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Galeotto o benedetto, a seconda dei punti di vista, è il piccione viaggiatore togato. Perché soltanto la casualità di una procedura «al ralenti» di proroga delle indagini sta consentendo al ministro Daniela Santanchè e ai parlamentari intervenuti nell’informativa in Senato di mercoledì 5 luglio il surreale confronto fra chi fa finta di non sapere che il ministro sia indagata da mesi per falso in bilancio, chi (a cominciare da lei) fa quindi finta di scandalizzarsene nel leggerlo qua e là adesso, e chi si accapiglia o nel denunciare la «stampa a orologeria» o nel cavalcare l’addebito giudiziario.

Che Santanché sia indagata per falso in bilancio nelle comunicazioni 2016-2020 di Visibilia Editore spa è infatti noto da quando lo si scrisse (qui il 2 e 3 novembre 2022) non in forza di chissà quale riuscito scoop, ma banalmente perché — tra gli atti della richiesta della Procura al Tribunale Fallimentare di staccare la spina e mettere in liquidazione quattro società del gruppo Visibilia dell’imprenditrice, indebitate per lo più con il Fisco – una annotazione del 30 settembre 2022 del Gruppo Tutela Mercati della Guardia di Finanza di Milano già era palese nell’additare ai pm «la sussistenza del reato di false comunicazioni sociali».

E quando in quell’inizio novembre per provare a smentire la notizia Santanchè sbandierò la certificazione di routine della Procura all’istanza dei suoi legali contemplata dall’articolo 335 del codice di procedura («non risultano iscrizioni suscettibili di comunicazione»), si capì subito che era un possibile caso di ricorso dei pm al 3 bis di quell’art.335, cioè alla facoltà in caso di indagini complesse di ritardare (per un massimo di 3 mesi) la comunicazione dell’iscrizione.

Del resto, anche se Santanchè non lo ammetterà mai, i suoi avvocati in quei giorni, e poi a lungo nello svolgersi delle udienze fallimentari, avevano avuto con la Procura interlocuzioni esplicite nelle quali era un dato pacifico che Santanchè fosse indagata sia per falso in bilancio sia per concorso in bancarotta: ragione per cui il ministro si è ben guardata dal mandarli a chiedere di nuovo la certificazione, proprio per poter continuare a dire di non aver notizia formale di indagini a proprio carico.

Ma dopo sei mesi dall’iscrizione c’è sempre un altro passaggio procedurale: i pm, qualora abbiano bisogno di altro tempo per indagare, devono per forza chiedere (a pena di inutilizzabilità delle successive acquisizioni) la proroga delle indagini al giudice delle indagini preliminari, il quale deve notificare la richiesta di proroga all’indagato e dunque così informarlo delle indagini a suo carico. Se questi ha già un difensore, la notifica avviene in breve con una «pec» al legale.

Ma Santanchè, che pure ha avuto in passato altri procedimenti penali a Milano, in questo sul falso in bilancio di Visibilia non ha appunto mai conferito un formale mandato a un avvocato penalista, mentre il civilista che la segue nelle udienze fallimentari delle società non ha titolo.

In questi casi la richiesta della proroga delle indagini viene notificata al domicilio dell’indagato, e se ne ha prova quando al gip torna la «cartolina» dell’Ufficiale Giudiziario (Ufficio Unep) attestante la riuscita consegna.

Il punto è che nel caso di Santanchè, la quale da quel rapporto Gdf era intuibile fosse stata indagata a fine settembre 2022, i sei mesi sono scaduti il 30 marzo, quando la Procura ha dunque chiesto la proroga delle indagini, la cui notifica però non è stata completata ed è ancora in corso lungo l’asse Ufficio Gip-Ufficiali giudiziari.

Nulla di più facile, dunque, che la «cartolina», tempisticamente beffarda, completi il proprio viaggio e arrivi magari solo e proprio nei prossimi giorni.

 

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