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La rendita vitalizia consiste nella corresponsione periodica di una somma di denaro, o di una determinata quantità di cose già prestabilita, per tutta la vita del beneficiario.

Secondo la legge italiana, può essere costituita attraverso un accordo scritto in un contratto oppure attraverso una previsione inserita in un testamento.

Fra le diverse tipologie di rendite vitalizie c’è quella immobiliare, definita in particolare usufrutto vitalizio. Ma in cosa consiste e come funziona?

Che cos’è il vitalizio immobiliare?

Il cosiddetto contratto di usufrutto vitalizio è un accordo al quale si ricorre nei casi in cui il proprietario di un immobile o di una residenza decida di lasciare il proprio bene nella piena disponibilità di una terza persona fin quando è in vita. Questa situazione di verifica spesso quando un familiare sceglie di intestare la propria casa a un erede.

Quest’ultimo accetta la titolarità dell’alloggio, ma concede al proprio parente il cosiddetto usufrutto vitalizio, in modo che questa persona possa continuare a godere del bene, o di una rendita, finché vive. Mentre al legittimo titolare continua a essere riconosciuta la nuda proprietà del bene, quindi, l’usufruttuario acquisisce tutti i diritti collegati al suo nuovo status: non solo ne ha la piena disponibilità in ogni momento, ma può anche decidere a sua volta di affittarlo a soggetti terzi.

Questo tipo di rendita dà quindi vita a un contratto di vitalizio assistenziale, che garantisce la possibilità di cedere la nuda proprietà di un immobile anche a un estraneo, con riserva del diritto di usufrutto per il proprietario, in cambio di assistenza morale e materiale fino alla morte.

Come si fa un vitalizio?

Come dicevamo, la rendita vitalizia è disciplinata dagli articoli 1.872 e seguenti del Codice civile, e rappresenta una prestazione vitalizia di denaro (rendita), periodica e continuativa, in cambio del trasferimento di un bene (mobile o immobile) o della cessione di un capitale. Si tratta di un contratto aleatorio perché la prestazione dipende da un evento incerto e futuro.

Una parte conferisce, infatti, all’altra il diritto di esigere la prestazione periodica in denaro o di una certa quantità di cose fungibili come corrispettivo dell’alienazione di un immobile o della cessione di un capitale. Il contratto che costituisce la rendita vitalizia deve avere forma scritta, che rileva ai fini della sua validità. Può essere redatto sia con scrittura privata sia con atto pubblico, quindi attraverso un notaio

In mancanza della forma scritta il contratto è comunque nullo. Nel caso di donazione di rendita vitalizia, però, è sempre indispensabile l’atto pubblico notarile alla presenza di due testimoni aventi i requisiti di legge previsti dalla legge notarile.

Quanto costa il vitalizio immobiliare?

Per calcolare il costo di questo tipo di contratto è necessario tenere conto delle tasse, imposte e spese  notarili previste nei trasferimenti immobiliari. Anche a questo tipo di contratto si applica il principio del cosiddetto prezzo di valore, in base al quale l’imposta di registro si calcola sul valore catastale del fabbricato abitativo oggetto di trasferimento mentre non si fa riferimento al valore venale del bene.

Per l’applicazione del prezzo valore è necessario che ricorrano anche altri requisiti, sia aventi a oggetto il tipo di immobile (abitativo), sia relativi ai soggetti (persone fisiche che non agiscano nell’esercizio di attività di impresa). A questo punto vengono calcolate le rate, che devono essere corrisposte a chi beneficia del vitalizio.

Cosa succede se non viene pagata la rendita vitalizia

In questo tipo di contratto una parte assume un obbligo scritto; la legge prevede quindi importanti conseguenze per il caso il cui, in qualsiasi momento, non dovesse rispettare il suo obbligo di corrispondere le rate del vitalizio.

In caso di mancato pagamento, il beneficiario può rivolgersi al giudice per far sequestrare e vendere i beni dell’obbligato, così da coprire le rate mancanti con il ricavato della vendita e da garantire che possano essere pagate quelle successive. In alternativa è possibile richiedere la risoluzione del contratto e riottenere indietro il bene ceduto in cambio della rendita vitalizia. Occorre però precisare che questa risoluzione non può essere richiesta se il vitalizio è nato da una donazione o da una disposizione testamentaria, perché nulla è stato dato in cambio.

La rendita vitalizia può essere soggetta a pignoramento?

In questo caso a chiarire la situazione è l’articolo 1.881 del Codice civile. La norma prevede che quando la rendita vitalizia è costituita a titolo gratuito, si può disporre che essa non sia soggetta a pignoramento o a sequestro entro i limiti del bisogno alimentare del creditore.

Al di là di questo specifico caso, l’usufrutto si può pignorare. Resta però la caratteristica della temporaneità del diritto che, nell’ipotesi di  usufrutto vitalizio, coincide con la vita dell’originario titolare sottoposto a procedura esecutiva, e non del creditore procedente.

Come ottenere la rendita vitalizia

La rendita vitalizia si può ottenere in due modi. Il primo consiste nel cedere un bene mobile o  immobile  al vitaliziante, il quale si obbliga a versare la  rendita non al cedente, ma al figlio indicato  come beneficiario, per tutta la durata della vita di quest’ultimo. Il secondo consiste nel donare una  rendita al figlio. In alcuni casi può essere riconosciuto il diritto di abitazione vitalizio.

In questo caso è necessario un atto pubblico, cioè un contratto o un testamento rogati da un notaio. Questo diritto può essere riconosciuto anche con una sentenza di separazione o di divorzio.

 

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