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CARRARA. Fino a poco tempo fa si sarebbe detto che è stato dichiarato fallimento, adesso si chiama “liquidazione giudiziale”, ma la sostanza non cambia. Il tribunale di Massa, accogliendo la richiesta di uno dei creditori, ha dichiarato la liquidazione giudiziale della società Mega Stone Factory, concessionaria della cava 147 Querciola. Insomma, la crisi si fa sentire anche alle cave, e in modo pesantissimo.

Al “fallimento” si arriva perché, tecnicamente, è stata dichiarata inammissibile una precedente domanda di concordato preventivo, perché giudicata non conforme a due articoli del codice della crisi d’impresa. Il 6 maggio 2022, era stato nominato dal Tribunale di Firenze sezione imprese un amministratore giudiziario.A fronte della domanda del creditore, si costituiva, depositando memoria difensiva il 28 marzo dell’anno scorso la stessa Mega Stone Factory, in persona dell’Amministratore giudiziario, Dott. Alessandro Basteri, contestando la fondatezza della domanda. Siamo a giugno 2023 quando viene presentata domanda di concordato preventivo completa. Si costituiva anche un potenziale acquirente, una società della galassia Sagevan, che sarebbe stata pronta ad acquisire la società. Il 22 dicembre scorso, la Mega Stone insieme alla società del gruppo Sagevan insistevano per l’apertura e omologazione del concordato preventivo in continuità, il giudice delegato rimetteva la causa al Collegio per la decisione. Arriviamo ai giorni scorsi (la decisione è stata notificata alle parti ieri) quando il Tribunale di Massa con un proprio decreto dichiarava inammissibile la domanda di omologazione del concordato preventivo, disponendo che si provvedesse in merito alla dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale.

Nella sentenza si ricorda fra l’altro che dall’ultimo bilancio depositato presso la Camera di commercio (bilancio d’esercizio al 31/12/2021), si rileva che l’ammontare dei debiti è indicato in 11.973.938 euro; non solo, a detta dei giudici, «Risulta congruamente dimostrata la sussistenza dello stato di insolvenza, all’esito dell’istruttoria svolta», nel senso che «lo stato di insolvenza delle società che non siano in liquidazione va desunto, non già dal rapporto tra attività e passività, bensì dall’impossibilità dell’impresa di continuare ad operare proficuamente sul mercato, che si traduca in una situazione d’impotenza strutturale (e non soltanto transitoria) a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni, per il venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie allo svolgimento dell’attività». Si ricorda inoltre che il patrimonio netto sia pari al valore negativo di – EUR 4.461.035,00 (bilancio di esercizio al 31/12/2021) e di – EUR 5.149.940,19 al 31/12/2022 (relazione attestazione); inoltre, la società debitrice aveva presentato «due ricorsi per concordato preventivo, uno sotto il vigore della vecchia legge fallimentare, ed uno sotto l’egida del nuovo Codice della crisi, entrambi dichiarati inammissibili, il primo per atti in frode ai creditori, il secondo per violazione delle regole distributive».

In definitiva, è stata aperta la procedura di liquidazione giudiziale di Mega Stone factory srl, giudice delegato è la dottoressa Elisa Pinna, curatore il dottor Fabio Serini di Livorno. La società dovrà depositare in cancelleria entro tre giorni i bilanci e le scritture contabili fiscali obbligatorie, concernenti i tre esercizi precedenti, i libri sociali, le dichiarazioni dei redditi, Irap e Iva dei tre esercizi precedenti, nonché l’elenco dei creditori. Non solo, il curatore deve procedere, secondo le norme stabilite dal codice di procedura civile, ad apporre subito i sigilli su tutti i beni mobili che si trovino presso la sede principale dell’impresa nonché su tutti gli altri beni della società in liquidazione giudiziale, ovunque essi si trovino, e dovrà fare inventario. Il 15 aprile 2024 alle 12,20 in tribunale si terrà l’adunanza per l’esame dello stato passivo.

Inoltre, la sentenza è stata mandata alla procura per quanto di competenza. Al tirar delle somme, da oggi o domani al massimo i quindici lavoratori della cava non potranno più accedere al lavoro. La procedura prevede che il curatore possa chiedere l’esercizio d’impresa, e quindi continuare ad escavare in modo da rendere più appetibile la società in vista di una cessione all’asta. Ma bisogna capire anche cosa farà il Comune, per altro creditore per oltre cinque milioni (e una domanda d’obbligo è: come è potuto accadere che si accumulasse un simile credito?), che in teoria potrebbe anche far partire la procedura di caducazione, anche se così facendo indebolirebbe i cespiti vendibili dalla curatela. Un dilemma. Adesso il primo problema è l’emergenza occupazionale per 15 lavoratori.

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