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Bonus facciate: cosa accade se nella causale del bonifico viene inserito, per errore, un numero di fattura diverso da quello effettivo?

Per poter usufruire del bonus facciate (legge n. 160 del 27 dicembre 2019 – art. 1, commi 219-224) occorre, tra gli altri requisiti, effettuare il pagamento degli interventi di ristrutturazione mediante bonifico bancario o postale dal quali risultino: la causale del versamento, il codice fiscale del beneficiario della detrazione, il numero di partita Iva o il codice fiscale del soggetto a favore del quale è effettuato il bonifico e, se possibile, gli estremi normativi (legge n. 160 del 2019).

Una causale incompleta o contenente un errore materiale non pregiudica il

diritto alla detrazione qualora essa abbia comunque consentito all’istituto bancario o postale di applicare la ritenuta d’acconto a carico del beneficiario del pagamento. Difatti, il bonifico bancario o postale è strumentale all’applicazione della ritenuta d’acconto, che le banche e poste Italiane devono operare nei confronti di coloro in favore dei quali vengono accreditati compensi per la realizzazione di interventi di recupero del patrimonio edilizio (Circolare n. 43/3 del 2016).

Ciò vuol dire che la concessione della detrazione non è pregiudicata se la causale consente comunque di effettuare l’applicazione della ritenuta. Tanto è stato ribadito anche dalla giurisprudenza: “qualunque sia la detrazione della quale il contribuente intende beneficiare, l’errata indicazione della causale non andrà a comprometterne l’applicazione, a patto però che sia tutto in regola con gli altri requisiti previsti (fatture, schede tecniche, asseverazioni, ecc). Un errore, invece, che richiede necessariamente la correzione – pena la nullità dello sconto fiscale – è quello del cosiddetto bonifico “non parlante”, vale a dire quando sul bonifico viene dimenticata la causale. L’assenza della causale, infatti, non permette di effettuare la ritenuta, e automaticamente preclude la concessione del bonus. In tal caso, quindi, l’unica soluzione percorribile è quella di far presente l’errore alla ditta, chiedere il rimborso dell’importo già pagato, e provvedere a un secondo versamento con un nuovo bonifico”

(CTR Lombardia sent. n. 1281/2020).

La sentenza in questione prende spunto dalla circolare 11/E del maggio 2014, “nell’ipotesi in cui l’indicazione nella causale del bonifico dei riferimenti normativi della detrazione per la riqualificazione energetica in luogo di quella per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio sia dovuta a un mero errore materiale e non abbia pregiudicato l’applicazione della ritenuta d’acconto, si ritiene che la detrazione possa comunque essere riconosciuta, nel rispetto degli altri presupposti previsti dalla norma agevolativa. Le medesime conclusioni – si legge infine – possono applicarsi anche nel caso opposto in cui, per un errore materiale, nella causale del bonifico siano stati indicati i riferimenti normativi degli interventi di recupero del patrimonio edilizio in luogo di quelli della detrazione per la riqualificazione energetica degli edifici, fermo restando il rispetto dei presupposti per la fruizione di quest’ultima detrazione“.

Ebbene, nel caso di specie, pur essendo corretti i riferimenti normativi, risulta errato il numero di fattura. Tuttavia, deve ritenersi che tale errore non infici il diritto alla detrazione per due ragioni: a) la legge non prevede, tra i requisiti del bonifico, l’indicazione del

numero di fattura. Difatti, per espresso richiamo normativo, si applica il Decreto Mef n. 41/1998 secondo cui “il pagamento delle spese detraibili è disposto mediante bonifico bancario dal quale risulti la causale del versamento, il codice fiscale del beneficiario della detrazione ed il numero di partita IVA ovvero il codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato”; b) i dati indicati nel bonifico consentono di individuare in maniera incontrovertibile i soggetti e l’oggetto dell’operazione di pagamento e il beneficiario del versamento, ai fini della corretta applicazione della ritenuta.

Articolo tratto da una consulenza dell’avv. Maria Monteleone

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