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«Deve considerarsi spontaneo (e non avvenuto coattivamente, all’esito ed in virtù di un processo esecutivo) l’adempimento dell’obbligazione posto in essere a seguito di intimazione di precetto di pagamento, così come quello che eventualmente
avvenga anche dopo il pignoramento, ma prima che il processo esecutivo sia definito con la distribuzione del ricavato della vendita dei beni pignorati o della relativa assegnazione, nonché quello effettuato allo scopo di evitare il pignoramento stesso, onde, in tutte tali ipotesi, non può in alcun modo ritenersi preclusa – in virtù del pagamento stesso – la successiva ordinaria azione di ripetizione di indebito; a tal fine, nessun rilievo può attribuirsi alla possibilità per l’intimato di proporre opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 Cpc, la quale resta un rimedio facoltativo la cui mancata proposizione non ha di per sé, sul piano sostanziale, alcun effetto preclusivo della possibilità per il debitore di esperire una successiva azione di ripetizione di indebito ». Questo il principio enunciato in motivazione, ai sensi dell’articolo 384 Cpc dalla Sezione III della Cassazione con ordinanza 8 giugno 2021 n. 15963.

Un principio inedito
Non risultano precedenti esattamente in termini.
In tema di ripetizione di indebito si è precisato, tra l’altro, in sede di legittimità:
– in ipotesi di estinzione dell’obbligazione pecuniaria per effetto dell’adempimento spontaneo di un terzo, secondo la previsione dell’articolo 1180 Cc, il pagamento resta riferibile a quest’ultimo, al quale soltanto, pertanto, spetta l’azione di ripetizione dell’indebito oggettivo, secondo il principio per cui è chi esegue il pagamento non dovuto a poterne richiedere la restituzione, Cassazione, ordinanza, 3 dicembre 2019, n. 31579, che ha confermato la decisione della corte di merito, che aveva negato il diritto dei richiedenti alla restituzione delle somme versate in forza di un decreto ingiuntivo pronunciato nei loro confronti e poi revocato, perché il pagamento era stato eseguito da un terzo (nello stesso senso, altresì, Cassazione, ordinanza 21 novembre 2019, n. 30446;
– all’assicuratore della responsabilità civile il quale pur non avendo partecipato al relativo giudizio abbia, per gli effetti di cui al comma secondo dell’articolo 1917 Cc, pagato direttamente al danneggiato la somma che l’assicurato è stato condannato a corrispondere a titolo di risarcimento con sentenza di primo grado immediatamente esecutiva, spetta, qualora detta sentenza sia riformata in appello con il rigetto della domanda risarcitoria, l’azione di ripetizione di indebito oggettivo ex articolo 2033 cod. civ., attesa la inesistenza di una legittima causa solvendi, senza che importi che il pagamento sia avvenuto spontaneamente, Cassazione, ordinanza 10 maggio 2013, n. 11121; sentenza 10 novembre 1998, n. 11315, in Assicurazioni, 1999, II, p. 121;
– in materia di mantenimento del figlio minore, i pagamenti spontaneamente eseguiti in favore del nipote dal nonno paterno producono l’effetto, di cui all’articolo 1180 Cc, di estinguere – anche contro la volontà della creditrice – l’obbligazione del padre, e, quindi, di paralizzare la domanda proposta dalla madre, ai sensi dell’articolo 2033 Cc, di ripetizione delle somme corrisposte per il mantenimento in epoca precedente all’introduzione della causa, Cassazione sentenza 17 febbraio 2011, n. 3916;
– il principio dell’irripetibilità, da parte dell’ente pubblico, delle somme spontaneamente corrisposte ai propri dipendenti e da questi riscosse senza dolo non è applicabile nel rapporto fra medici generici convenzionati ed unità sanitarie locali, il quale esula dall’ambito del pubblico impiego (per mancanza dell’elemento della subordinazione) e configura un rapporto di prestazione d’opera professionale autonoma, ancorché con i connotati della collaborazione continuativa e coordinata; pertanto, l’USL che ha eseguito l’indebito pagamento ha diritto, ai sensi dell’articolo 2033 Cc, alla restituzione della somma erogata al professionista – indipendentemente dalla scusabilità o inescusabilità dell’errore in base al quale ha effettuato il pagamento – ed inoltre agli interessi sulla somma predetta, con decorrenza dal giorno del pagamento o della domanda a seconda che l’accipiens sia stato in malafede o in buonafede all’atto della riscossione, Cassazione, sentenza 6 luglio 1992, n. 8209, in Archivio civile, 1992, p. 1272. (In termini opposti, il principio dell’irripetibilità delle somme indebitamente percepite in buona fede dal dipendente pubblico a titolo di retribuzione è applicabile anche con riguardo a compensi (nella specie, quote di carovita) indebitamente percepiti da medici convenzionati con una USL – sebbene il rapporto di tali lavoratori (cui è estranea la tutela ex articolo 36, comma 1, Cost.) sia di parasubordinazione – sempreché, peraltro, la ripetizione di tali compensi risulti idonea (in rapporto non al solo trattamento erogato dall’USL ma ai ricavi della complessiva attività professionale dei sanitari) a compromettere le esigenze di vita dei medici predetti, avendo carattere subordinato (rispetto all’accertamento di tale presupposto) l’indagine sul requisito (pure necessario) della buona fede dell’accipiens, Cassazione, sentenza 10 ottobre 1992, n. 11057, in Giustizia civile, 1993, I, p. 1568).
Per utili riferimenti, nel senso che pagamento di un debito altrui, eseguito del solvens volontariamente, ma non spontaneamente, a causa del comportamento illegittimo dal creditore (nella specie, che pretendeva di coinvolgerlo in una procedura fallimentare obiettivamente ingiusta), non è riconducibile allo schema dell’indebito soggettivo in difetto del pagamento dell’errore del solvens, ma rientra nella disciplina generale dell’articolo 2033 Cc – trattandosi di pagamento pur sempre privo di causa debendi e non eseguito con la volontà di estinguere l’altrui debito – sicché dà diritto alla ripartizione del pagamento, Cassazione, sentenza 16 marzo 1995, n. 2814, in Giurisprudenza italiana, 1996, I, 1, c. 228, con nota di Lascialfari M., Esecuzione consapevole di prestazione non dovuta: tra pagamento di indebito e adempimento del debito altrui, nonché in Giustizia civile, 1995, I, p. 2761, con nota di Casini F., Volontarietà, consapevolezza e spontaneità del pagamento dell’indebito.
In termini generali, il pagamento effettuato in esecuzione di una pattuizione contrattuale successivamente dichiarata nulla è ripetibile, perché non può qualificarsi come adempimento di un’obbligazione naturale in quanto non è possibile rinvenire il presupposto della spontaneità né quello dell’esecuzione di un dovere morale o sociale, Cassazione, ordinanza 27 giugno 2017, n. 15954.
Con specifico riferimento alla materia tributaria cfr. per la precisazione che con riguardo a violazione di obblighi posti dalla disciplina normativa dell’IVA, il credito dell’amministrazione finanziaria per pena pecuniaria sorge fin dal momento della data della commissione dell’infrazione, il contribuente che abbia pagato volontariamente una parte di tale credito non può pretenderne la restituzione qualora, avendo proposto opposizione avverso l’avviso di rettifica della dichiarazione annuale, definisca la controversia a seguito di dichiarazione integrativa ai sensi del decreto legge 10 luglio 1982 n. 429, convertito in legge 7 agosto 1982 n. 516, senza applicazione di pena pecuniaria, perché in materia di IVA, sulla base delle richiamate disposizioni, non è prevista la restituzione di quanto spontaneamente pagato, non potendo trovare applicazione le norme codicistiche in tema di arricchimento senza causa o di indebito arricchimento di fronte alle particolari disposizioni contenute nella citata legge sulla definizione agevolata delle controversie fiscali, Cassazione, sentenza 21 agosto 1993, n. 8856, in Vita notarile, 1993, p. 1533 (Nello stesso senso, Cassazione, sentenza 27 febbraio 1996, n. 1523) .

 

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