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In occasione del rogito di un atto di compravendita immobiliare il notaio rogante è sempre tenuto ad effettuare tutti gli accertamenti prodromici all’atto, necessari ad identificare il bene che ne è oggetto e a garantirne la libertà da vincoli.

Questo, in sintesi, è quanto statuito dalla Suprema Corte di Cassazione, che con l’ordinanza n. 21775 (scarica il testo in calce) in commento ha ribadito il predetto obbligo notarile alla luce del generale principio di buona fede e correttezza, inteso in senso oggettivo.

La Corte ha fatto salvi unicamente i casi di esonero espresso del notaio (per motivi di urgenza o per altre ragioni), che tuttavia devono essere previsti mediante specifica clausola da inserire nel contratto di prestazione professionale, che ne diviene parte effettiva ed integrante. 

Sommario

I fatti di causa

La pronuncia trae origine dal ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Brescia aveva confermato la decisione di primo grado di rigetto dell’azione risarcitoria proposta nei confronti di un notaio, rogante un atto di compravendita immobiliare stipulato tra una S.r.l. ed una S.a.s..

Malgrado la stipula dell’atto, l’acquisto della S.a.s. non si era perfezionato poiché era stato successivamente accertato che uno dei danti causa della S.r.l. non aveva mai acquistato la proprietà degli immobili, circostanza non rilevata dal notaio in occasione del rogito.

La S.r.l. ed il cessionario del credito risarcitorio oggetto di causa ricorrevano quindi per cassazione.

Il ricorso per cassazione: i motivi

I ricorrenti lamentavano in primis che la Corte d’Appello avesse errato ritenendo provata la proprietà degli immobili oggetto di causa e considerando un mero atto divisionale (peraltro poi risultato falso) l’anello base della sequenza ventennale di trascrizioni, utile ai fini dell’acquisto originario dei beni a titolo di usucapione.

In particolare la Corte di merito aveva considerato irrilevante l’omessa, diligente esecuzione delle visure immobiliari da parte del notaio rogante. Un adempimento che, qualora fosse stato realizzato, avrebbe invece consentito di far emergere il difetto di continuità delle trascrizioni, esonerando peraltro lo stesso notaio da responsabilità (in tal caso, infatti, il mancato conseguimento del risultato perseguito dall’acquirente non sarebbe dipeso da causa a lui imputabile).

I ricorrenti evidenziavano inoltre come il notaio non avrebbe dovuto arrestarsi a fondare l’acquisto sul richiamato atto divisionale (di per sé inefficace a garantire la continuità delle trascrizioni), dovendo piuttosto risalire ad un titolo di acquisto idoneo ad esso antecedente.

Ciò a maggior ragione in un caso, come quello di specie, in cui erano emerse anomalie e le parti lo avevano espressamente sollecitato ad eseguire controlli completi ed accurati.

Veniva infine contestata l’erronea ricostruzione operata dalla Corte di merito, laddove aveva ritenuto l’atto di divisione idoneo a far decorrere il periodo ventennale utile ai fini dell’usucapione, mentre in realtà la trascrizione di tale atto è atipica, avendo natura meramente dichiarativa.

La giurisprudenza di legittimità sulla responsabilità notarile da omessi adempimenti

Esaminando i motivi di ricorso la Corte muove da un breve excursus delle proprie pronunce in punto di responsabilità del notaio rogante per omissione degli adempimenti accessori all’atto.

A tal proposito rammenta che, da tempo ormai risalente, il notaio officiante un contratto di compravendita immobiliare è vincolato al compimento delle attività necessarie a conseguire il risultato voluto dalle parti, in particolare ad effettuare le visure catastali e ipotecarie atte ad individuare esattamente il bene e a verificare che sia libero da vincoli (in tal senso Cass., 28/7/1969, n. 2861 e più recentemente Cass., 24/9/1999, n. 10493 e Cass., 18/1/2002, n. 547).

La sussistenza di tale obbligo è stata argomentata dapprima muovendo dal combinato disposto degli artt. 2913 c.c. e 28 della Legge Notarile (in ragione della funzione pubblica del notaio), nonchè dagli artt. 4 e 14 del D.P.R. n. 640 del 1972, in base ai quali il notaio è tenuto all’attività di verifica catastale ed ipotecaria, al fine di accertare la condizione giuridica ed il valore di un immobile – attività peraltro distinta dalle normali indagini prodromiche alla stipulazione dell’atto – (in tal senso Cass., 23/7/2004, n. 13825).

In seguito si è arrivati a sottolineare che l’opera prestata dal Notaio non si esaurisce nel mero accertamento della volontà delle parti e di direzione nella compilazione dell’atto, estendendosi anche alle attività preparatorie e successive, volte ad assicurare gli effetti tipici che ne derivano oltre che il risultato pratico perseguito dalle parti (in tal senso Cass., Sez. Un., 31/7/2012, n. 13617).

Sulla base di tali premesse la fonte dell’obbligo notarile è stata via via ravvisata dalla Corte di legittimità, ora nella diligenza che il notaio è tenuto ad osservare, ora nell’esecuzione del contratto d’opera professionale che lo lega al cliente, riconducibile allo schema negoziale del mandato.

Si è quindi affermato che la responsabilità del notaio è esclusa solo in caso di espresso esonero (per motivi di urgenza o per altre ragioni), previsto mediante apposita clausola appositamente inserita nella scrittura, che come tale non deve considerarsi una mera formula di stile bensì una parte integrante del contratto, purché sia giustificata da esigenze concrete delle parti (così Cass., 1/12/2009, n. 25270).

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La fonte dell’obbligo notarile: il principio di buona fede in senso oggettivo

Ciò premesso, la Corte chiarisce che la fonte dell’obbligo notarile non risiede tanto nella diligenza professionale qualificata, cui il Notaio sarebbe tenuto in esecuzione del contratto d’opera che lo lega alle parti, bensì nel generale principio di buona fede, nell’accezione di cui all’art. 1175 c.c.

Buona fede, dunque, intesa in senso oggettivo, cioè come una regola di comportamento improntata al dovere di solidarietà fondato sull’art. 2 della Costituzione, che impone al soggetto, pur in assenza di uno specifico obbligo contrattuale, il compimento di quanto necessario o utile alla salvaguardia degli interessi di controparte, seppur nei limiti di un sacrificio apprezzabile.

Una regola di condotta, ricorda la Corte, dalla cui violazione discendono peraltro profili di responsabilità e che è fonte di un impegno che tuttavia va parametrato alle condizioni del caso concreto, alla natura del rapporto e alla qualità dei soggetti coinvolti (in tal senso Cass., 30/10/2007, n. 22860).

Ne consegue che nel contratto di prestazione d’opera professionale l’obbligo di buona fede (in senso oggettivo) deve valutarsi alla luce della causa concreta dell’incarico conferito al professionista e dunque anche al notaio, che laddove officiato della stipulazione di un contratto di trasferimento immobiliare sarà senz’altro onerato di effettuare le visure ipocatastali (in tal senso si vedano Cass., 20/8/2015, n. 16990; Cass., 16/3/2006, n. 5868).

L’esame del caso concreto: la decisione della Corte di Cassazione

Muovendo da tali considerazioni la Corte rileva che la pronuncia di merito ha parzialmente disatteso tali principi.

Pur avendo accertato un difetto di continuità delle trascrizioni e della sequenza di acquisti a titolo originario dal dante causa all’avente causa, la Corte d’Appello ha infatti irragionevolmente escluso la responsabilità del notaio rogante, affermando addirittura che avesse eseguito l’incarico conferitogli utilizzando “la dovuta diligenza richiesta”.

E’ dunque condivisibile quanto lamentato dai ricorrenti, ovvero che il Notaio non avrebbe dovuto arrestare la propria indagine al richiamato atto divisionale ma agire alla luce del principio di buona fede e correttezza, effettuando ulteriori accertamenti e risalendo ad un idoneo atto d’acquisto antecedente alla divisione.

Analogamente, qualora avesse riscontrato anomalie nel corso degli accertamenti, avrebbe dovuto informarne tempestivamente la parte acquirente, rifiutando eventualmente il rogito dell’atto di compravendita.

Alla stregua di quanto rilevato la Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d’Appello di Brescia, in diversa composizione, per un nuovo esame della questione in applicazione dei principi indicati, provvedendo anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

CASSAZIONE CIVILE, ORDINANZA N. 21775/2019 >> SCARICA IL TESTO PDF

 

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