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Il beneficio dell’esdebitazione del fallito si estende ai debiti tributari, compresa Iva e sanzioni. L’istituto, infatti, non contrasta con la direttiva unionale. Ad affermarlo è la Corte di cassazione con la sentenza 18124 depositata il 6 giugno.

La vicenda trae origine da una cartella di pagamento notificata al socio accomandatario di una società di persone fallita con la quale era pretesa Iva e sanzioni. Il socio impugnava il provvedimento eccependone l’illegittimità poiché aveva ottenuto dal Tribunale un decreto di esdebitazione, in forza del quale era stato liberato dai debiti residui tra i quali alcuni anche di natura fiscale. L’Ufficio si difendeva evidenziando che i debiti tributari sono esclusi dal beneficio previsto per l’esdebitazione, tanto più ove si tratti di Iva per la quale valgono i principi sanciti dalla Corte di Giustizia. Entrambi i giudici di merito confermavano l’illegittimità della pretesa e l’Agenzia ricorreva così in Cassazione, lamentando, in estrema sintesi, un’errata applicazione della norma.

I giudici di legittimità hanno innanzitutto rilevato che la Corte di Giustizia (causa C- 493/15) ha escluso che l’esdebitazione sia incompatibile con la direttiva Iva.

La procedura esdebitatoria esige, infatti, requisiti particolarmente rigorosi che presuppongono non solo la liquidazione totale del patrimonio del debitore, ma anche che i creditori siano stati soddisfatti almeno in parte. La Cassazione ha evidenziato che la norma (articolo 142 della legge fallimentare) esclude dall’efficacia liberatoria gli obblighi di mantenimento e alimentari, i debiti per il risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale, le sanzioni penali e amministrative di carattere pecuniario non accessorie dei debiti estinti, le obbligazioni derivanti da rapporti estranei all’esercizio d’impresa, non prevedendo un’espressa esclusione dei rapporti tributari.

Ne consegue che l’esdebitazione include tutte le obbligazioni derivanti dall’esercizio dell’impresa, compresi anche i debiti tributari e le correlate sanzioni.

La Cassazione ha precisato che l’istituto risponde all’esigenza avvertita anche in ambito unionale, di consentire al debitore svincolato dai debiti pregressi di ripartire e riproporsi nella società, senza dover scontare vita natural durante un’insormontabile limitazione nel reinserimento nel circuito sociale ed economico in ragione dei debiti rimasti insoluti.

Peraltro, la norma “premiale” è stata introdotta proprio sulla scia di altre legislazioni europee e dall’impulso unionale incentivato anche dalla raccomandazione della Commissione 2014/135/Ue della Direttiva Europea. Per tale ragione, quindi, i giudici di legittimità hanno affermato che in tema di fallimento, l’esdebitazione del fallito è applicabile anche ai debiti Iva ed alle relative sanzioni, non contrastando con la direttiva.

 

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