Quando si parla di superbonus e imprese edili i dati mostrano una realtà tutt’altro che confortante. Secondo un’elaborazione di InfoCamere su dati del registro delle imprese delle Camere di commercio per Il Sole 24 Ore, sono ben 11.000 le aziende del settore cosiddette “apri e chiudi”, ossia che risultano iscritte dopo settembre 2020 e cessate tra aprile 2022 e settembre 2023. Una fotografia che mostra come tanti soggetti si siano improvvisati esperti del settore per cercare di intercettare un mercato che tra l’altro in un primo momento non presentava particolari limiti.
L’arco temporale preso in considerazione per rilevare le imprese nate dal nulla e poi cessate non è casuale. È infatti proprio a partire dal settembre 2020 che il superbonus 110 per cento trova piena attuazione, dopo la sua introduzione avvenuta con il decreto Rilancio in vigore da metà maggio 2020. A partire poi da aprile 2022 cominciano a cambiare le cose, vengono stabiliti nuovi limiti e a fine 2022 il superbonus passa dal 110 al 90%, fino all’ulteriore taglio a fine 2023 che ha portato il superbonus al 70%. Tutto questo ha spinto le imprese edili nate con l’obiettivo di intercettare il nuovo promettente mercato a chiudere i battenti.
I dati sono stati commentati dalla presidente dell’Ance, Federica Brancaccio, che ha sottolineato: “Purtroppo è un numero che non ci sorprende e che ricorda quello che era già successo ai tempi del bonus facciate. È un dato che corrisponde alla realtà del mercato, perché noi abbiamo visto troppi casi di imprese nate dal nulla, arrivate alla Camera di commercio dalla sera alla mattina per gestire anche lavori da milioni di euro. Sin dall’inizio avevamo chiesto che a eseguire lavori per il mercato privato con accesso ai bonus edilizi fossero imprese qualificate; sarebbe interessante capire anche quante frodi sono attribuibili a queste imprese”.
I numeri elaborati da InfoCamere sono stati illustrati dal Sole 24 Ore, che ha sottolineato come poco meno di 11.000 sono i soggetti che si sono iscritti dopo settembre 2020 e che hanno abbandonato il registro nel corso del 2022 o nel 2023. Il quotidiano economico ha anche evidenziato il fatto che “le cifre, ovviamente, non raccontano da sole il motivo della cancellazione, che è in generale un fenomeno fisiologico e non può essere tutta attribuita all’andamento del mercato del superbonus. È, però, molto chiaro che, con il passare dei trimestri, c’è una tendenza all’aumento di queste uscite in tutti i settori”.
In base a quanto emerso, nel secondo e terzo trimestre 2022 si contano tra le 1.200 e 1.300 unità in meno; a fine 2022 si arriva sopra alle 1.700 unità in meno per superare le 3.000 uscite all’inizio del 2023; nel secondo e terzo trimestre del 2023 si arriva a 1.800 imprese in meno.
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