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Con la Legge del 27 gennaio 2012, n. 3 (modificata dal Decreto Legge n. 179/2012, convertito nella Legge 221/2012) il legislatore italiano ha introdotto una nuova procedura volontaria di ristrutturazione della crisi da sovraindebitamento destinata ai soggetti esclusi dall’ambito di applicazione delle procedure concorsuali.

La legge prevede tre diversi tipi di procedimento:

a) l’accordo di ristrutturazione dei debiti;
b) il piano del consumatore;
c) la liquidazione del patrimonio.

Il piano del consumatore prevede la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti, attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei crediti futuri. Tale strumento è accessibile al consumatore, in stato di sovraindebitamento ai sensi e per gli effetti dell’art. 6, comma 2°, lettera b) della legge in esame, ossia al debitore persona fisica che abbia assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta, in possesso dei presupposti giuridici oggettivi e soggettivi richiesti dalla legge nonchè dei requisiti formali ( tra cui il possesso della documentazione tutta richiesta dalla legge( art. 7-8-9 e 12 bis della legge in esame).

L’accordo di ristrutturazione dei debiti è invece destinato a tutti i debitori non fallibili secondo i criteri di cui all’art. 1 della l.fall. L’accordo può perfezionarsi se vi è il consenso dei creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti: circostanza questa non prevista nel caso del piano del consumatore.

Con la liquidazione del patrimonio, in alternativa alla proposta per la composizione della crisi, il debitore, in stato di sovraindebitamento e per il quale non ricorrono le condizioni di inammissibilità di cui all’articolo 7, comma 2, lettere a) e b), può chiedere la liquidazione di tutti i suoi beni.

La legge non esclude la possibilità per gli imprenditori che esercitino ancora attività d’impresa e che versino in stato di sovraindebitamento di proporre accordi al fine di estinguere i propri debitori: istituto questo mutuato dalla legge fallimentare che prevede all’art. 186 bis l’ipotesi del concordato preventivo in continuità d’impresa.

L’accordo proposto in continuità d’impresa ed il piano del consumatore vengono accomunati dalla normativa in esame dal limite di cui all’art. 8 della medesima legge.

Ed infatti, la richiamata disposizione prevede che «la proposta di accordo con continuazione dell’attività d’impresa e il piano del consumatore possono prevedere una moratoria fino ad un anno dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione».

La ratio della norma, sulla scorta dell’ipotesi del concordato preventivo in continuità di azienda, è evidentemente quella di tutelare il creditore privilegiato, il quale privato del soddisfacimento del proprio diritto attraverso la cessione del bene sul quale ricade il diritto di garanzia, riscuote il pagamento del debito in un lasso di tempo ragionevole, ossia entro un anno dalla omologazione del piano e/o dalla omologazione dell’accordo.

Ed infatti, l’obiettivo della conservazione del bene accomuna sia il consumatore, che tenta attraverso il piano di mantenere l’immobile familiare, che l’imprenditore in attività, che tende a tutelare il bene strettamente necessario all’attività di azienda.

Ora, il problema che pone il limite temporale di cui alla richiamata disposizione è se il piano e/o l’accordo che preveda un arco di tempo maggiore per il pagamento dei creditori privilegiati soddisfi comunque i requisiti della legge. Ciò in particolare nell’ipotesi del piano del consumatore, atteso che, come già rilevato, in tale ultimo caso non è prevista la fase del consenso dei creditori, ma solo il vaglio del Giudice.

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Sul punto in giurisprudenza si sono registrate pronunce contrastanti tra di loro.

Ed infatti, vi è chi ha ritenuto che è possibile applicare una moratoria ultrannuale per il pagamento dei crediti muniti di privilegio sia per quanto riguarda il piano del consumatore, sia per quanto riguarda l’accordo di ristrutturazione in continuità d’impresa (Trib. fermo 26 ottobre 2015; trib. Mantova 29/05/2018) e chi, invece, ha escluso la possibilità che il pagamento dei creditori privilegiati possa avvenire anche dopo la scadenza della moratoria annuale (Trib. Prato, 19 luglio 2017; Trib. La Spezia 13 giugno 2018; Trib. Napoli Nord 5 dicembre 2017).

Sul punto è intervenuta recentemente la Suprema Corte di Cassazione la quale ha chiarito che il termine di cui all’art. 8 ha natura sostanziale e non già processuale, con la conseguenza che l’applicazione della moratoria ultrannuale incide sulla struttura del rapporto obbligatorio condizionando la esigibilità e l’adempimento della prestazione. Ne deriva che, in assenza di consenso espresso, non è possibile dilatare ulteriormente detto termine (cfr Cass. Civ. 23.02.2017 n° 4451).

Il ragionamento logico giuridico che sottende l’orientamento della Suprema Corte si fonda sui principi, consolidati nel tempo, della moratoria dei creditori muniti di cause di prelazione nell’ambito del concordato preventivo in continuità di azienda ex art. 186 bis: principi questi orientati alla tutela dei creditori privilegiati che, seppur soddisfatti non integralmente – benchè in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione – riescano comunque a riscuotere il proprio credito in un lasso di tempo non superiore ad un anno.

Ora, se nell’ipotesi di accordo in continuità il limite di cui alla richiamata disposizione può essere superato attraverso il consenso del creditore, chiamato a votare ai fini della omologazione, ci si pone il problema dell’ammissibilità della moratoria ultrannuale nell’ipotesi del piano del consumatore, ove la fase di voto dei creditori non è prevista dalla legge.

La soluzione giunge dalla giurisprudenza di merito (cfr Tribunale di Rovigo del 13.12.2016) la quale ha ritenuto di derogare alla moratoria annuale, nel piano del consumatore, attraverso la stipulazione di un accordo esterno al piano con il creditore ipotecario prima del deposito del ricorso presso il Tribunale: si tratta di un patto para concordatario avente ad oggetto la rateazione del debito privilegiato ultrannuale, ma in quanto esterno escluso dal piano e sottoposto al vaglio del tribunale solo per le ragioni anzidette cioè solo ai fini della derogabilità del limite di cui all’art. 8 e non già ai fini di una valutazione di corretto e puntuale adempimento.

(Altalex, 12 marzo 2019. Articolo di Vincenza Palazzolo)

 

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