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La politica di stretta monetaria della BCE sta ottenendo l’effetto previsto: i prestiti erogati ad imprese e famiglie dal sistema bancario sono in crollo a causa dei costi di finanziamenti, cioè dei tassi elevati. Proviamo a dare un po’ di numeri…

La politica intrapresa dalla BCE, volta a contenere e a ridurre l’inflazione con l’aumento dei tassi, ha avuto un effetto diretto sui prestiti bancari.

Nell’arco dell’ultimo anno è stata registrata una stretta creditizia da 64 miliardi di euro. La riduzione ha sfiorato il 5%. Con una riduzione pari a 57 miliardi di euro, le banche hanno iniziato a tagliare i finanziamenti a tutte le imprese.

I numeri non sono positivi nemmeno per quanto riguarda i prestiti rilasciati alle famiglie, il cui saldo è negativo per 7 miliardi di euro.

I mutui sono sostanzialmente fermi, mentre il credito al consumo è cresciuto di 6 miliardi di euro. Male i prestiti personali, che hanno registrato un crollo di oltre 13 miliardi di euro.

A mettere in evidenza questi numeri è il Centro Studi di Unimpresa, che ha sottolineato come la clientela degli istituti di credito sia in difficoltà ad onorare le scadenze dei prestiti.

Le sofferenze sono cresciute del 10% nell’arco degli ultimi dodici mesi, arrivando a quota 18 miliardi di euro dai precedenti 16 miliardi. I maggiori incrementi sono stati registrati nel corso dei primi nove mesi del 2023.

Al contempo, però, sono in aumento le aziende che preferiscono autofinanziarsi, per non dover sopportare i costi dei finanziamenti. Ma entriamo un po’ più nel dettaglio.

 

Prestiti alle imprese: i numeri di un tracollo

prestiti imprese tassi altiIl Centro Studi Unimpresa scatta una fotografia precisa e dettagliata sull’andamento del mercato dei prestiti alle imprese in Italia.

Elaborando i dati provenienti dalla Banca d’Italia ha messo in evidenza che, nell’arco dell’ultimo anno, è stata registrata una stretta creditizia da 64 miliardi di euro: i prestiti bancari sono calati del 5%.

Al netto delle cartolarizzazioni, gli impieghi delle banche ai privati sono scesi di 63,7 miliardi di euro, registrando un -4,70%.

I numeri parlano chiaro, perché si è passati dai 1.355,8 miliardi di euro del mese di settembre 2022 a 1.292,1 miliardi di euro dello stesso periodo del 2023.

“È la tempesta perfetta sul credito bancario: tagliati i prestiti alle imprese, mutui fermi e sofferenze in crescita.

Ma è un conto che stanno pagando i cittadini e le imprese, perché le banche, proprio grazie all’aumento dei tassi, macinano utili come mai.

Quest’anno i loro profitti potrebbero superare quota 40 miliardi, secondo le stime più recenti.

Di fatto, le banche sono le uniche a beneficiare della scellerata politica monetaria della Banca centrale europea: si arricchiscono le industrie bancarie, i loro manager, ma l’economia reale soffre e non ha mezzi finanziari per sostenere un periodo che si prospetta difficile,

spiega Giuseppe Spadafora, vicepresidente di Unimpresa.

È inaccettabile che i rappresentanti delle banche dicano che la colpa è delle imprese che chiedono meno prestiti. È la storiella del cavallo che non beve, ma a volte non è per mancanza di volontà.

Può dipendere, invece, dal fatto che la vasca con l’acqua sia inaccessibile o, peggio, che la stessa acqua sia avvelenata”.

 

Il ricorso all’autofinanziamento

L’Istat, attraverso l’ultimo Censimento permanente delle imprese, ha certificato che quattro aziende su cinque, nel corso del 2022, hanno fatto ricorso all’autofinanziamento.

Sostanzialmente l’80,3% degli imprenditori ha utilizzato risorse interne per effettuare degli investimenti.

I numeri di chi utilizza proprie risorse per crescere è in aumento: nel 2011 solo due imprese su tre (ossia il 60,4%), ne facevano ricorso.

Numeri in crescita anche rispetto al periodo pre pandemico, quando questo fenomeno coinvolgeva tre imprese su quattro: il 74,5%.

 

I numeri

Volendo entrare un po’ più nello specifico, i prestiti alle aziende sono calati di 56,9 miliardi di euro, ossia dell’8,42%, passando dai 676,4 miliardi di settembre 2022 ai 619,5 miliardi di settembre scorso.

Risultano essere decisamente in calo:

  • i finanziamenti a breve termine con una durata fino ad un anno, che sono passati da 156,7 miliardi a 136,1 miliardi in calo di 20,6 miliardi (-13,17%);
     
  • i finanziamenti a lungo periodo con una scadenza superiore a 5 anni, che sono passati da 360,6 miliardi a 330,5 miliardi in discesa di 30,1 miliardi (-8,34%);
     
  • il credito di medio periodo con una durata fino a 5 anni, è sceso di 6,2 miliardi (-3,90%) da 159,1 miliardi a 152,8 miliardi.

 

Prestiti: aumentano le sofferenze

Nel corso dei primi nove mesi del 2023 è stata registrata una preoccupante inversione di tendenza per quanto riguarda l’andamento delle sofferenze bancarie.

Sono cresciuti di oltre 3,5 miliardi di euro i crediti malati delle banche, sfiorando un aumento del 25%.

Secondo Unimpresa, le sofferenze nette delle banche a settembre 2023 valevano 17,9 miliardi di euro, mentre nello stesso periodo del 2022 si era fermi a quota 16,2 miliardi.

Nei mesi successivi l’andamento è questo:

  • 16,1 miliardi a settembre 2022;
  • 16,6 miliardi a ottobre;
  • 16,1 miliardi a novembre;
  • 14,2 miliardi a dicembre.

Dal 2023 è cominciata una progressiva risalita:

  • 15,3 miliardi a gennaio 2023;
  • 15,5 miliardi a febbraio;
  • 15,1 miliardi a marzo;
  • 15,2 miliardi ad aprile e a maggio;
  • 16,5 miliardi a giugno;
  • 16,4 miliardi a luglio;
  • 17,9 miliardi ad agosto;
  • 17,7 miliardi a settembre.

Su base annua è stato registrato un lieve calo generale delle sofferenze lorde di 2,4 miliardi (-6,97%) dai 34,8 miliardi di settembre 2022 ai 32,4 miliardi di settembre 2023.

 

A cura di Pierpaolo Molinengo

Giovedì 30 novembre 2023

 

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