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Lo spostamento dell’asse della trave di colmo e la modifica dell’inclinazione del tetto, aumentando la volumetria e l’abitabilità del sottotetto, configurano interventi di ristrutturazione edilizia pesante per i quali è necessario il permesso di costruire

Lo spostamento dell’asse della trave di colmo dell’abitazione e la modifica della sagoma dell’inclinazione del tetto dello stabile, così da ampliare la volumetria di tale unità immobiliare, collocata nel sottotetto, ed estenderne la superficie abitabile, è un intervento di ristrutturazione edilizia pesante che richiede il permesso di costruire senza il quale scattano l’abuso edilizio e l’ordinanza di demolizione.

 

I lavori edilizi del contendere

Lo ha precisato il Consiglio di Stato nella sentenza 5865/2024 del 2 luglio, inerente il ricorso contro dei provvedimenti demolitori che riguardavano alcuni lavori effettuati nel loro immobile durante lavori di manutenzione straordinaria che includevano parti condominiali e abbaini nei sottotetti, autorizzati con DIA del 2008 e successiva variante del 2009.

Gli interventi contestati includevano lo spostamento dell’asse della trave di colmo e la modifica dell’inclinazione del tetto, aumentando la volumetria e l’abitabilità del sottotetto.

Il TAR competente ha respinto il ricorso rilevando che:

  • i ricorrenti sono legittimati passivi in quanto proprietari dell’immobile, sebbene le opere siano state commissionate dal condominio;
  • il comune ha utilizzato correttamente i dati della pratica edilizia del 2008-2009 per verificare l’abusività delle opere;
  • le difformità non rientrano nelle tolleranze costruttive previste dalla legge;
  • l’intervento è stato correttamente qualificato come ristrutturazione edilizia pesante, soggetta al rilascio del permesso di costruire, mancando il quale è passibile di demolizione.

 

Il ricorso

Gli appellanti, tra l’altro, contestano la loro legittimazione passiva, sostenendo che il condominio, non loro, dovrebbe essere responsabile della demolizione.

Inoltre, si contesta la determinazione dello stato legittimo dell’immobile, sostenendo che il comune avrebbe dovuto considerare l’altezza media del controsoffitto indicata nel primo impianto catastale e non solo i titoli edilizi successivi.

 

Demolizione a carico dell’attuale proprietario

In primis, Palazzo Spada ricorda che, come da giurisprudenza assodata, la demolizione di un abuso edilizio deve essere ingiunta all’attuale proprietario dell’immobile non a titolo di responsabilità effettiva, bensì per il suo rapporto materiale con il manufatto.

L’abusività configura una caratteristica di natura reale che segue l’immobile anche nei suoi successivi trasferimenti, con la conseguenza che la demolizione è di regola un atto dovuto e prescinde dall’attuale possesso del bene e dalla coincidenza del proprietario con il realizzatore dell’abuso edilizio.

La sanzione disposta con l’ordinanza di demolizione infatti ha natura riparatoria così che l’individuazione del suo destinatario comporta l’accertamento di chi sia obbligato propter rem a demolire, indipendentemente da qualsivoglia considerazione sull’imputabilità e sullo stato soggettivo (dolo, colpa) del titolare del bene.

Tra l’altro, la circostanza che le opere abusive interessino, oltre alle parti di proprietà esclusiva, anche parti condominiali, con conseguente necessità di acquisizione del consenso degli altri comproprietari al fine di adempiere all’ordine di demolizione, non rileva ai fini della legittimità dell’ordine di demolizione, ma unicamente nella fase successiva di esecuzione e di acquisizione, ove l’interessato dimostri che, pur essendosi attivato, si è trovato nell’impossibilità di adempiere per mancanza del consenso degli altri comproprietari.

 

Lo stato legittimo dell’immobile

Seppure oggi il Decreto Salva Casa ha cambiato le regole in materia di stato legittimo, in questo caso si ribadisce che lo stato legittimo dell’immobile è altra cosa rispetto alla sua consistenza originaria e va desunto dall’ultimo titolo di legittimazione rilasciato; qualora un titolo edilizio esista – e sia proprio lo “scostamento” dallo stesso e la sua richiesta di sanatoria ad attivare il procedimento sanzionatorio – non è certo possibile riferirsi ad un’ipotetica situazione preesistente al titolo stesso, salvo introdurre una forma di improprio e generalizzato condono di tutte le modifiche intervenute medio tempore, legittimate o meno.

 

La tolleranza costruttiva

Anche qui il Salva Casa ha corretto il tiro, ma Palazzo Spada afferma che la mancata dimostrazione dell’errore di calcolo dell’originaria altezza dell’immobile, così come emergente dalla pratica di condono e dalle DIA successive, non consente di condividere quanto affermato dall’appellante in ordine alla riconducibilità delle variazioni nel limite del 2% di tolleranza previsto dall’art. 34 bis d.p.r. 380/2001.

 

Innalzamento del sottotetto: non è manutenzione, è ristrutturazione

Quanto alla corretta qualificazione dell’opera, si evidenzia infine che il presupposto imprescindibile affinché un’opera rientri nella manutenzione straordinaria è che non sia alterata la volumetria complessiva dell’edificio, mentre nel caso di specie la traslazione dell’asse della trave di colmo e la modifica della sagoma e dell’inclinazione del tetto hanno determinato l’ampliamento della volumetria del sottotetto sicché – come osservato dal TAR – l’opera rientra tra gli interventi di ristrutturazione edilizia cd. pesante di cui all’ art. 10, comma 1, DPR 380/2001.


LA SENTENZA E’ SCARICABILE IN ALLEGATO PREVIA REGISTRAZIONE AL PORTALE

 

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