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Il CNDCEC e la FNC, con un documento pubblicato ieri, hanno fornito un approfondimento in materia di “Falso in attestazioni e relazioni nel Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza” e, in particolare, con riferimento alle disposizioni di cui agli artt. 342 e 344 del DLgs. 14/2019.

Innanzitutto, è precisato che bene giuridico tutelato è quello della veridicità delle attestazioni rese dal professionista indipendente; il fine ultimo è quello di garantire l’interesse dei creditori e dei terzi affinché basino le proprie decisioni su informazioni complete e corrette.

Si rende colpevole del reato di falso in attestazioni e relazioni il professionista che, ai sensi dell’art. 342 del DLgs. 14/2019, espone informazioni ovvero omette informazioni rilevanti in ordine alla veridicità dei dati contenuti nel piano e dei documenti ad esso allegati.

L’oggetto della falsa attestazione, dunque, è rappresentato dal piano sebbene limitato alle ipotesi del piano attestato di risanamento (art. 56 comma 4 del DLgs. 14/2019), degli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 57 comma 4 del DLgs. 14/2019), della convenzione di moratoria (art. 62 comma 2 lett. d) del DLgs. 14/2019), del concordato preventivo (art. 87 comma 3 del DLgs. 14/2019) e della transazione fiscale nel concordato (art. 88 comma 1 e 2 del DLgs. 14/2019).

Ulteriormente contemplata anche l’ipotesi di falsa attestazione del professionista rispetto alle proposte concorrenti di concordato (art. 90 comma 5 del DLgs. 14/2019) e all’essenzialità delle prestazioni per la prosecuzione dell’attività aziendale e per la migliore soddisfazione dei creditori (art. 100 del DLgs. 14/2019).

Di contro, il CNDCEC precisa che posta la tassatività dell’elencazione e l’impossibilità, trattandosi di reati, di poter procedere con un’applicazione analogica o estensiva della norma, sfuggono alla falsa attestazione quelle ulteriormente introdotte dal Codice della crisi come, ad esempio, con riferimento alla veridicità dei dati aziendali e alla fattibilità del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (art. 64-bis comma 3 del DLgs. 14/2019).

Se l’oggetto del reato è rappresentato dal piano, la condotta punita si concretizza sia nell’esposizione di informazioni false sia nell’omissione di informazioni rilevanti. In ogni caso la condotta deve essere propria, cioè perpetrata dal professionista stesso, e dolosa, cioè posta in essere con coscienza.

Mentre la verifica di una falsa informazione potrebbe risultare più agevole – mediante confronto con il dato reale – ben più complessa appare la verifica dell’omissione che, invece, pone la necessità di introdurre il concetto di rilevanza.
La rilevanza va valutata in ragione alla sua capacità di indurre i creditori ad accettare l’accordo, piuttosto che il tribunale ad ammettere la proposta.
Ne consegue che l’omissione dovrebbe giudicarsi tale da incorrere nel reato quando questa è, giustappunto, rilevante sia sotto un profilo quantitativo sia qualitativo.

In ogni caso la condotta inerisce la sola veridicità dei dati e non anche il giudizio di fattibilità che, evidentemente, è frutto di una prognosi di cui non può assicurarsi il suo avverarsi. La rilevanza penale, dunque, si limita alle attività del professionista indipendente relative alla completezza e alla correttezza della base informativa nonché dei metodi e dei criteri utilizzati per formulare la prognosi di fattibilità.

In tal senso, l’applicazione dei principi di attestazione dei piani di risanamento da parte del professionista consente di delimitare il campo di rilevanza del reato.
Il reato di falsa attestazione in merito alla veridicità dei dati può colpire anche l’OCC (art. 344 comma 3 del DLgs. 14/2019).

Poiché al gestore, nell’ambito della propria relazione particolareggiata, è spesso richiesto di esprimersi non solo su dati, ma anche su comportamenti – la diligenza impiegata ovvero le ragioni dell’incapacità ad adempiere – deve ritenersi che la veridicità non possa estendersi alle informazioni a carattere valutativo.
Ai sensi dell’art. 344 comma 4 del DLgs. 14/2019, al gestore è comminata la medesima pena prevista per la falsa attestazione anche quando si sia reso colpevole di omissioni o ritardi senza giustificato motivo, tali da arrecare un danno ai creditori.

In tal senso, la condotta è punita solo quando l’omissione crei un pregiudizio ai creditori sebbene la locuzione “senza giustificato motivo” generi qualche dubbio in merito alla necessità di precisare la qualità del non facere.

 

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