Può ottenere la sanatoria straordinaria del terzo condono edilizio, in zona vincolata, il semplice cambio di destinazione d’uso (funzionale, senza opere), da casa agricola ad “ordinaria” abitazione residenziale, inerente un “fabbricato rurale” di 80 mq, in quanto si tratta di una “depotenziata” fattispecie di manutenzione straordinaria o di risanamento conservativo.
Il terzo condono edilizio in zona vincolata continua a tenere banco e stavolta ci imbattiamo in una pronuncia da evidenziare, visto che ammette la sanatoria straordinaria per un cambio di destinazione d’uso (senza opere) da casa agricola ad “ordinaria” abitazione residenziale, inerente un “fabbricato rurale” di 80 mq.
I giudici amministrativi romani (sentenza 4370/2024 del 4 marzo) la inseriscono nella categoria 3 dell’Allegato 1 del DL 269/2003, che sappiamo essere ammessa, assieme alle categorie 1 e 2, alla sanatoria straordinaria in zona vincolata (off limits invece per i nn. 4, 5 e 6).
Il cambio di destinazione d’uso senza opere è manutenzione straordinaria
La domanda di condono presentata si riferisce esclusivamente un “immobile rurale”, anzi, per la precisione, concerne il semplice “cambio di destinazione d’uso di una casa agricola a casa ad uso abitazione”, riguardo ad un immobile, ultimato entro il termine di condono, regolarmente assentito (con provvedimento del 3 luglio 1996 rilasciato al dante causa agricoltore) come casa rurale, con oneri concessori quantificati e versati e con tipo di abuso classificato alla tipologia “3”.
Non sono state chieste in sanatoria interventi di manipolazione edilizia.
È stato richiesto, cioè, condono per mero cambio di destinazione da immobile per uso agricolo-rurale a immobile per uso residenziale ordinario, in zona a ridosso di un’area completamente urbanizzata.
Il condono è ammesso e il diniego è illegittimo
Il condono è stato respinto perché, trattandosi di un abuso realizzato su area gravata da vincolo paesistico e compresa nel perimetro di un parco, sarebbero astrattamente sanabili solo interventi minori.
La motivazione, però, secondo il TAR è stereotipata e apodittica nei presupposti, nell’excursus e nelle conclusioni raggiunte.
Si tratta, infatti, di condono edilizio relativo ad una porzione di un immobile (80 mq) già esistente, destinato ad abitazione della ricorrente e della sua famiglia, senza la realizzazione di alcuna opera.
Dal punto di vista paesistico ambientale, pertanto, l’impatto dell’abuso in questione sull’ambiente circostante è nullo.
Insomma, si tratta di un semplice cambio d’uso meramente funzionale di un immobile ad uso abitativo-residenziale non più per una famiglia o persone dedite all’agricoltura, dal ché deriva a parte la regolarità urbanistica, la condizione edilizia-fiscale della “ruralità”, bensì per soggetti dediti ad altra attività.
Terzo condono edilizio in zona vincolata: per essere sanabile, l’abuso deve essere “minore”. Le caratteristiche
Il terzo condono edilizio non è consentito, a priori, se ha ad oggetto “abusi maggiori” (cioè riconducibili a quelli di cui alle tipologie 1, 2 e 3 della tabella allegata al DL 269/2003) commessi in zona sottoposta a vincolo posto in epoca anteriore alla realizzazione delle opere, ciò indipendentemente dal tipo di vincolo, se di inedificabilità assoluta o relativa.
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Cambio d’uso senza opere: è manutenzione straordinaria depotenziata. Ok al condono
In definitiva, il cambio di destinazione d’uso da abitazione agricolo-rurale a residenziale non è comparabile con quelle di diverso tipo, che non a caso implicano sempre interventi edilizi spesso cospicui, con aumento del c.d. carico urbanistico.
Nel caso di specie, la casa di abitazione mantiene intatta la sua consistenza e destinazione abitativa ad uso di persone, che un tempo dedite all’attività agricola, ora non lo sono più.
E’ quindi inamissibile che, per questo mutamento di condizione, debbano essere demolite tutte le case ex agricole-rurali, che magari abbiano pure un rilievo paesistico o, comunque, rappresentino testimonianza di civiltà e di attività produttive primarie di un certo pregio.
Un condono edilizio, inerente la perdita della condizione di ruralità dell’immobile, senza svolgimento di opere edilizie, è assimilabile ad una “depotenziata” fattispecie di manutenzione straordinaria o di risanamento conservativo (e, quindi, di mero riadattamento funzionale) e, dunque, ad un intervento minore sanabile, non certo ad una qualche forma preclusa dal condono di ristrutturazione edilizia e/o di altro intervento intrinsecamente non sanabile.
Il mutamento d’uso in questione, senza alcun aumento di volumetria, non può essere classificato come intervento edilizio non sanabile, in quanto l’uso sostanziale dell’immobile era ed è rimasto abitazione e il venir meno del collegamento in se stesso considerato con alcuna azienda agricola non integra gli estremi della radicale trasformazione, che caratterizza, invece, la ristrutturazione edilizia.
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