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BARI – Una cena, anzi «un banchetto», organizzato il 28 agosto 2023 al Grand Hotel di Rosa Marina. Roba di un certo livello (frutti di mare e aragosta annaffiati da Dom Perignon) con dieci persone intorno al tavolo. Una serata da sogno, che Mari Lorusso ha anche immortalato sul suo Instagram dove fino al giorno dell’arresto campeggiavano le immagini di feste e viaggi esplosivi. C’è solo un problema. Suo marito, Giacomo Olivieri, si è dimenticato di saldare il conto: 4.500 euro, lasciati sospesi con il classico «passo domani».

Fatto sta che l’avvocato barese non si è più rivisto. E il proprietario dell’Ostuni Rosa Marina Resort, la Rosagest di Venezia che fa capo all’imprenditore monopolitano Leonardo Marseglia, ha chiesto (invano) un decreto ingiuntivo per 5.500 euro. La vicenda emerge perché Rosagest, come altri creditori di Olivieri, è intervenuta in un procedimento esecutivo avviato da Amco (la società di cartolarizzazione del ministero dell’Economia) per conto della Popolare di Vicenza, creditrice di 2,6 milioni dalla società Madonna di Grottole e dello stesso Olivieri. Amco, dopo aver fatto pignorare a Olivieri il vitalizio da consigliere regionale, ha agito su alcuni immobili dell’avvocato. Nella procedura (davanti al giudice Antonio Ruffino del Tribunale di Bari) sono intervenuti altri creditori.

L’Agenzia delle Entrate Riscossione per 7,8 milioni di tasse non pagate, due coniugi di Adelfia, un fornitore di arredamenti di Bari che avanza 30mila euro, il proprietario di un immobile nel centro di Bari che reclama 17mila euro per fitti non pagati. Poi l’American Express per una carta di credito con cui Olivieri ha fatto acquisti per 111mila euro. Di nuovo la stessa Amco, con un mutuo della Popolare di Bari non pagato per 452mila euro. E ancora la Multiservizi, cui Olivieri (che ne è stato presidente, nominato da Michele Emiliano) deve 111mila euro a seguito di una condanna per danno erariale.

Dal 2011 al 2020 Giacomo Olivieri e la moglie hanno fatto registrare spese per 15,2 milioni di euro. Hanno sottoscritto quote societarie e titoli (2,6 milioni), acquistato immobili (2 milioni), investito in polizze vita (1,8 milioni) e soprattutto si sono garantiti un tenore di vita elevatissimo, con spese familiari valutate in 3,4 milioni in un decennio: automobili, viaggi, vacanze, acquisti nei negozi. In quello stesso periodo la coppia ha però ottenuto guadagni ufficiali per circa 2,59 milioni. Le fonti lecite totali (in cui sono compresi i finanziamenti bancari e quelli ottenuti da società) sono di «appena» 6,9 milioni. La sproporzione, pari a poco meno di 9 milioni, spiega perché lunedì la Polizia di Stato ha proceduto al sequestro di tutto il patrimonio dell’avvocato barese finito in carcere, con la moglie consigliera comunale e il padre ex oncologo dell’Irccs di Bari finiti ai domiciliari.

I sigilli, disposti dal Tribunale di sorveglianza che ha anche imposto a Olivieri la sorveglianza speciale, sono scattati anche sugli immobili oggetto del pignoramento in corso, oltre che su altri immobili, conti correnti, quote societarie intestate a prestanome, e sulla villa di Polignano compreso il suo contenuto di arredi. Sequestrata anche la Fondazione Maria Rossi Olivieri onlus, cui risultano intestati beni immobili (anche questi oggetto di pignoramento) tra cui una importante masseria di Polignano. E ancora ville e terreni a Polignano e Conversano, appartamenti a Bari e Polignano, una villa nel complesso Neapolis di Polignano, un b&b a Bari vecchia intestato formalmente al suocero Vito Lorusso), un appartamento in viale Japigia acquistato in un’asta giudiziaria, ma anche box e locali commerciali sul lungomare di Bari, in via Carrante e a Japigia. Tutti beni, stimati tra i 10 e i 15 milioni, affidati all’amministrazione dell’avvocato barese Domenico Liantonio.

Una situazione di benessere era soltanto apparente, come dimostra la storia della cena a Rosa Marina. «La somma complessiva – annota il Tribunale riferendosi al valore del patrimonio – assume valore nominale prossimo all’importo totale dei finanziamenti via via concessi: tanto dimostra l’incapacità ab origine dell’Olivieri e delle società ed enti a lui riconducibili, di onorare i prestiti ottenuti». Insomma, i soldi giravano e poi sparivano. I giudici valorizzano infatti anche una frase intercettata dell’avvocato, davanti a un funzionario di banca evidentemente compiacente che si preoccupa di trovare un modo per aiutarlo: «Io non ho intestato nulla! Io non ho neanche gli occhi per piangere!».

 

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