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In questo approfondimento vi parleremo di pensione minima per donne: ecco una pratica guida per saperne i più su requisiti e modalità (scopri le ultime notizie sulle pensioni e su Invalidità e Legge 104. Leggile gratis su WhatsApp, Telegram e Facebook).

Pensione minima per donne: ci sono differenze?

Quando parliamo di pensione minima per donne è opportuno chiarire che in relazione all’integrazione al trattamento minimo, questa spetta in egual modo e in egual misura alle donne quanto agli uomini.

Per la pensione minima, infatti, è necessario essere titolari di un trattamento previdenziale (di vecchiaia, di anzianità o anticipato) e possedere un reddito personale o da coniugato inferiore alle soglie rivalutate ogni anno secondo i dati ISTAT.

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Pensione minima requisiti

L’importo del trattamento è di 598,61 euro, ovvero circa 31 euro in più al mese rispetto al 2023 (567,94 euro), per un importo annuo di 7,781,93 euro (nel 2023 era di 7.383,22 euro), a cui aggiungere il bonus perequativo del 2,7% fino al 31 dicembre 2024, per un totale di 614,77 euro al mese.

limiti di reddito per il trattamento minimo per lavoratori dipendenti sono i seguenti:

  • 7.781,93 euro – reddito personale per l’integrazione al minimo per intero;
  • tra 7.781,93 euro e 15.563,86 euro – reddito personale per l’integrazione al minimo in misura ridotta;
  • oltre 15.563,86 euro – non si ha diritto all’integrazione al minimo.

Per le pensioni con decorrenza compresa nell’anno 1994, i limiti sono i seguenti:

  • 31.127,72 euro – reddito coniugale per l’integrazione al minimo per intero;
  • tra 31.127,72 euro e 38.909,65 euro – reddito coniugare per l’integrazione al minimo in misura ridotta;
  • oltre i 38.909,65 euro – non si ha diritto all’integrazione al minimo.

Per le pensioni con decorrenza successiva all’anno 1994, i limiti reddituali sono i seguenti:

  • 23.345,79 euro – per l’integrazione al minimo in misura intera;
  • tra 23.345,79 euro e 31.127,72 euro – per l’integrazione al minimo in misura ridotta;
  • oltre i 31.127,72 euro – non si ha diritto all’integrazione al minimo.

Pensione per donne: quali differenze?

Entrando più nello specifico nel sistema pensionistico italiano, possiamo notare delle differenze tra uomini e donne per l’accesso ad alcune misure previdenziali.

Pensione minima a che età?

Per la pensione di vecchiaia, i requisiti di accesso sono invariati: 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi versati.

L’unica differenza, ma vale sia per gli uomini che per le donne, sta nel periodo di contribuzione: se i contributi sono stati versati totalmente a partire dal 1° gennaio 1996, per accedere alla pensione è necessario aver maturato un assegno di importo pari o superiore a 1,5 volte il valore dell’Assegno sociale per l’anno in corso.

Pensione anticipate per donne: quali differenze?

Spostandoci sulle formule anticipate, invece, le cose cambiano: le donne hanno diritto a riduzioni dell’anzianità contributiva e a sconti anagrafici, a seconda dei figli avuti.

Partiamo dalla pensione anticipata ordinaria, introdotta il 1° gennaio 2012 dalla legge Fornero. Se agli uomini occorrono 42 anni e 10 mesi di contributi per accedere a questa tipologia di pensione, alle donne sono richiesti 41 anni e 10 mesi, un anno in meno. A prescindere dall’età anagrafica.

Altre differenze sono previste per la pensione anticipata contributiva, che dà diritto ai contributivi puri (ovvero a coloro che sono privi di anzianità contributiva antecedente al 1996) di andare in pensione con 64 anni di età e 20 anni di contributi.

Dal 1° gennaio 2024, per avere diritto a questa prestazione, bisognerà aver maturato un assegno che sia pari a 3 volte il valore dell’Assegno sociale.

Ma per le donne è previsto un doppio “sconto”, in base ai figli avuti: alle donne con un figlio è richiesto un assegno di importo pari a 2,8 volte l’Assegno sociale; alle donne con due o più figli un assegno di importo pari a 2,6 volte l’Assegno sociale.

Pensione anticipate per donne: quando influisce il criterio figli?

Il criterio figli interviene anche in altre due misure pensionistiche anticipate: l’Ape Sociale e Opzione Donna.

Per l’accesso all’Ape Sociale (a 63 anni e 5 mesi di età) è richiesta un’anzianità contributiva che varia dai 30 anni per disoccupati, invalidi e caregiver ai 36 anni per i lavoratori gravosi, passando per i 32 anni di contributi richiesti ai lavoratori edili.

Alle donne spetta un’agevolazione contributiva che riduce gli anni di contributi da versare: un anno in meno per le donne con un figlio (dunque, 29, 31 o 35 anni di contributi a seconda della categoria di riferimento) e due anni in meno per le donne con due o più figli (dunque, 28, 30 e 34 anni di contributi).

L’altra misura influenzata dal criterio figli è Opzione Donna, in questo caso riservata alle sole lavoratrici che hanno compiuto 61 anni di età e versato 35 anni di contributi.

Ma le mamme sono privilegiate: è previsto uno “sconto” di un anno sull’età anagrafica (60 anni) per chi ha un figlio e due anni sull’età anagrafica (59 anni) per chi ha due o più figli.

BONUS OVER 55, 60, 65 e 75 ANNI

Pensione per donne con invalidità: cosa sapere?

Un’altra differenza sostanziale tra uomini e donne riguarda l’età anagrafica di accesso alla pensione di vecchiaia per invalidi civili.

Agli uomini occorrono 61 anni di età, 20 anni di contributi e un’invalidità civile pari o superiore all’80%. Alle donne, in possesso dei medesimi requisiti contributi e sanitari, “bastano” 56 anni di età. Compresi i 12 mesi di finestra mobile.

In caso di cecità assoluta, il diritto alla pensione spetta a 56 anni di età (agli uomini) e a 51 anni di età (alle donne).

Pensione per donne: quali alternative?

Oltre alle prestazioni di natura previdenziale, alle donne sono riservate altre due misure pensionistiche: la pensione per casalinghe e l’Assegno sociale.

La prima prevede il pensionamento al compimento del 57° anno di età, per coloro che hanno versato almeno 5 anni di contributi nel Fondo pensione, e maturato un assegno pari o superiore a 1,2 volte il valore dell’Assegno sociale.

Altrimenti si può andare in pensione con 65 anni di età e almeno 5 anni di contributi versati, senza limiti di importo.

Alle donne casalinghe riconosciute invalide dopo l’iscrizione al fondo, spetta la pensione di inabilità, a prescindere dall’età anagrafica, se in possesso di almeno 5 anni di contribuzione.

L’Assegno sociale, invece, spetta a uomini e donne, con un’età pari o superiore a 67 anni, senza distinzione di importo. Non è richiesta alcuna anzianità contributiva, ma solo il rispetto di un requisito reddituale universale.

Per ottenere l’Assegno sociale (534,41 euro per 13 mensilità) occorre avere un reddito inferiore a 6.947,33 euro annui, elevati a 13.894,66 euro, se il soggetto è coniugato.

Pensione minima per donne
Pensione minima per donne: in foto una donna con un fiore poggiato sull’occhio destro.

Faq sulla pensione per donne

Come si calcola la pensione netta dalla pensione lorda?

Per calcolare la pensione netta a partire dalla pensione lorda, bisogna sottrarre l’IRPEF, il Bonus IRPEF (l’ex Bonus Renzi) e le addizionali comunali e regionali. A queste sottrazioni si aggiungono poi le detrazioni spettanti, fino a ottenere il valore netto. La pensione viene erogata al pensionato in maniera netta, con un importo detassato e migliorato per le detrazioni spettanti.

Che cos’è l’IRPEF e come influisce sulla pensione?

L’IRPEF è un’imposta che viene applicata anche ai redditi da lavoro e, di conseguenza, influisce sul calcolo della pensione. L’IRPEF va a agire sulla pensione lorda, trattenendo una quota di essa per il fisco. Esistono 4 scaglioni di IRPEF applicati a seconda della fascia di reddito. Ad esempio, su un reddito di 13.000 euro, bisogna versare il 23% di IRPEF, quasi 3.000 euro all’anno.

Cosa cambia tra pensione contributiva e pensione retributiva?

Quando parliamo di pensione contributiva o retributiva ci riferiamo ai due differenti modi di calcolare la pensione, in base al periodo in cui è maturata l’anzianità contributiva. Con la riforma delle pensioni approvata dal governo Dini nel 1995, è stato introdotto il metodo contributivo, che prende in considerazione soprattutto i contributi versati dal lavoratore.

Fino al 1995, la pensione veniva calcolata esclusivamente col metodo retributivo, con il quale veniva preso come riferimento l’importo della retribuzione lorda annua percepita dal lavoratore o dalla lavoratrice negli ultimi anni della sua vita lavorativa (più altri elementi, altrettanto importanti). Con l’avvento del sistema contributivo, gli importi delle pensioni hanno subito un brusco calo, rispetto agli assegni calcolati col sistema retributivo.

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