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Il Ministero della Cultura, sotto la guida di Gennaro Sangiuliano, ha reso pubblico il piano di distribuzione dei contributi destinati agli enti e agli istituti culturali che hanno soddisfatto i requisiti per ottenere un sostegno finanziario dello Stato. La somma complessiva prevista nella legge di bilancio di quest’anno ammonta a 30.290.674 euro, in ribasso rispetto all’anno precedente, quando ha raggiunto i 31.884.920 euro, con una differenza di 1.594.246 euro. Il numero di istituti beneficiari è, però, aumentato: dai 210 del triennio precedente, sotto la guida di Dario Franceschini, ai 232 selezionati quest’anno. Ricevuta la tabella, le Commissioni parlamentari competenti e il Comitato tecnico scientifico per le biblioteche e gli istituti culturali presso il Ministero della Cultura hanno espresso parere favorevole. Tuttavia, tra le righe trapela come quest’ultimo – composto dai professori Madel Crasta, Marcello Andria, Edoardo Roberto Barbieri, Mariangela Bruno – sia rimasto con l’amaro in bocca.

I requisiti

Per essere ammessi ai contributi statali del Ministero, gli enti devono soddisfare diversi requisiti. Tra questi, rientra la promozione di attività di ricerca e di elaborazione culturale basate su un programma triennale, nonché la fornitura di servizi collegati all’attività di ricerca e al patrimonio documentario. Devono inoltre organizzare mostre, seminari e gruppi di studio. Gli enti selezionati sono tenuti anche a valorizzare il proprio patrimonio culturale bibliografico, archivistico, museale, cinematografico, musicale e audiovisivo, rendendolo accessibile al pubblico in modo continuativo. Infine, è necessario che svolgano attività editoriale e che abbiamo una sede e le attrezzature adeguate per il conseguimento degli obiettivi culturali.

Il calderone che non piace al Comitato tecnico-scientifico

Tra le considerazioni del comitato tecnico spuntano le loro preoccupazioni sulla scelta di «una corposa introduzione di soggetti eterogenei: fondazioni bancarie, teatrali, museali». Tra i nuovi nomi figura, ad esempio, la Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura della Compagnia di San Paolo di Torino, una delle fondazioni più note e antiche di origine bancaria. Incuriosisce anche la presenza di nomi di rilievo, come il FAI, il Fondo per l’ambiente italiano. Ma non passano inosservate neanche realtà come la Fondazione Biogem, che arriva da posti come Ariano Irpino, un paesino in provincia di Avellino che conta poco più di 20mila abitanti. Un mix eterogeneo di istituzioni che, secondo il Comitato, rischia di avere un «effetto dispersivo, con il rischio concreto di rendere l’intero contributo sempre meno incisivo per i beneficiari». Oltretutto, ci tengono a puntualizzare che la griglia dei criteri per valutare gli istituti è stata affinata nel tempo proprio sulla conoscenza storica di determinate tipologie di istituzioni. «Estenderla a realtà con natura diversa – spiega il Comitato tecnico scientifico – potrebbe presentare difficoltà applicative». Nonostante dubbi e timori, il Comitato si è espresso ha dato parere favorevole, ma ha auspicato che in futuro «ci sia un ripensamento sulle tipologie degli istituti ammessi».

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