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L’accelerazione, per certi versi inattesa, è diventata certezza l’altra sera, quando sul sito del Dipartimento del programma di Governo è stato reso noto il contenuto del Dpcm (Decreto del presidente del Consiglio) relativo alla Zes unica e in particolare alla «Definizione dell’organizzazione della Struttura di missione Zes» e alle «competenze degli uffici». La data è del 29 novembre scorso ma quella che conta è 1 gennaio 2024: perché da quel giorno cesserà il ruolo dei Commissari straordinari delle otto Zes istituite nel 2017 nel Mezzogiorno e delle relative strutture di collaboratori. Con l’inizio del nuovo anno insomma «i commissari straordinari nominati ai sensi del decreto-legge n. 91 del 2017 cessano dal proprio incarico», si legge nel decreto.

Funzioni, pratiche di investimento e strumenti operativi, a partire dallo sportello unico digitale che nell’ultimo anno ha dato una svolta importante alle Zes, saranno di esclusiva competenza della Struttura di missione prevista dalla Legge Fitto presso Palazzo Chigi.

Era già così, per la verità, all’indomani della conversione in legge del Decreto Sud, voluto dal ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrrr Raffaele Fitto. Ma la novità delle ultime ore è che il passaggio di consegne avverrà subito e non, come sembrava probabile considerata la complessità dell’operazione, dopo qualche mese. Niente periodo ponte, insomma nonostante che la stessa Legge Fitto, in previsione evidentemente dei tempi di nomina e di insediamento della Struttura di missione, avesse previsto che le competenze dei Commissari di governo si sarebbero estese dall’1 gennaio 2024 a tutto il territorio delle regioni che ospitano le Zes in attesa del passaggio di consegne. Il Dpcm reso noto l’altra sera azzera questa prospettiva e applica alla lettera la tempistica indicata dalla legge: dall’1 gennaio finirà la storia delle Zes e dei loro commissari e inizierà quella della Zes unica, con la gestione accentrata a Palazzo Chigi e affidata, appunto, alla Struttura di missione.

Anche la costituzione di quest’ultima, fondamentale per non creare vuoti e discontinuità operativa con le strutture attuali, è indicata nel Dpcm. La sua composizione prevede un coordinatore generale (si era pensato a una figura manageriale ma nelle ultime ore ha preso corpo l’ipotesi di un avvocato dello Stato) e due uffici di livello dirigenziale, ognuno con due servizi di livello dirigenziale non generale. La dotazione di personale ammonterà a 60 unità non dirigenziali per un costo complessivo presunto di 5,1 milioni all’anno. 

Insomma, si volta pagina in fretta rispetto a un’esperienza che dopo un lungo e sicuramente eccessivo periodo di rodaggio e di incertezza aveva iniziato a correre con le proprie gambe. E proprio questo elemento ha pesato non poco nell’ampio e spesso polemico dibattito che ha accompagnato l’annuncio del governo sull’istituzione della Zes unica e sulle possibili scadenze operative.

Molto critiche le opposizioni parlamentari, perplessa Confindustria che aveva chiesto di essere ascoltata nelle fasi attuative del provvedimento tenendo i possibili colli di bottiglia nel passaggio da vecchio a novo sistema, costretti agli straordinari da liquidazione gli otto commissari e i loro staff. Lo smantellamento delle otto Zes dovrà infatti concretizzarsi in meno di 15 giorni e il rischio che la corsa contro il tempo produca intoppi e confusione non è da escludere (oltre tutto, a quanto pare, l’accelerazione indicata dal Dpcm non sarebbe stata ancora notificata agli interessati). Tra i dubbi per così dire procedurali ci sarebbero anche quelli relativi al personale utilizzato nelle Zes. Nel senso che dal 2024 i dipendenti provenienti da altre amministrazioni locali dovrebbero rientrare in servizio ma alcuni di essi (non è il caso della Campania, a quanto pare) arrivano da altre regioni e non sarà semplice per loro ripristinare la precedente funzione. Per non parlare del fatto che entro fine mese tutte le pratiche avviate e concluse dai commissari, con la relativa rendicontazione, dovranno essere inserite nella piattaforma Regis del ministero delle Finanze e anche in questo caso non è detto che tutto filerà liscio considerata la necessità di fare presto.

Il ministro e il governo, di sicuro, non hanno mollato di un centimetro sulla Zes unica, più volte definita lo strumento necessario ad allargare a tutto il Mezzogiorno la sua attrattività nei confronti dei potenziali investitori, anche stranieri, con uno sguardo al nuovo ruolo che dovrebbe svolgere in chiave euromediterranea. Obiettivo ambizioso ma che Palazzo Chigi giudica funzionale alla strategia di spendere bene le risorse destinate al Sud e di non escludere alcuna area dai benefìci previsti dalla legge istituiva delle Zes. Il credito d’imposta, cioè, che al momento ammonta a 1,8 miliardi, e le misure di sburocratizzazione che hanno di fatto azzerato tutti i procedimenti autorizzativi precedenti. Ma sul futuro della Zes unica peserà soprattutto il Piano strategico che dovrà essere messo a punto dalla Struttura di missione e che potrebbe ridefinire competenze e obiettivi della Zona economica speciale, alla quale potrebbe anche far capo la nuova Decontribuzione Sud di cui l’Ue ha approvato l’ulteriore proroga al 30 giugno 2024 ma che Palazzo Chigi e Fitto vogliono rendere strutturale. 

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