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Eurostat mette un punto al Superbonus 110%. Sulla classificazione delle agevolazioni fiscali nei conti pubblici nulla cambia. Il peso dei bonus maturati tra il 2020 e il 2023 continuerà a gravare sul deficit degli anni passati, così come previsto. Per quelli maturati dopo l’adozione dell’ultima riforma, che di fatto ha bloccato sconto in fattura e cessione del credito, i due meccanismi che avevano alimentato l’uso dell’agevolazione e il costo per le casse dello stato, il peso ricadrà sull’anno in cui il credito sarà utilizzato dai beneficiari, quindi spalmato sul futuro. Regge quindi l’impalcatura dei conti pubblici costruita dal ministero dell’Economia e delle finanze e la traiettoria verso il basso del deficit, da cui bisogna rientrare, permettendo di mantenere l’obiettivo tendenziale per fine anno al 4,3%.

Non era scontato. A novembre l’istituto Ue di statistica aveva spiegato che nuove valutazioni sull’agevolazione avrebbero potuto far ricalcolare tutte le decisioni dal 2020 al 2023. L’ennesima buona notizia in settimana per Giancarlo Giorgetti, dopo la vendita della rete Tim alla cordata Kkr-Mef e il via libera europeo alle nozze tra Ita e Lufthansa. Il quadro così come delineato regge a bocce ferme, sempre che ulteriori provvedimenti non cambino le carte in tavola. Nel caso Eurostat si riserva  di valutare il possibile impatto di nuove eventuali interventi normativi, al momento non all’orizzonte. 

Il tema è tecnico e si gioca sulla distinzione tra crediti “pagabili”, come sono considerati quelli fino al 2023, o “non pagabili”, quindi conteggiati soltanto una volta utilizzati dai beneficiari, come invece sono considerati quelli del 2024 (fatta eccesione per quelli di inizio anno precedenti al decreto, che restano pagabili.  La scelta dell’istituto di statistica europeo si basa in gran parte sul calcolo della percentuale di crediti che rischiano di andare persi. Lo scorso novembre, alla vigilia del varo della Nota di aggiornamento del Def, ossia delle previsioni macro-economiche sulle quali costruire la manovra di bilancio, le scelte di Eurostat avevano permesso al governo di attutire il conto dell’indebitamento netto per il 2024 e per gli anni a seguire. Il peso del Superbonus era stato caricato sul deficit 2023, balzato al 7,4% in rapporto al pil, tra i più alti in Europa e costato al governo una procedura per disavanzo eccessivo. il dato era ben oltre il 4,5% ipotizzato nella precedente primavera e anche al 5,3% previsto senza effetto bonus edilizio.L’ultimo decreto voluto dal ministro Giancarlo Giorgetti, che oltre a fermare le cessioni ha messo paletti alla possibilità di portare in compensazione i crediti, serviva proprio allo scopo di tamponare le ricadute sul bilancio statale di una misura arrivata a costare circa 170 miliardi di euro.

Al contrario il Tesoro mira a mantenersi entro le stime indicate a settembre 2023,  migliori rispetto al quadro delineato lo scorso aprile nel Documento di economia e finanza che indicava per il 2025 un indebitamento al 3,7% e per il 2026 al 3%. L’ultimo intervento per arginare i costi del Superbonus, che di fatto ha richiesto di spalmare in dieci anni anziché in quattro l’uso dei crediti fiscali generati dall’agevolazione edilizia, è servito a riportare i due valori in linea con gli impegni presi lo scorso autunno, ossia deficit al 3,6% il prossimo anno e al 2,9% quello successivo (tornando quindi all’interno del limite europeo del 3% nel 2026 e non in un arco temporale più lungo. Il documento con cui Eurostat dà conto delle sue decisioni apre anche uno squarcio sui calcoli fatti da Mef e Istat. Ad esempio si trova una replica ai timori delle banche di avere difficoltà a smaltire i crediti fiscali già acquistati non potendoli utilizzare per compensare contributi e premi assicurativi. Secondo le cifre fornite nel 2023 le banche e le istituzioni finanziarie hanno compensato circa il 34% della loro capacità fiscale sfruttando l’agevolazione.  Secondo le cifre riportate nel documento Eurostat, tolti i contributi e i premi Inail, le banche, nel 2023, avrebbero comunque mantenuto circa il 58% delle loro passività fiscali da poter potenzialmente compensare attraverso i bonus per l’efficientamento energetico, Superbonus compreso.

 

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