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L’art. 35 della L. 47/1985 (Legge sul primo condono edilizio) prevede che a seguito della concessione o autorizzazione in sanatoria viene altresì rilasciato il certificato di abitabilità o agibilità anche in deroga ai requisiti fissati da norme regolamentari, qualora le opere sanate non contrastino con le disposizioni vigenti in materia di sicurezza statica, attestata dal certificato di idoneità e di prevenzione degli incendi e degli infortuni.
L’applicazione di tale norma ha posto la questione se al rilascio del condono edilizio consegua automaticamente l’agibilità degli immobili condonati a prescindere dal rispetto dei requisiti di altezza minima, aeroilluminazione e degli altri requisiti igienico sanitari previsti D.M. 05/07/1975 e dai regolamenti comunali.

DEROGA ALLE DISPOSIZIONI REGOLAMENTARI – Sull’argomento si è pronunciato il C. Stato 30/08/2021, n. 6091 che ha ricordato che, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza, il rilascio del certificato di abitabilità di un fabbricato, conseguente al condono edilizio, ai sensi del citato art. 35, L. 47/1985, può legittimamente avvenire in deroga solo ad autonome e autosufficienti disposizioni regolamentari e non anche quando siano carenti condizioni di salubrità richieste invece da fonti normative di livello primario (eventualmente integrate, nel precetto, da norme di fonte secondaria), poiché la disciplina del condono edilizio, per il suo carattere eccezionale e derogatorio, non è suscettibile di interpretazioni estensive e, soprattutto, tali da incidere sul fondamentale principio della tutela della salute, con evidenti riflessi sul piano della legittimità costituzionale.
Tale orientamento risulta, peraltro, del tutto coerente con quello espresso dalla Corte costituzionale nella sentenza 18/07/1996, n. 256, nella quale si è affermato che la deroga introdotta dalla citata previsione normativa non riguarda i requisiti richiesti da disposizioni legislative e deve, pertanto, escludersi una automaticità assoluta nel rilascio del certificato di abitabilità a seguito di concessione in sanatoria, dovendo invece il Comune verificare che al momento del rilascio del certificato di abitabilità siano osservate tutte le disposizioni di legge in materia di abitabilità e servizi essenziali e rispettiva normativa tecnica.
In caso di condono edilizio permangono dunque in capo ai Comuni tutti gli obblighi inerenti alla verifica delle condizioni igienico-sanitarie per l’abitabilità degli edifici, con l’unica possibile deroga ai requisiti fissati da norme regolamentari.

Alla luce di tali considerazioni deve pertanto escludersi che l’art. 35, L. 47/1985 contenga una deroga generale e indiscriminata alle norme che presidiano i requisiti di abitabilità degli edifici, e ciò proprio perché la detta legge intende contemperare valori tutti costituzionalmente garantiti, quali, tra gli altri, da un lato il diritto alla salute e dall’altro il diritto all’abitazione e al lavoro.

INDEROGABILITÀ DEI REQUISITI MINIMI DI SALUBRITÀ – Esclusa dunque la configurabilità di un’automatica corrispondenza tra condono ed abitabilità, il Consiglio di Stato ha rilevato che, nel caso di specie, erano state violate le norme che, seppur previste dal D.M. 05/07/1975 (e quindi da norme di carattere regolamentare), nondimeno costituiscono diretta attuazione degli artt. 218 e 221, R.D. 27/07/1934, n. 1265 (Testo unico leggi sanitarie). In particolare si trattava della violazione delle norme in materia di superficie minima (art. 3, D.M. 05/07/1975) e di illuminazione (art. 5, D.M. 05/07/1975).
Sul punto i giudici hanno ribadito che il carattere formalmente secondario della fonte (D.M. cit.) non toglie che le disposizioni da essa dettate attengano direttamente alla salubrità e vivibilità degli ambienti – ossia a condizioni tutelate direttamente da norme primarie e costituzionali – emanate ad integrazione e attuazione del precetto generale.
In questi casi, la norma secondaria concretizza il generico imperativo della norma primaria, sostanziandone il contenuto minimo inderogabile in funzione della tutela della salute e sicurezza degli ambienti, con la conseguenza che la verifica dell’abitabilità non può prescinderne.
Una diversa interpretazione, che giungesse a sostenere la derogabilità dei requisiti minimi di salubrità, per il sol fatto di essere fissati con norma formalmente regolamentare, si porrebbe sicuramente in contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., oltre che con il successivo art. 32, Cost. a tutela della salute.

Per approfondimenti sul tema si veda Immobili condonati e agibilità.

 

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