuale temerariamente sfruttato non prevede forme, tempi o spazi per la proposizione della domanda di risarcimento ex art. 96. Quest’ultima eventualità, si verifica nel caso di esecuzioni incautamente intraprese.

La Suprema Corte ha poi chiarito che, il giudice dell’esecuzione, non può accertare fatti estranei al titolo esecutivo, nè pronunciare sentenze di condanna; in effetti, l’art. 96 c.p.c., comma 2, il potere di liquidare il danno da incauta esecuzione è attribuito “al giudice che accerta l’inesistenza del diritto per cui è stata iniziata o compiuta l’esecuzione forzata”: e questi dovrà essere il giudice dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.

A ciò si aggiunga, che non sempre la persona danneggiata da una esecuzione incautamente intrapresa potrà proporre opposizione all’esecuzione per far valere l’illegittimità di questa: non potrà farlo, se il giudice dell’esecuzione, una volta accertata l’avvenuta caducazione del titolo esecutivo giudiziale su cui si basava l’esecuzione, chiuda il processo esecutivo motu proprio. Solo in questo ed in casi simili il danneggiato potrà proporre in via autonoma la domanda di risarcimento del danno ex art. 96.

Per tali ragioni, la domanda di risarcimento ex art. 96 c.p.c., comma 2, va presentata nel giudizio presupposto, con una deroga prevista al solo nel caso di impossibilità fattuale o giuridica di proposizione di quella domanda. Non sussistendo, nella fattispecie in esame, alcuna delle due possibilità, la Cassazione ha rigettato il ricorso alla luce del seguente principio di diritto: «la domanda di risarcimento del danno derivato dall’incauta trascrizione d’un pignoramento, ai sensi dell’articolo 96, comma secondo, Cpc, può essere proposta in via autonoma solo: quando non sia stata proposta opposizione all’esecuzione, né poteva esserlo; ovvero quando, proposta opposizione all’esecuzione, il danno patito dall’esecutato sia insorto successivamente alla definizione di tale giudizio, e sempre che si tratti di un danno nuovo ed autonomo, e non d’un mero aggravamento del pregiudizio già insorto prima della definizione del giudizio di opposizione all’esecuzione».

(Altalex, 4 dicembre 2018. Nota di Maria Elena Bagnato)

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