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(omissis..)

Nella udienza pubblica del 25 gennaio 2017

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella causa penale a carico di 

C. S., nata il (omissis…) a Pescara dom dich. In (omissis..) LIBERO – ASSENTE (..omissis..)

Appellante avverso la sentenza in data  29.10.2015 del Tribunale di Pescara che in relazione alla imputazione di cui all’art. 216 L.F. ha dato il dispositivo di cui al foglio allegato

FATTO E DIRITTO

Con sentenza in data 29.10.15 il Tribunale di Pescara dichiarava C. S. colpevole del reato di bancarotta fraudolenta documentale e la condannava alla pena di anni tre di reclusione con le pene accessorie di legge.

La assolveva dal reato di bancarotta per distrazione per insussistenza del fatto.

Secondo la formulata imputazione la C. , nella qualità di amministratrice della P. P. s.r.l., dichiarata fallita in data 13.05.10, aveva tenuto le scritture contabili in modo da non consentire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società ed aveva distratto beni della società.

Rilevava il Tribunale che il Curatore aveva riferito di non aver rinvenuto e ricevuto le scritture contabili in quanto la C. ed il socio unico M. C. si erano resi irreperibili.

L’Attività era cessata prima del fallimento e non erano state presentate le dichiarazioni del 2007 e degli anni successivi.

Il marito della prevenuta, M. C., socio unico, aveva dichiarato che in realtà la C. era solo formalmente amministratrice, mentre di tutto si occupava lui.

Le aveva chiesto di assumere la carica sociale perché aveva dei problemi con le banche.

Dichiarazioni che ad avviso del Tribunale non valevano ad esimere la C. dalla propria responsabilità dato che la stessa era ben consapevole dei propri obblighi.

Ha proposto appello il difensore dell’imputato.

Ha sostenuto che non vi era la prova del dolo specifico richiesto per la integrazione del reato e quindi il fatto andava ravvisata la fattispecie della bancarotta semplice.

La prevenuta non aveva svolto alcun ruolo e di nulla si era interessata limitandosi a prestare la propria firma.

Era del tutto ignara delle condizioni economiche della società.

Se vi era stato un piano criminoso di svuotare la società certo la C. ne era stata estranea.

Al più alla predetta poteva addebitarsi una condotta negligente, di disinteresse e superficialità.

Ha infine lamentato la mancata concessione delle attenuanti generiche e la eccessività della pena.

OSSERVA LA CORTE

L’appello è fondato dato che nel fatto va ravvisato il meno grave reato di bancarotta semplice. 

Invero appaiono credibili le dichiarazioni rese dal marito della prevenuta in sede testimoniale secondo cui la prevenuta ebbe un ruolo di amministratrice meramente formale, non interessandosi mai alla gestione della società, tutta nelle sue mani.

Dichiarazioni che sono utilizzabili nei confronti dell’imputata a norma dell’art. 63 comma 1 c.p.p., che trovano conferma circa la mancata conoscenza delle condizioni della società in quanto riferito dal curatore circa la posizione effettiva della prevenuta.

Nonostante ciò il Tribunale ha ritenuto la prefetta colpevole del reato contestato sulla base della carica sociale rivestita e dei conseguenti obblighi su lei gravanti che aveva disatteso aderendo ad una giurisprudenza che tradizionalmente ha ritenuto ciò sufficiente a ravvisare il concorso nel reato per omesso impedimento commesso dall’amministratore di fatto.

Un assunto che se pure in sintonia con la giurisprudenza sino a poco tempo fa prevalente non può essere condiviso, dato che a ben guardare la mera omissione dagli obblighi gravanti sull’amministratore di diritto consente solo un addebito di colpa, non potendosene dedurre automaticamente la consapevolezza della commissione del reato di bancarotta fraudolenta documentale che necessita del dolo anche in capo al soggetto cui si addebita il mancato impedimento ex art. 40 cpv cp.

Invero il tema ha avuto una ampia evoluzione giurisprudenziale.

Oggi infatti, anche a seguito delle riflessioni della dottrina, si ritiene che non può essere condiviso il ragionamento secondo cui va affermata la colpevolezza dell’amministratore formale solo sul presupposto della accettazione della carica sociale, sul rilievo che ciò, determinando l’assunzione degli obblighi di legge gravanti sull’amministratore, determinerebbe la responsabilità per eventuali reati commessi da soggetti che abbiano di fatto amministrato la società, rivestendo l’amministratore di diritto una posizione di garanzia rilevante ex art. 40 cp.

Orbene se va certo condivisa l’affermazione secondo cui sull’amministratore di diritto grava l’obbligo di impedimento di eventuali reati commessi dall’amministratore di fatto e quindi di intervento a norma dell’art. 40 cp., non può essere dimenticato che è necessaria la ravvisabilità del dolo rispetto alla commissione di reati puniti a tale titolo.

Ed in tal senso, quanto al reato di bancarotta patrimoniale è da sempre univoca la giurisprudenza nel ritenere che l’amministratore di diritto risponde dei reati commessi dall’amministratore di fatto se, sul piano della condotta materiale, non si sia attivato in chiave impediva e, sul piano soggettivo, vi sia la prova che egli aveva la consapevolezza, se pure generica, dell’altrui azione illecita e, quindi, che l’amministratore di fatto distraeva, dissipava i beni, sottraeva le scritture o le teneva in modo da non consentire la ricostruzione del movimento degli affari.

Vero è che la violazione dell’obbligo di impedimento assume rilievo anche a titolo di dolo eventuale ravvisabile quando la condotta omissiva si accompagni alla percezione di anomalie, di segnali di allarme da cui possa ben desumersi quanto meno il rischio (accettato) della commissione di condotte illecite, ma è pur vero che tale condizione soggettiva non può essere desunta in via automatica dalla accettazione della carica.

La semplice mancata valutazione di tali segnali di rischio da cui era intuibile la commissione di condotte illecite da parte dell’amministratore di fatto, dovuta al mancato controllo e quindi alla omissione dei propri doveri consente solo un addebito di colpa in relazione alla negligenza dimostrata, al mancato adempimento di tale dovere.

Ma vi è di più.

Anche accertato che l’amministratore di diritto ha percepito tali segnali di rischio è necessario poter affermare che essi siano stati apprezzati come tali.
La eventuale mancata valutazione degli stessi è ancora nell’ambito della colpa che potrebbe solo consentire l’attivazione di una azione di responsabilità civile per risarcimento danni.

È in definitiva indispensabile accertare che l’amministratore di diritto ha percepito e si sia reso conto di segnali di rischio da cui era intuibile la possibilità della commissione di reati puniti a titolo di dolo e scientemente non sia attivato per impedirli riassumendo tutti i poteri connessi alla carica rivestita.

Ciò in ossequio ad una corretta valutazione del concetto di dolo eventuale.

Solo rispetto ai reati colposi, quali ad es la bancarotta semplice, la mera inosservanza colposa dei propri doveri può determinare un addebito di cooperazione colposa ex art. 113 cp.

Tali principi vanno correttamente applicati anche per quanto riguarda il reato di bancarotta fraudolenta documentale.

Quanto alla tenuta delle scritture, in particolare, si è detto che la qualifica formale implicherebbe l’automatica consapevolezza che esse sono uscita dalla propria sfera di controllo per passare sotto quella dell’amministratore di fatto e ciò comporterebbe totale accettazione delle conseguenze di ciò, come la sottrazione, la soppressione, la irregolare tenuta di dette scritture in modo da non consentire la ricostruzione del movimento degli affari, ma tale affermazione non può essere condivisa.

Infatti in tal caso può dirsi provata solo l’accettazione della gestione altrui della società e quindi anche delle scritture da parte dell’amministratore di fatto, ma non già per questo la accettazione della commissione di azioni delittuose, che non sono certo automatica conseguenza del fatto che un soggetto si presti a ricoprire, per le più svariate ragioni (anche non illecite) la carica formale, così consentendo la gestione anche illecita ad un amministratore di fatto, salvo sia provato un previo accordo in tal senso o la emergenza di fatti che dovevano indurre l’amministratore formale ad avvertire almeno il rischio della commissione di reati, in concreto accettandolo.

Si afferma quindi che in materia di reati fallimentari l’amministratore di diritto risponde del reato di bancarotta  fraudolenta documentale per sottrazione o omessa tenuta della contabilità anche solo per la posizione di cui è formalmente investito, in quanto gravato dall’obbligo di regolare tenuta delle scritture, a patto che sia fornita la prova della consapevolezza della sottrazione, della omessa o irregolare tenuta (in tal senso Cass. SE. V 30.10.13 n. 642).

Se ciò non è, come, detto, potrebbe contestarsi all’amministratore formale solo un profilo di colpa e quindi la bancarotta documentale semplice.

Di tale reato deve quindi rispondere C.S. dato che è del tutto ragionevole ritenere che la stessa si sia disinteressate delle attività della società e degli adempimenti che ne derivavano fidandosi del marito proprio a seguito del rapporto coniugale, nulla potendo indurla a sospettare della commissione di condotte illecite, quali la sottrazione delle scritture.

Ciò stante il fatto va qualificato ai sensi dell’art. 217 L.F. e la pena va rifissata in anni uno di reclusione.

Va eliminata la pena accessoria della interdizione dei pubblici uffici e la durata delle altre pene accessorie va ridotta ad anni uno.

Va concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena.

P.Q.M.

Visto l’art. 605 cpp in parziale riforma della sentenza in data 29.10.15 del Tribunale di Pescara, appellata dall’imputata C.S. , diversamente qualificato il fatto contestato ai sensi dell’art. 217 L.F., ridetermina la pena in anni uno di reclusione; elimina la pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici e riduce la durata delle altre pene accessorie va ridotta ad anni uno; concede il beneficio della sospensione condizionale della pena.

L’Aquila 25 gennaio 2017.

 

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