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Il fideiussore che agisce come persona fisica per finalità non professionali è un consumatore e la competenza spetta al foro speciale.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 34515 del 16 novembre 2021, ha affrontato la questione della possibilità o meno di qualificare come consumatore il soggetto che riveste la posizione di fideiussore nei contratti bancari, allo scopo di determinare il foro competente.
La questione si pone in quanto l’art. 3 Codice del Consumo definisce:

  • il professionista come persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale;
  • il consumatore come persona fisica che agisce per scopi estranei a tali attività.

Da qui si trae la centralità del dato teleologico per qualificare un soggetto come consumatore e, di conseguenza, per individuare il foro competente ai sensi dell’art. 18 c.p.c.

Ebbene, nella motivazione di tale recente provvedimento, la Suprema Corte richiama l’orientamento tradizionale della giurisprudenza di legittimità – espresso ad esempio in Cass., n. 314/2001 – per cui il fideiussore del professionista va qualificato egli stesso come professionista c.d. di riflesso.
Tanto si afferma proprio in considerazione del richiamato dato teleologico: quando si tratta di una fideiussione che accede a contratti bancari, non si può non ritenere infatti che lo scopo dell’operazione sia unitario, di talchè la qualifica di professionista del debitore principale “attrae” anche il garante.

Da tale orientamento, tuttavia, si discosta la recente pronuncia della Corte. Ciò che è ritenuto determinante ai fini dell’applicazione della disciplina consumeristica, infatti, non è tanto l’oggetto del contratto garantito quanto la qualità delle parti del contratto di garanzia.
Se, dunque, il fideiussore ha agito nell’ambito di un’attività estranea all’esercizio della propria professione, egli potrà essere qualificato come consumatore.
Così esprimendosi, la Cassazione si pone sulla scia di quanto già di recente affermato:

  • dalla Corte di Giustizia, con le sentenze c.d. Tarcau del 2015 e c.d. Dumitras del 2016;
  • dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 742 del 16 gennaio 2020.

La fattispecie giunta al vaglio degli Ermellini, nello specifico, aveva ad oggetto un contratto di mutuo bancario finalizzato all’acquisto di una farmacia da parte del mutuatario, garantito dalla moglie nella veste di fideiussore. Nell’ambito di tale rapporto, era stato notificato un decreto ingiuntivo al fideiussore senza il rispetto delle speciali regole di competenza previste dall’art. 18 c.p.c.
Questo, allora, aveva eccepito l’incompetenza territoriale del Tribunale, deducendo di aver stipulato la fideiussione non in qualità di professionista ma soltanto a fini personali, per aiutare il marito ad ottenere il finanziamento, e invocando il foro del consumatore.
Il Tribunale, tuttavia, aveva respinto la prospettazione della parte ingiunta, ritenendo che fosse corretto qualificarla come professionista: la Signora, infatti, era dipendente presso un’altra farmacia, sicchè da ciò si poteva dedurre che la garante sia stata direttamente compartecipe dell’operazione economica intrapresa dal marito.
La vicenda è poi giunta in Cassazione, che invece ha ritenuto che il fideiussore fosse mosso esclusivamente dal rapporto di coniugio con il debitore e lo ha perciò qualificato come consumatore.



 

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