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«La domanda di credito è diminuita, i tassi certamente scoraggiano chi vuole accendere un mutuo. Un Euribor al 4% non è certo banale: prima degli aumenti erogavamo, sui mutui prima casa, con un Euribor all’1,5%, oggi invece significa pagare il 5,5% contro l’uno e mezzo di qualche anno fa», spiega Giovanni Combi, presidente di Banca della Valsassina

Il costo del denaro frena prestiti bancari e investimenti delle imprese. Già il rapporto mensile Abi di novembre 2023 registrava nuovi cali (-3,6%) nei prestiti bancari a famiglie e imprese, tendenza confermata in accelerazione a gennaio dalla Banca d’Italia che nel documento su “Banche e moneta” segnalava un calo del 2,6% sui dodici mesi nei prestiti ai privati: per le famiglie il calo è stato dell’1,3%, ma quelli alle imprese hanno toccato il -4%. Così come sui dodici mesi sono calati del 2% i depositi del settore privato.

“Noi non registriamo nessuna esplosione di credito anomalo, che resta in linea con le aspettative e con il trend del periodo precedente al rialzo dei tassi da parte della Bce, ma certamente abbiamo riscontrato una diminuzione di domanda di credito. Le aziende probabilmente si erano già rifornite di liquidità quando i tassi erano molto bassi. Abbiamo notato uno stallo nella domanda di credito ma non un aumento della difficoltà nella restituzione dei prestiti, al di là del fisiologico che c’era anche quando i tassi erano bassi”. Lo afferma Giovanni Combi, presidente di Banca della Valsassina, che sottolinea come dal proprio osservatorio risulti che di fatto le aziende non stiano investendo, nemmeno utilizzando risorse proprie.

“Abbiamo interpellato 60 aziende – aggiunge Combi – fra cui solo 3 avevano in programma di investire nel futuro prossimo. Altre non lo avrebbero fatto nel breve termine e secondo me ciò accade per due ragioni: l’economia è in contrazione, soprattutto nel settore metalmeccanico che dopo un 2023 da record ora registra ordini sensibilmente diminuiti. Inoltre certamente l’aumento dei tassi fa la propria parte. Questi due fattori combinati spingono le imprese a non intraprendere a breve nuovi investimenti”.

La banca non rileva difficoltà in aumento nei rimborsi delle rate dei mutui, ma anche per le famiglie “la domanda di credito è diminuita, i tassi certamente scoraggiano chi vuole accendere un mutuo. Un Euribor al 4% non è certo banale: prima degli aumenti erogavamo, sui mutui prima casa, con un Euribor all’1,5%, oggi invece significa pagare il 5,5% contro l’uno e mezzo di qualche anno fa. La differenza sulla rata pesa notevolmente. E comunque l’investimento nella casa sta cambiando, le persone preferiscono non rischiare e abbassano dimensioni, e quindi valore, degli immobili da comprare”.

Ci sono rinnovi contrattuali in corso che dovrebbero intervenire a mitigare gli effetti dell’inflazione, “ma fino ad oggi i salari erano rimasti fermi e il costo della vita era schizzato a livelli che non si vedevano da anni. Unendo le rate di mutuo più pesanti e la minor disponibilità dovuta all’inflazione, ciò crea uno stallo anche nella domanda di finanziamenti. Peraltro mi aspetto un’esplosione di domanda per il credito al consumo, dove siamo di fronte a tassi che superano il 10%”.

Circa le aspettative sull’andamento dei tassi Combi ricorda che mentre negli Stati Uniti l’economia sembra ancora forte e c’è la ragionevole probabilità che i tassi non scendano, “in Europa abbiamo un’economia debole e sembra che per la prima volta la Bce potrebbe non essere più un follower della Federal Reserve e iniziare quindi a tagliare i tassi prima degli americani. Ci si aspetta che ciò accada già da giugno. Ma sono aspettative più che certezze, anche perché la Bce ci ha abituati ad agire in modo anche inaspettato e contraddittorio nell’ultimo periodo. Soprattutto da quando c’è Lagarde fare previsioni è difficile”.

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