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Non è stato il primo, Michele Verdi, a decidere di togliersi la vita per un debito che gli avrebbe potuto portare via il suo lavoro, la sua casa e tutti i suoi beni messi insieme con fatica in 53 anni. Ma la sua storia potrebbe segnare un punto. E tracciare un nuovo inizio. Almeno questo è ciò che si augura il Movimento Legalità, che ha seguito Michele nella sua lotta, prima e dopo la sua morte: «Dopo il suicidio di Michele si è attivata una campagna di solidarietà e adesso il debito sta per essere saldato, salvando la proprietà della famiglia Verdi – spiega la presidente del Movimento Legalità Rachele Ciardo -. Questa è una buona notizia. Ma non ci restituirà Michele. È per questo che è necessario andare avanti, affinché questi episodi non accadano più. A questo proposito, stiamo dialogando con le istituzioni per una proposta di legge, che possa sostenere le famiglie che si trovano in simili situazioni». 

Il racconto del figlio

Michele Verdi aveva 53 anni. Era titolare di un’azienda zootecnica in provincia di Bari, tra Laterza e Altamura, a cavallo tra le province di Taranto e quella di Bari. Sono passati quasi tre mesi dalla mattina del 4 gennaio scorso, quando ha deciso di togliersi la vita, non molto lontano dalla masseria dove viveva con la sua famiglia. E che temeva di perdere.
«È difficile anche solo rivivere mentalmente quel giorno» dice Arcangelo, il figlio di Michele. Se gli si chiede come sia stato affrontare quel momento, lui ribalta la questione. E risponde: «Il problema è che quel momento non si riesce ad affrontare, perché è stata una tragedia. Non è stata una morte naturale. Ogni volta che entro nella stalla o in ogni momento in cui penso a mio padre è sempre aperta una ferita. Non è facile». 

L’asta e la decisione di togliersi la vita

Arcangelo viveva in quella masseria insieme ai suoi genitori, a sua moglie e alle sue due bambine, una di quattro e una di un anno. Secondo la stima del consulente tecnico d’ufficio, quella azienda valeva 330 mila euro. Ma era stata messa all’asta e stava per essere venduta alla cifra simbolica di 24.700. Proprio il 4 gennaio un potenziale acquirente, prima di partecipare all’asta, era andato a vedere la proprietà. Michele, di quella situazione, non aveva detto niente a sua moglie. E, temendo di perdere ogni cosa, ha deciso di farla finita. 

La sospensione, ma il debito rimane

Il giorno dopo la tragedia, il legale della famiglia Verdi, Antonella Semeraro, ha presentato istanza di sospensione per il grave evento, accolta dal giudice. Ma il debito di 40 mila euro è rimasto intatto. È stato allora che il Movimento Legalità ha lanciato una raccolta fondi. «L’asta a seguito della tragedia è stata sospesa, ma serve estinguere definitivamente la procedura esecutiva, per questo si chiede anche una piccola donazione. Grazie»: questo il messaggio che l’associazione aveva diffuso, indicando direttamente il conto di Arcangelo Verdi, figlio di Michele. E, contemporaneamente, aveva attivato anche una raccolta sul sito Go Fund Me

La battaglia per la masseria

«Ricordiamo quel giorno nitidamente: l’arrivo dell’ambulanza, l’attesa, il pathos. E, dopo l’episodio, è scattata la solidarietà del nostro gruppo perché Michele era nostro associato e stavamo già condividendo la partita. L’aver ricevuto queste donazioni porta libertà alla famiglia, per mettere in sicurezza l’azienda», aggiunge Paolo Giannico, nella duplice veste di vice presidente del Movimento Legalità e di cugino della moglie di Michele. E dichiara: «Ma le cose devono migliorare e abbiamo già avviato un percorso in questa direzione. Bisogna modificare tutto l’iter delle vendite all’asta. Perché un’azienda agricola dev’essere sottratta da quella spada, perché è uno strumento di lavoro. E se si blocca non si ha più il reddito per soddisfare il debito o il mutuo. È come un cane che si morde la coda. Un vicolo cieco. Un po’ di tempo in più può salvare una vita». 

Corsa contro il tempo

Adesso, per salvare la proprietà di Michele Verdi, passata a suo figlio Arcangelo, mancano soltanto 6 mila euro. Da raccogliere «entro l’udienza dell’11 aprile, giorno in cui i creditori potrebbero richiedere le nuove vendite», come precisa l’avvocata Semeraro. «Quando abbiamo ricevuto i primi sostegni economici abbiamo capito che non eravamo soli, perché c’era l’appoggio delle persone che ci stanno vicino. E questo è stato un grande aiuto. Abbiamo intravisto uno spiraglio di luce», conclude Arcangelo. E adesso, alla famiglia Verdi, quello spiraglio di luce sembra realtà.

1 aprile 2024

 

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