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Il rilascio del condono edilizio in riferimento
ad opere abusive realizzate su aree sottoposte a
vincoli paesaggistici è sempre subordinato
all’approvazione espressa delle Amministrazioni
preposte alla tutela del vincolo.

La procedura del silenzio-assenso difatti non
risulta applicabile in relazione all’autorizzazione
paesaggistica
, pertanto l’eventuale inerzia dell’organo
competente nel dare una risposta entro i termini di legge deve
sempre essere interpretata come un
silenzio-rifiuto che, al massimo, può essere
successivamente impugnato.

Condono edilizio e autorizzazione paesaggistica: obbligo di
parere espresso 

A spiegarlo è la Corte di Cassazione con la
sentenza
del 12 marzo 2024
,
n.
10243
,
con la quale ha rigettato il ricorso presentato
contro l’ordinanza di demolizione di due immobili
abusivi siti in area sottoposta a vincolo di tutela paesaggistica
ai sensi del d. Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali
e del paesaggio
).

Come hanno specificato i giudici di piazza Cavour, per ottenere
un titolo edilizio in aree sottoposte a vincolo è sempre necessario
che le opere siano approvate prima dall’organo competente mediante
il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.

L’approvazione dell’autorizzazione richiede sempre il parere
espresso dell’Amministrazione che si occupa della tutela del
vincolo, non essendo possibile intendere come silenzio-assenso la
mancata risposta della PA entro i termini previsti dalla
normativa.

La disposizione è stabilita dalla L. n. 241/1990 (Legge
sul procedimento amministrativo
), che all’art. 20
regolamenta il meccanismo dell’approvazione per silentium,
disponendo chiaramente che non possa essere applicato, tra gli
altri casi, agli atti e procedimenti riguardanti il
patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente,
la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la
pubblica sicurezza, la salute e la pubblica incolumità, ecc.

Il silenzio della PA entro i termini di legge deve pertanto
essere sempre inteso come silenzio-rifiuto dell’istanza di rilascio
dell’autorizzazione paesaggistica, come prevede anche la normativa
legata al condono edilizio, in cui si concede al più di poter
impugnare successivamente il diniego
dell’istanza
.

Condono in area vincolata: inammissibile senza
autorizzazione

Nel caso in oggetto, per le opere abusive è stata presentata
istanza ai sensi della Legge n. 724/1994 (c.d. “Secondo
condono edilizio
”), In base alla quale, in materia di
sanatoria di abusi in aree vincolate, si segue quanto già disposto
dalla Legge n. 47/1985 (Primo Condono Edilizio)
all’art. 32 (“Opere costruite su aree sottoposte a
vincolo
”).

In particolare, l’art. 32, comma 1, dispone che il rilascio del
titolo in sanatoria per immobili sottoposti a
vincoli è sempre subordinato al parere espresso degli organi
competenti alla tutela del vincolo. Qualora tale parere non dovesse
essere espresso entro 180 giorni dalla data di ricevimento
dell’istanza, questa deve intendersi rifiutata, sebbene sia
concesso all’interessato di poter impugnare successivamente il
silenzio-rifiuto.

Essendo obbligatorio il parere favorevole dell’Amministrazione
per il rilascio del permesso in sanatoria, in caso di formazione
del silenzio-rifiuto sull’istanza di rilascio dell’autorizzazione
paesaggistica, anche l’istanza di condono deve intendersi di
conseguenza non ammissibile.

Condono edilizio: realizzazione al rustico e data di
ultimazione lavori

Ciò posto, la Corte ha confermato l’illegittimità del
permesso di costruire rilasciato all’istante dal
Comune nel 2003, in quanto concesso senza previa acquisizione
dell’autorizzazione paesaggistica e in relazione ad un immobile
oggetto di istanza di condono edilizio; condono che, comunque, non
può essere approvato anche solo per via del fatto che gli
abusi non risultano essere stati ultimati entro il 31
dicembre 1993
come previsto dalla normativa legata al
secondo condono edilizio.

Sul punto, gli ermellini hanno ricordato che la
realizzazione al rustico del manufatto, rilevante
ai fini dell’assoggettabilità temporale dello stesso al condono,
comporta il necessario completamento della copertura e il
tamponamento dei muri perimetrali, mentre in questo caso il
manufatto, nel 2002 risultava ancora caratterizzato da una
copertura in lamiera, rendendo palese che 10 anni prima l’opera non
poteva considerarsi ultimata al rustico.

L’ordinanza di demolizione disposta dal giudice di esecuzione è
stata quindi confermata, con il rigetto del ricorso.

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