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Anche se la scadenza del 28 luglio 2024, per la conversione del Decreto Legge n. 69/2024 (Decreto Salva Casa) è ancora lontana, ad agitare gli animi dei professionisti sono le proposte di modifica che inevitabilmente mirano a modificare e snellire il testo in attesa che si avvii la discussione alla Camera dei Deputati.

Durante le audizioni informali, che si svolte presso l’VIII Commissione Ambiente, sono state evidenziate dalle associazioni di categorie diverse criticità, tra cui l’introduzione di responsabilità eccessive a carico di architetti e ingegneri.

Un carico di responsabilità improprio

Secondo i Consigli Nazionali degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, degli Ingegneri e la Fondazione Inarcassa, “con il Decreto Salva Casa il Legislatore continua ad ampliare l’ambito di incertezza interpretativa della norma introducendo modifiche parziali finalizzate a snellire aspetti procedurali che di fatto costituiranno misure a regime”.

In pratica, la norma richiede ai tecnici di attestare la data di realizzazione degli immobili in assenza di documentazione probante, caricandoli di una responsabilità impropria. “Il tecnico incaricato attesti la data di realizzazione tramite una propria dichiarazione, assumendosi pertanto un carico improprio di responsabilità sulla veridicità di quanto dichiarato perché in caso di dichiarazione falsa o mendace, si applicano sanzioni penali”.

Se, dunque, da un lato, il provvedimento si propone di legittimare piccole difformità, dall’altro, non possiamo non evidenziare l’eccessivo carico di compiti e responsabilità a carico dei professionisti. Un contesto certamente non più sostenibile. Il professionista, insomma, diventa sempre più il tappabuchi delle inefficienze altrui”, dichiarano i rappresentanti dei professionisti. Le tecniche moderne non consentono di stabilire con certezza l’età di realizzazione del manufatto, rendendo irragionevole la pretesa di attestarne la data.

Proposte di modifica Decreto Salva Casa: “Affidamento improprio non è semplificazione”

Il decreto dichiara che l’applicazione delle tolleranze costruttive non può comportare limitazioni ai diritti di terzi, ma il tecnico è tenuto a verificare e dichiarare la conformità, anche in ambiti giuridici al di fuori delle competenze tecniche.

Si ritiene che anche in questo caso si tratti di un affidamento improprio”, affermano i professionisti. “Non può essere considerata semplificazione il ricorso all’attestazione del Professionista in presenza di incertezze interpretative della norma. Per questo motivo abbiamo chiesto e chiediamo al Legislatore di apportare, nel corso dell’iter di approvazione una opportuna modifica stralciando tale previsione normativa, quantomeno nella parte delle sanzioni penali”.

Emergenza abitativa e rigenerazione urbana: i grandi assenti

Secondo Cgil nazionale, Fillea Cgil e Istituto nazionale di urbanistica (INU), il Decreto Salva Casa non affronta il tema dell’emergenza abitativa e della rigenerazione urbana. Le critiche vertono sulle norme che semplificano i cambi di destinazione d’uso e le sanatorie edilizie, mentre l’Unione dei piccoli proprietari immobiliari (UPPI) apprezza e chiede un potenziamento delle misure.

Cgil ha identificato criticità che potrebbero portare ad abusi o impatti negativi sugli standard urbanistici. “Ci aspettavamo misure per il rilancio dell’edilizia residenziale pubblica e per favorire un mercato degli affitti a costi sostenibili, grandi emergenze del Paese che il decreto non affronta”, commenta Cgil. “Le norme che prevedono la semplificazione delle variazioni di destinazione d’uso non tengono conto dell’impatto sugli standard urbanistici, non essendo previsto l’obbligo di reperire ulteriori aree per servizi di interesse generale, né per parcheggi, con la conseguenza di un potenziale sovraffollamento delle aree urbane e un peggioramento della qualità della vita”.

In merito alla sanatoria semplificata, Cgil ha espresso preoccupazioni per il silenzio assenso che si sostituisce al silenzio diniego: “È impensabile se legato al termine di quarantacinque giorni, rendendo impossibili le verifiche adeguate da parte delle amministrazioni comunali. L’attività dei Comuni potrebbe non essere snellita, anzi, complicata ulteriormente, con verifiche tecniche che devono essere svolte in relazione ai diritti dei terzi, che sono spesso complesse e richiedono tempo”.

Proposte di modifica di Cgil e INU: “Decreto Salva Casa non risolve emergenza abitativa”

Cgil sottolinea anche come queste misure non risolvano l’emergenza abitativa. “A fronte di una crescente precarietà abitativa l’offerta di edilizia pubblica non risponde al fabbisogno, che gli stessi Enti Gestori stimano in circa 600 mila unità. Il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti ha istituito un tavolo tecnico per discutere di un Piano Casa con risorse esigue (100 milioni di euro) disponibili solo nel 2027 e nel 2028, tavolo che si è riunito solo due volte, ma senza i sindacati. Peraltro, delle Linee guida che dovevano essere emanate non c’è traccia e la discussione sul Piano Casa sembra accantonata”, hanno denunciato in conclusione.

L’INU lamenta “la tendenza delle misure a carattere edilizio a intervenire sempre più frequentemente su ambiti propri dell’urbanistica, dimostrando che il legislatore si vede costretto ad effettuare questa ‘invasione di campo’ proprio per la mancanza di una disciplina urbanistica disponibile e aggiornata”. Secondo l’INU, il Decreto Salva Casa manca di una visione complessiva e integrata per la rigenerazione urbana e il miglioramento della qualità della vita nei centri abitati.

L’INU ha annunciato la presentazione al Parlamento della sua proposta di legge di principi sul governo del territorio per il prossimo 16 luglio. I princìpi salienti saranno:

  • il passaggio da un approccio parametrico a uno quali-quantitativo nella definizione delle dotazioni urbanistiche, che vada di pari passo con la definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP);
  • la definizione e lo stimolo all’attuazione dei processi di rigenerazione territoriale e urbana, anche attraverso l’istituzione di incentivi fiscali e la creazione di un Fondo nazionale per la rigenerazione urbana;
  • il passaggio dal principio di conformità a quella di coerenza nell’approvazione degli strumenti urbanistici attuativi.

UPPI: ulteriori semplificazioni richieste

UPPI vede nei cambi di destinazione d’uso una possibilità di miglioramento e propone ulteriori ampliamenti per la sanatoria. “I mutamenti di destinazione d’uso che non interessino gli elementi strutturali dell’immobile e senza aumenti di volumetria o di superficie utile non siano mai considerati mutamenti d’uso urbanisticamente rilevanti, soprattutto se utili ai processi di rigenerazione urbana”, ha dichiarato UPPI. “La flessibilità nell’utilizzo degli immobili è fondamentale per adattarsi alle esigenze moderne e promuovere uno sviluppo urbano dinamico e sostenibile”.

UPPI ha proposto anche ulteriori ampliamenti dei margini della sanatoria, ad esempio chiarendo che lo stato legittimo dell’immobile sia provato solo sulla base dell’ultimo titolo abilitativo ottenuto dalla PA, senza dover presentare anche il “permesso di costruire spesso introvabile”. “Questo semplificherebbe enormemente le procedure per i proprietari e sbloccherebbe molte situazioni di stallo”.

UPPI ha chiesto che “le difformità edilizie eseguite in corso d’opera non imputabili all’acquirente vanno sanate se il cosiddetto abuso è stato realizzato entro la data di ultimazione della costruzione: troppo spesso i costruttori hanno effettuato modifiche ‘silenziose’ al progetto senza che l’acquirente lo sapesse, soprattutto sino al 1983. La regolarizzazione non dovrebbe costare più di 516,00 euro ad unità immobiliare escludendo importi enormi, commisurati al valore dell’immobile o al doppio del valore venale”.

 

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