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Quest’articolo esamina l’evoluzione dei divari regionali in Polonia nel periodo 1995-2022. Grazie alla sua sostenuta crescita economica, la Polonia ha compiuto un rapido e significativo processo di convergenza economica rispetto alle nazioni più avanzate della UE. La crescita non si è accompagnata, però, con la riduzione dei divari regionali nel Pil per abitante che, nel periodo in esame, sono lievemente aumentati; si è verificata, invece, convergenza nei livelli della produttività media del lavoro. La geografia economica polacca rimane caratterizzata da un persistente divario ovest-est nello sviluppo economico, mentre il distretto di Varsavia polarizza la distribuzione spaziale del reddito medio.

Introduzione
Dopo quelle del 1928, in Polonia le prime elezioni pluripartitiche e parzialmente libere si tennero nel giugno del 1989. La lista di Solidarność ne uscì con una maggioranza schiacciante. Alla fine dell’anno, il primo governo postcomunista, guidato da Tadeusz Mazowiecki, varò un radicale programma di riforme – il cosiddetto «Piano Balcerowicz», dal nome del ministro delle finanze – per istituire un’economia di mercato (Judt, 2017, pp. 750-753). In quell’anno e nel successivo, il paese, già provato dall’elevata inflazione, fu colpito da due forti shock macroeconomici: il primo dovuto alle politiche fiscali e monetarie di stabilizzazione; il secondo causato dal crollo del commercio con i paesi dell’ex blocco sovietico (Gomułka, 2016).

Tra i paesi appartenenti all’ex blocco sovietico, la Polonia fu il primo a riprendersi dalla recessione causata dalla transizione verso l’economia di mercato. Dopo la ripresa moderata del 1992-1994, nel quinquennio successivo l’economia conobbe una fase di robusta crescita (la più rapida in Europa centrale) trainata dall’espansione del settore privato, in particolare dall’industria manifatturiera (Balcerowicz, 2000; De Broeck e Koen, 2001). Nel 2004, insieme con altri paesi dell’Europa centrale, la Polonia ha aderito alla UE; nonostante un vivace dibattito sull’opportunità di adottare l’euro, il paese mantiene ancora la propria valuta (lo zloty).

Dalla metà degli anni Novanta, la Polonia è tra i paesi della UE con più elevati tassi di crescita economica. Dal 1995 al 2022, il Pil per abitante è aumentato mediamente del 4 per cento all’anno; per confronto, nella UE a 27 paesi il tasso di crescita è stato dell’1,4 e in Italia di appena lo 0,5 per cento. Come altri paesi dell’Est Europa, la Polonia ha compiuto un rapido e significativo processo di convergenza economica rispetto alle nazioni più avanzate dell’Unione.

Ovviamente, i ritmi della crescita economica vanno considerati in relazione al livello relativo di sviluppo. Nei primi anni Novanta, la Polonia era un paese arretrato rispetto a quelli dell’allora Comunità Europea: nel 1990, il Pil per abitante (in parità di potere d’acquisto) era appena il 30 per cento di quello italiano; oggi ha raggiunto l’88 per cento. Poiché il reddito nazionale lordo per abitante è inferiore al 90 per cento della media dell’UE, il paese beneficia del Fondo di coesione europeo e, inoltre, dei Fondi strutturali destinati alle regioni meno sviluppate.

Considerata la sua rapida crescita economica, il caso della Polonia è di particolare interesse per l’analisi dei divari economici regionali. Ci si può chiedere, infatti, se il processo di convergenza del paese rispetto alla media europea si sia accompagnato con un’analoga dinamica tra le sue regioni come accaduto, per esempio, in Italia negli anni 1955-1970.

Nelle pagine seguenti, dopo aver illustrato alcuni dati sulla crescita dell’economia polacca, esamineremo l’andamento dei divari regionali nel periodo 1995-2022. I risultati mostrano come, a fronte dell’elevata crescita nazionale, le differenze interne nel Pil per abitante siano lievemente aumentate, mentre quelle nella produttività del lavoro si siano significativamente ridotte. La geografia economia polacca è caratterizzata da un persistente divario Ovest-Est, mentre la regione di Varsavia polarizza la distribuzione del reddito.

Crescita economica nazionale

Affinché i divari nel tenore di vita tra le nazioni o le regioni diminuiscano, è necessario che quelle più arretrate crescano a tassi maggiori di quelle più avanzate, recuperando, così, il ritardo iniziale. Questo processo di convergenza economica (catching-up) è facilmente verificabile ponendo in correlazione i tassi di crescita con i livelli di partenza del Pil per abitante, secondo l’approccio di β-convergenza (Barro e Sala-i-Martin, 1991).

La figura 1 mostra la relazione tra il logaritmo del Pil per abitante (PPA) nel 1995 e i tassi di crescita nel periodo 1995-2022 in 26 paesi della UE. La relazione, negativa e statisticamente significativa (R2= 0,60), indica β-convergenza assoluta. I paesi dell’Est Europa, che partivano da condizioni di relativa arretratezza, sono cresciuti a tassi maggiori di quelli più sviluppati colmando, in larga parte, il ritardo iniziale. Nel periodo considerato, la Polonia è cresciuta mediamente del 4 per cento all’anno, superata solo dalle piccole repubbliche baltiche e dall’Irlanda[1].

Per il suo rapido sviluppo, la Polonia rappresenta un caso di successo. Dal 1991 al 2023, il Pil nazionale è triplicato. Nel 1995, il Pil per abitante (in parità di potere d’acquisto, PPA) era appena il 34 per cento di quello dell’Italia; nel 2011 aveva raggiunto il 60 per cento; nel 2022 era l’88 per cento (figura 2). È da osservare che, nel periodo considerato, l’Italia è stata il paese della UE con minori tassi di crescita. Il recupero della Polonia risulta, comunque, notevole anche se lo si rapporta agli altri paesi. Rispetto alla media dell’Eurozona (a 19 paesi), il Pil per abitante è passato dal 37 al 79 per cento (figura 2).

I divari regionali

La Polonia ha un’estensione di 312.696 km² (di poco superiore a quella dell’Italia) e una popolazione che, nel 2022, era di circa 37,6 milioni di abitanti, pari al 63 per cento di quella italiana. Dal 1999, il territorio è suddiviso, sotto il profilo amministrativo, in 16 regioni (voivodati, województwa), a loro volta suddivisi in 379 distretti. Nella classificazione europea NUTS (Nomenclatura delle unità territoriali statistiche), la Polonia è, invece, suddivisa in 17 regioni di livello 2 che corrispondono ai 16 voivodati più il distretto di Varsavia che, amministrativamente, fa parte della Masovia (si veda la tabella 1 in appendice). Come vedremo, il fatto che la classificazione NUTS 2 consideri il distretto della capitale come una regione ha implicazioni per l’analisi sui divari, in quanto tende a riflettersi sugli indicatori di disuguaglianza. Infatti, il distretto di Varsavia, che ha circa 3.100.000 abitanti (l’8,3 per cento del totale nazionale), ha un Pil per abitante che è più del doppio di quello medio nazionale, 2,4 volte quello della restante parte della Masovia e tre volte quello della regione di Lublino, la meno sviluppata del paese (figura 3).

La figura 4 mostra la mappa del Pil per abitante nelle regioni nel 1995 e nel 2022. Si osserva come le regioni meno sviluppate del paese siano quelle dell’Est, al confine (partendo da Nord) con l’exclave di Kaliningrad (Russia), con la Lituania, la Bielorussia e l’Ucraina.  Nel periodo in esame, questa partizione Ovest-Est dello sviluppo è rimasta sostanzialmente invariata (Misiak, 2022); qualche cambiamento relativo si è registrato per alcune regioni occidentali, come la Pomerania occidentale e la Bassa Slesia.

Come accennato, dal 2004, la Polonia è beneficiaria del Fondo di coesione e dei Fondi strutturali. Tra i cicli di programmazione 2000-2006 e 2021-2027, la quota della popolazione residente nelle regioni “meno sviluppate”, con un Pil per abitante inferiore al 75 per cento della media UE, è passata dal 100 per cento al 75 per cento. È diminuito, infatti, il numero di regioni classificate come “meno sviluppate” che, nell’attuale ciclo di programmazione sono 14; delle restanti, due regioni (Dolnośląskie e Wielkopolskie) sono “in transizione”, mentre il distretto di Varsavia è tra quelle più sviluppate della UE[2].

La Polonia è uno dei paesi della UE in cui sono presenti delle Zone economiche speciali (Zes). Le 14 Zes polacche sono state istituite negli anni Novanta; si tratta di aree dotate di infrastrutture in cui le aziende, oltre a ricevere assistenza per gli investimenti, beneficiano di finanziamenti pubblici ed esenzioni fiscali[3]. Ogni Zes è costituita da sottozone, non necessariamente contigue (Eurofound, 2022). Ritenute tra le miglior al mondo per efficienza e per i servizi offerti, le Zes polacche, secondo le previsioni, rimarranno attive fino al 2026. Inoltre, nel paese esistono 40 parchi tecnologici industriali per sostenere le attività di ricerca e sviluppo.

Per verificare la convergenza regionale, come fatto in precedenza, poniamo in relazione il Pil per abitante nel 1995 con il tasso di crescita nei successivi 27 anni. Come mostra la figura 5, tra le due variabili non c’è alcuna correlazione; si nota come la distribuzione sia influenzata dal distretto di Varsavia che presenta un livello relativamente elevato del Pil per abitante. Anche eliminando tale regione non si osserva, comunque, convergenza.  Se la stessa analisi viene condotta limitatamente al periodo successivo al 2004, anno d’ingresso della Polonia nella UE, i risultati non cambiano, anzi si osserva divergenza nei livelli del Pil per abitante regionale.

Nella figura 6 si replica lo stesso esercizio per la produttività apparente del lavoro. In questo caso, si riscontra una significativa convergenza: la relazione inversa tra livelli inziali del Pil per occupato e tassi di crescita è elevata (R2 = 0,56). Il distretto capitale influenza i risultati: se lo si esclude, infatti, il valore del coefficiente di determinazione si riduce (R2 = 0,37).  Questo processo di convergenza nella produttività del lavoro dipende, in larga misura, dalla trasformazione che ha caratterizzato le strutture produttive delle regioni più arretrate, specialmente quelle dell’est del paese, in cui la quota dell’occupazione agricola è significativamente diminuita, mentre quella degli altri settori, in particolare dei servizi, si è espansa (IMF, 2016).

Un altro approccio molto utilizzato per verificare l’evoluzione dei divari regionali è quello della cosiddetta σ-convergenza. Si ha σ-convergenza quando la dispersione del Pil per abitante, misurata dal coefficiente di variazione o da un altro indicatore, si riduce nel corso del tempo. Prima di passare a tale esame, osserviamo che il Pil per abitante può essere scomposto in tre componenti: la produttività apparente del lavoro, il tasso di occupazione e il tasso di attività, secondo l’identità:

poiché il terzo termine dipende dalla struttura demografica e non mostra rilevanti differenze regionali, possiamo semplificare l’identità in due termini: produttività e rapporto tra occupati e popolazione totale.

La Figura 7 mostra il coefficiente di variazione del Pil per abitante e delle sue due componenti nelle 17 regioni polacche. Si nota una tendenza all’aumento delle disparità regionali nel Pil per abitante, pur a fronte dell’accentuata convergenza nei livelli della produttività del lavoro e di una riduzione dei pur contenuti divari nei tassi di occupazione.

Questo andamento incoerente delle tre variabili può essere spiegato, almeno in parte, dalla dinamica che ha interessato il distretto di Varsavia che – sulla base dei dati da noi utilizzati – ha avuto una crescita relativamente elevata nel Pil per abitante, ma inferiore a quella delle altre regioni nella produttività del lavoro. In effetti, come mostra la figura 7, quando si esclude Varsavia dal campione, si osserva come il grado di disuguaglianza regionale – misurato dal coefficiente di variazione – oltre a ridursi notevolmente, sia rimasto sostanzialmente stabile nel tempo. Di nuovo, si nota una debole divergenza regionale dopo l’ingresso della Polonia nella UE. Un risultato, questo, confermato da altri studi (Wójcik, 2021; Kijek e Jóźwik, 2023).

Conclusioni

Dopo la caduta del comunismo, superata la crisi dei primi anni Novanta, la Polonia ha avuto un percorso di crescita molto sostenuta, che ha consentito al paese di recuperare gran parte del divario nel reddito rispetto alle nazioni più avanzate della UE. Il processo di sviluppo non si è accompagnato, però, con la riduzione dei divari regionali nel Pil per abitante che, al contrario, sono lievemente aumentati. Si è verificata, invece, una significativa convergenza nei livelli di produttività regionali, per effetto della trasformazione delle strutture economiche. Queste dinamiche rendono il caso polacco di particolare interesse, specie se lo si confronta con quello dell’Italia in cui, durante la fase di più rapida crescita economica nazionale, negli anni 1955-1970, si è verificata una significativa convergenza regionale nei redditi e nella produttività (Daniele, 2019; Petraglia e Prezioso, 2023, pp. 13-17).

Dal 2004, anno d’adesione alla UE, la Polonia ha beneficiato del Fondo di coesione e dei Fondi strutturali europei. Mentre nei primi cicli di programmazione, tutte le regioni polacche avevano un Pil per abitante inferiore a quello medio della UE a 27 ed erano, perciò, classificate “in ritardo di sviluppo”, attualmente due regioni hanno superato quella soglia, rientrando, così, tra quelle “in transizione”, mentre il distretto di Varsavia è tra le regioni più sviluppate dell’Unione. Le politiche di coesione della UE, pur avendo contribuito alla modernizzazione del paese e, in particolare, delle regioni più arretrate, hanno, però, avuto un impatto minimo sulla convergenza regionale nel reddito (Piętak, 2021). Il fatto che il Pil per abitante delle regioni cresca, fino a superare la soglia del 75 per cento della media UE, come accaduto in Polonia, non implica necessariamente, infatti, che le disparità interne al paese diminuiscano.

Sotto il profilo spaziale, il territorio polacco mostra un divario persistente tra le regioni dell’Est, meno sviluppate, e quelle dell’Ovest confinanti con la Germania, la Repubblica Ceca e la Slovacchia: una geografia economica che non si è sostanzialmente modificata nei ventisette anni considerati. La regione che ospita la capitale polarizza fortemente la distribuzione spaziale dei redditi del paese. Questa polarizzazione risulta dal fatto che il distretto di Varsavia attrae circa la metà degli investimenti diretti esteri del paese, oltre a una quota significativa degli investimenti da altre regioni (Cybulska e Dziemianowicz, 2020; Sergeev, 2021). Fenomeni di concentrazione economica si registrano anche nelle aree urbane di Breslavia e Cracovia (Ślęzak e Bielewska, 2022). Questa tendenza all’agglomerazione spaziale delle imprese e dei lavoratori qualificati, suggerisce che le forze di mercato che alimentano le disuguaglianze tendono a prevalere sulle politiche di riequilibrio territoriale.

 

Appendice

Riferimenti bibliografici

  1. Balcerowicz L. (2000), Economies in Transition: Poland’s Transformation, Finance & Development, 37(3), A004, pp. 14-16.
  2. Barro R. J., Sala-i-Martin X. (1991), Convergence across states and regions, Brooking Papers on Economic Activity, pp. 107-158.
  3. Cybulska M., Dziemianowicz (2020), Quo Vadis, Business? The migration of companies between cities using the example of the Mazowieckie voivodship in Poland, Miscellanea Geographica, vol.24, no.4, 2020, pp.218-231. https://doi.org/10.2478/mgrsd-2020-0037.
  4. Daniele V. (2019), Il paese diviso. Nord e Sud nella storia d’Italia, Rubbettino, Soveria Mannelli.
  5. De Broeck, M., Koen, V. (2001), The “soaring eagle”: Anatomy of the Polish take-off in the 1990s, Comparative Economic Studies, 43, 1-33.
  6. Eurofound (2022), Special economic zones (SEZ), measure PL-1995-41/2584 (measures in Poland), EU PolicyWatch, Dublin, https://static.eurofound.europa.eu/covid19db/cases/PL-1995-41_2584.html
  7. Gomułka S. (2016), Poland’s economic and social transformation 1989–2014 and contemporary challenges, Central Bank Review, 16, 1, pp. 19-23.
  8. Kijek A., Jóźwik, B. (2023), Income convergence: Does the catch-up process take place in Polish regions? In: E., Bukalska, T. Kijek, B.S. Sergi (eds.), Modeling Economic Growth in Contemporary Poland, Emerald, Leeds, pp. 33-50.
  9. IMF (2016), Republic of Poland: Selected Issues, IMF Staff Country Reports, 2016(211), A001.
  10. Judt T. (2017), La nostra storia 1945-2005, Laterza, Bari-Roma.
  11. Misiak T. (2022), Is the division of Western and Eastern Poland still valid? The evolution of regional convergence in Poland, Economics and Business Review, 8(22), 2, pp. 145-169.
  12. Petraglia C., Prezioso S. (2023), Nord e Sud. Divari economici e politiche pubbliche dall’euro alla pandemia, Carocci, Roma.
  13. Piętak Ł. (2021), Structural Funds and Convergence in Poland, Hacienda Pública Española/Review of Public Economics, 236, 1, pp. 3-37.
  14. Seergev E. (2021), Warsaw as a center of foreign investments attraction, Paper presented at the XIII RISA Convention «Thirty Years of the New Russia’s Foreign Policy», MGIMO University, Moscow, Russia.
  15. Ślęzak, E., Bielewska, A. (2022), Cities’ migration policies in a country with a deficit of migration policy. The case of Poland, International Migration, 60, pp. 173–187.
  16. Wójcik P. (2021), Parallel regional convergence in Poland before and after EU accession, Miscellanea Geographica, 25, 2, pp.83-92. https://doi.org/10.2478/mgrsd-2020-0050.

Note:
[1] Si evidenzia che Irlanda e Lussemburgo (insieme con Olanda, Malta e Cipro), oltre alla piccola dimensione demografica, traggono beneficio della fiscalità agevolata offerta alle imprese multinazionali.

[2] Nella classificazione europea, le regioni “in transizione” sono quelle in cui il Pil per abitante in parità di potere d’acquisto è compreso tra il 75 e il 100 per cento della media UE, mentre quelle “più sviluppate” sono al di sopra di tale limite.

[3] Una legge del 2018 ha esteso le Zes a tutto il territorio polacco, nel senso che le imprese non devono essere fisicamente localizzate in una specifica zona per poter accedere ai benefici statali previsti.

 

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