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Una uscita pubblica che non poteva che provocare una serie infinita di polemiche. È bufera sulle parole pronunciate dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte nella conferenza stampa tenuta giovedì sera per la presentazione agli italiani del Dpcm di Natale, la serie di misure che ‘blindano’ le festività per impedire a gennaio l’arrivo di una terza ondata di contagi da Coronavirus.

Il premier ha infatti pronunciato una parola che ha fatto scattare un campanello d’allarme: Tso, il Trattamento sanitario obbligatorio. Rispondendo ad una domanda sul tema della vaccinazione posta da Livio Cipriano, giornalista di Agenzia Nova, Conte ha spiegato: “C’è un principio di autodeterminazione che riguarda anche le scelte delle cure a cui sottoporsi e noi dobbiamo cercare di salvaguardarlo fino agli estremi limiti. Sono per un approccio liberale, quindi se siamo nelle condizioni di gestire la curva del contagio non sarà necessario imporre un trattamento sanitario obbligatorio. Fino all’ultimo cercheremo di preservare la facoltatività della vaccinazione”.

Una estrema ratio citata dal premier nella speranza che gli italiani, o almeno quei 40 milioni indicati dagli esperti sanitari come obiettivo per l’immunità di gregge, scelgano di sottoporsi al vaccino contro il Covid-19.

Ma le parole di Conte hanno toccato un nervo scoperto, provocando aspre polemiche. Conte ha citato il Tso sbagliando, senza ombra di dubbio, l’uso della parola. Il Tso, com’è noto, viene applicato come previsto dalla legge Basaglia del 1978 tramite un’ordinanza del sindaco nei confronti di soggetti che rifiutano di sottoporsi a una terapia. Ma l’applicazione del Trattamento sanitario obbligatorio, come prescrive la legge, va attuato solo se la persona si trova in una situazione di alterazione tale da necessitare urgenti interventi terapeutici, se gli interventi sanitari siano stati rifiutati dal soggetto e se non è possibile adottare tempestive misure extraospedaliere. Tre condizioni che devono manifestarsi contemporaneamente. Per questo le parole utilizzate da Conte sono un grave errore.

Il tema del Tso applicato al Coronavirus non è nuovo. Già a luglio il presidente della Regione Veneto Luca Zaia aveva evocato l’ipotesi di ricorrere al Tso per imporre il ricovero ai malati gravi. Una ordinanza firmata dal ‘Doge’ aveva effettivamente previsto che le aziende Ulss venete avessero l’obbligo di denuncia e di comunicazione al sindaco, al Prefetto e alla polizia dei soggetti obbligati all’isolamento fiduciario, per eventuali controlli e misure cautelari. In caso di rifiuto del ricovero da parte di soggetti positivi, l’azienda ospedaliera doveva presentare quindi denuncia d’ufficio alle forze di polizia.

 

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