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In caso di opposizione al decreto ingiuntivo, superata la fase delle istanze sulla provvisoria esecuzione, è necessario attivare il procedimento di mediazione altrimenti l’effetto sarà quello della revoca del decreto medesimo (Sezioni Unite n.19596/2020).

Sul punto, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 18 settembre 2020, n. 19596 non hanno ritenuto di confermare il precedente orientamento, al centro di numerosi dibattiti, assunto con la sentenza n. 24629 del 2015, ritenendo opportuno intervenire al fine di comporre l’importante contrasto interpretativo su chi abbia l’onere di avviarla, sorto tra le diverse Sezioni Civili che si sono pronunciate sull’argomento,.

La normativa

La mediazione, introdotta nel nostro Ordinamento con il D.lgs. n. 28 del 4 marzo 2010, è definita come “l’attività svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa”.

La stessa definizione consacra l’istituto quale strumento deflattivo del contenzioso e, laddove obbligatoria, costituisce una condizione di procedibilità del giudizio.

L’art. 5 comma 1-bis del d.lgs. 29/2010, nel definire le materie in cui tale Istituto è da considerarsi obbligatorio, rappresenta altresì che, le norme riguardanti la mediazione obbligatoria non si applicano nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione.

È evidente che la ratio legis sottesa a tale disposizione risieda nella circostanza che il procedimento per ingiunzione ha principalmente la funzione di consentire al creditore procedente di costituirsi rapidamente un titolo esecutivo, ancor prima che venga instaurato il contraddittorio. Quest’ultimo, in siffatta procedura, rappresenta infatti una possibilità di difesa rimessa alla determinazione dell’ingiunto che potrà attivarla attraverso le forme dell’opposizione.

L’ordinanza interlocutoria n. 18741 del 12 luglio 2019

Sin dall’emanazione della norma sulla mediazione (d.lgs. n. 28/2010), relativamente alla problematica in esame, sia dottrina che giurisprudenza hanno manifestato serie perplessità di intendimento, su quale parte processuale incombesse l’onere di promuovere il giudizio di mediazione nel caso di instaurazione di giudizio di cognizione a seguito di opposizione a decreto ingiuntivo, stante la mancanza di una espressa disposizione normativa sul punto.

Un primo orientamento giunse con la sentenza n. 24629/2015, nella quale gli Ermellini gravavano siffatto onere sul debitore opponente ritenendolo parte interessata all’instaurazione e alla prosecuzione del processo ordinario di cognizione.

La pronuncia in esame non risultò purtroppo dirimente della questione e, soprattutto, non pose fine al dibattito; ciò, anche alla luce delle numerose pronunce di merito, di segno opposto, intervenute successivamente. Da qui, l’ordinanza interlocutoria volta a promuovere l’intervento nomofilattico delle Sezioni Unite.

La decisione delle Sezioni Unite del 18 settembre 2020, n. 19596;

Con la sentenza richiamata la Corte di Cassazione a Sezioni Unite è intervenuta a dirimere il contrasto giurisprudenziale esistente tra le Sezioni Civili semplici, relativo all’individuazione della parte processuale tenuta ad instaurare la procedura di mediazione obbligatoria in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. Secondo il Supremo Collegio, intervenuto a Sezioni Unite, l’onere processuale di proporre istanza di mediazione è a carico della parte opposta, con l’effetto che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis del d.lgs. n. 28 del 2010, seguirà la revoca del decreto ingiuntivo.

La pronuncia collegiale giunta il 18 settembre 2020, evidenziava che la soluzione offerta dalla sentenza n. 24629/2015 doveva essere superata per una serie di ragioni di carattere testuale, logico e sistematico. Secondo la Suprema Corte, promossa l’opposizione e superata la fase della provvisoria esecuzione non può infatti non emergere la doverosità, per il creditore procedente, di osservare le norme a presidio della mediazione obbligatoria quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale, a nulla rilevando nell’aspetto sistematico globale il differimento del contraddittorio; principio, quest’ultimo, perfettamente coerente con l’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale (fra queste cfr. sentenza n. 98/2014).

Rilevava infine che le conclusioni ermeneutiche cui era pervenuto il provvedimento in esame, potevano, a tutti gli effetti, considerarsi coerenti e in piena armonia con le conclusioni formulate dal medesimo Collegio nelle sentenze 28 aprile 2020, n. 8240 e n.8241, le quali, pur affrontando tematiche “ latu sensu” assimilabili, potevano dirsi perseguire i medesimi principi di riferimento e giungere alle medesime conclusioni.

Il principio di diritto

La Suprema Corte, investita della questione dalla Terza Sezione, ha così pronunciato il seguente principio:

“Ritengono queste Sezioni Unite che l’orientamento inaugurato dalla più volte citata sentenza n. 24629 del 2015 non possa essere confermato e che il contrasto esistente nella giurisprudenza vada composto stabilendo che l’onere di attivare il procedimento di  mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo” … “Militano in questo senso argomenti di carattere testuale, logico e sistematico e tale interpretazione deve ritenersi l’unica costituzionalmente orientata”.



 

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