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Corte di Cassazione –sez. I pen.- sentenza n.48863 del 12-07-2023

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1. La questione: i provvedimenti esecuzione immediata


Il Tribunale di sorveglianza di Campobasso rigettava una opposizione proposta avverso un’ordinanza con la quale lo stesso Tribunale aveva dichiarato non estinta la pena per l’esito negativo dell’affidamento in prova, disponendo per l’effetto che l’opponente fosse sottoposto a trenta giorni di detenzione domiciliare.
In particolare, Il Tribunale riteneva non fondata la doglianza in rito prospettata con l’opposizione e, segnatamente, quella riguardante l’avvenuta violazione del contraddittorio da parte del Tribunale che, prima della decisione assunta, non aveva fissato l’udienza.
Più nel dettaglio, si affermava la correttezza della procedura utilizzata per la declaratoria di esito negativo della prova, rispettosa del dettato di cui all’art. 678, comma 1-bis cod. proc. pen. che richiama l’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., a norma del quale «il giudice provvede in ogni caso senza formalità con ordinanza comunicata al Pubblico ministero e notificata all’interessato».
Ciò posto, avverso questa decisione proponeva ricorso per Cassazione la difesa del condannato che, tra i motivi ivi addotti, deduceva come la misura della detenzione domiciliare, disposta in conseguenza all’esito non positiva della prova, fosse stata erroneamente eseguita nelle more della celebrazione del giudizio di opposizione.

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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


La Suprema Corte riteneva la doglianza summenzionata inammissibile.
Difatti, gli Ermellini, a sostegno di tale esito decisorio, osservavano innanzitutto che, se, nel procedimento di sorveglianza, cui si applicano le regole dettate per il procedimento di esecuzione, vige il principio di ordine generale secondo il quale la relativa decisione è immediatamente esecutiva, non rilevando l’eventuale ricorso per cassazione proposto avverso il provvedimento decisorio, a tale regola fa, tuttavia, eccezione il caso in cui il magistrato o il tribunale di sorveglianza si siano pronunciati de plano, secondo la disciplina dettata dall’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., posto che in tali ipotesi, tra cui rientra quella della decisione sull’esito dell’affidamento in prova, l’esecutività del provvedimento è sospesa in pendenza dell’opposizione, secondo quanto stabilito dall’ultimo periodo del comma 1-ter dell’art. 678 cod. proc. pen. dato che è stato chiarito, in sede interpretativa, che, in materia di provvedimenti del giudice dell’esecuzione, non è configurabile un principio generale di immediata esecutività, dovendo distinguersi tra ordinanze adottate all’esito dell’instaurazione del contraddittorio tra le parti, immediatamente esecutive – in virtù della previsione contenuta nell’art. 666, comma settimo cod. proc. pen., che deroga al principio generale di cui all’art. 588, comma primo cod. proc. pen. – ed ordinanze adottate de plano che, salvo i casi di immediata esecutività espressamente previsti dalla legge o comunque specificamente desumibili dal sistema normativo, diventano esecutive, in caso di mancata opposizione, allo scadere del termine previsto dall’art. 667, comma quarto, cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 36754 del 18/06/2015, omissis, Rv. 264704. In motivazione, la Corte ha evidenziato che il diverso regime di esecutività delle ordinanze emesse de plano rispetto a quelle pronunciate all’esito di contraddittorio, oltre che coerente con il dettato normativo, trova giustificazione nella mancata previsione dell’esercizio del diritto di difesa da parte del destinatario del provvedimento)”.
Di conseguenza, alla stregua di tale approdo ermeneutico, come accennato prima, il Supremo Consesso dichiarava il ricorso proposto (dato che anche l’altro motivo addotto seguiva la medesima sorte processuale) inammissibile e il ricorrente era condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito che, in materia di esecuzione penale, quali provvedimenti sono immediatamente esecutivi e quali no.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che, in materia di provvedimenti del giudice dell’esecuzione, non è configurabile un principio generale di immediata esecutività, dovendo distinguersi tra ordinanze adottate all’esito dell’instaurazione del contraddittorio tra le parti, immediatamente esecutive – in virtù della previsione contenuta nell’art. 666, comma settimo cod. proc. pen., che deroga al principio generale di cui all’art. 588, comma primo cod. proc. pen. – ed ordinanze adottate de plano che, salvo i casi di immediata esecutività espressamente previsti dalla legge o comunque specificamente desumibili dal sistema normativo, diventano esecutive, in caso di mancata opposizione, allo scadere del termine previsto dall’art. 667, comma quarto, cod. proc. pen..
Codesto provvedimento, quindi, ben può essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba stabilire se un provvedimento emesso in sede di esecuzione penale possa reputarsi immediatamente esecutivo (o meno).
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere che positivo.

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Cristina MarzagalliMagistrato attualmente in servizio presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea come Esperto Nazionale Distaccato. Ha maturato una competenza specifica nell’ambito del diritto penale e dell’esecuzione penale rivestendo i ruoli di GIP, giudice del dibattimento, magistrato di sorveglianza, componente della Corte d’Assise e del Tribunale del Riesame reale. E’ stata formatore della Scuola Superiore della Magistratura per il distretto di Milano.

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