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Nella seduta del 17 marzo 2022, il Consiglio dei Ministri ha approvato, in esame preliminare, lo schema di decreto legislativo recante modifiche al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, in attuazione della Direttiva (UE) 2019/1023 (c.d. Direttiva “Insolvency”), riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione, le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione. [1].

La Direttiva “Insolvency” si propone di garantire il corretto funzionamento del mercato interno e il pieno esercizio delle liberti fondamentali di circolazione dei capitali e stabilimento, attraverso l’armonizzazione delle legislazioni e procedure nazionali in materia di ristrutturazione preventiva, insolvenza, esdebitazione e interdizioni.

Per poter raggiungere questo obiettivo, il legislatore europeo ha richiesto agli Stati membri di adottare “quadri di ristrutturazione” che vengono definite come le misure e le procedure volte al risanamento dell’impresa attraverso la modifica della composizione, dello stato o della struttura delle sue attività e passività o del capitale (ad esempio la vendita di attività o di parti dell’impresa; la vendita dell’impresa in regime di continuità aziendale o anche una combinazione di questi elementi).

Si vuole consentire ai debitori un risanamento precoce dell’impresa che possa prevenire l’insolvenza ed evitare la liquidazione.

1. “Crisi”: nuova definizione

Nell’assetto complessivo di questa nuova revisione della disciplina concorsuale richiesta a livello europeo, si evidenzia in primis che è mutata la definizione del concetto di crisi che viene descritta come come lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza, che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi 12 mesi, così come previsto dal novellato art. 2 del D.lgs. n. 14/2019.

La nuova definizione di “crisi”comprende pertanto situazioni di squilibrio economico-finanziario e patrimoniale inquadrato in una prospettiva temporale più ampia rispetto a quella presente nella disciplina degli indicatori della crisi come originariamente dettata dal Codice e modificata con lo schema di decreto legislativo.

Questa definizione è stata ritenuta maggiormente idonea ad intercettare le situazioni di difficoltà che richiedono la pronta attivazione da parte dell’imprenditore.

2. Rilevazione tempestiva della crisi

L’art. 2 dello schema di decreto legislativo ha apportato modifiche alla Parte Prima, Titolo I, Capo II, Sez. I, del D.lgs. n. 14/2019.

È stato integralmente sostituito l’art. 3 del D.lgs. n. 14/2019 che disciplina l’adeguatezza degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa o dell’insolvenza.

L’art. 3, comma 1 e 2, riproduce la precedente formulazione della disposizione ante novella, visto che richiede all’imprenditore individuale e collettivo di adottare specifici comportamenti finalizzati non solo a riscontrare ma anche a reagire con tempestività allo stato di crisi.

L’imprenditore individuale deve infatti adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi ed assumere senza indugio le iniziative necessarie per farvi fronte.

L’imprenditore collettivo è in termini analoghi tenuto ad istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato ai sensi dell’art. 2086 c.c., ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative.

L’art. 3, comma 3, descrive poi le caratteristiche delle misure e degli assetti organizzativi.

Si deve infatti trattare di strumenti che consentono di:

  • rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore;
  • verificare la non sostenibilità dei debiti e l’assenza di prospettive di continuità aziendale per i 12 mesi successivi ed i segnali di allarme;
  • ricavare le informazioni necessarie a seguire la lista di controllo particolareggiata e ad effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento.

L’art. 3, comma 4, fornisce inoltre un elenco dei segnali di allarme vale a dire:

  • l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno 30 giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
  • l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno 90 giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
  • l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di 60 giorni o che abbiano superato da almeno 60 giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma, purché rappresentino complessivamente il 5% del totale delle esposizioni;
  • l’esistenza di una o più esposizioni debitorie previste dall’art. 25 novies, comma 1 (ritardi per versamenti di contributi previdenziali; debiti per premi assicurativi; debiti iva; crediti affidati per la riscossione).

Il legislatore ha pertanto non solo chiarito la funzione delle misure e degli assetti organizzativi, ma anche ha altresì espressamente esplicitato i segnali di allarme ritenuti più significativi rispetto ad una possibile situazione di difficoltà in cui può venirsi a trovare l’impresa.

3. Doveri delle parti

L’art. 2 dello schema di decreto legislativo ha apportato un’interessante modifica all’art. 4 del D.lgs. n. 14/2019 che fissa disposizioni di principio e regole di condotta nella materia delle procedure di ristrutturazione e di gestione dell’insolvenza.

La norma prevede specifici obblighi e dovere ispirati ai principi generali di buona fede e correttezza gravanti sui debitori, creditori e parti interessate anche nei confronti del lavoratori dipendenti. 

È stato previsto che, al di fuori dei casi previsti dalla legge o dai contratti collettivi, l’imprenditore che occupa più di 15 dipendenti, prima della predisposizione del piano nell’ambito di un quadro di ristrutturazione preventiva deve informare i sindacati in merito alle determinazioni che incidono sui rapporti di lavoro di una pluralità di lavoratori anche solo per quanto concerne l’organizzazione del lavoro o le modalità di svolgimento delle prestazioni.

I sindacati possono chiedere un incontro all’imprenditore entro il termine di 3 giorni dalla ricezione della informativa

L’incontro deve avere inizio entro 5 giorni dalla ricezione dell’istanza e deve completarsi entro 10 giorni salvo diverso accordo tra le parti.

4. Accesso alle informazioni e lista di controllo (c.d. check list)

L’art. 3 dello schema di decreto legislativo ha inserito l’art. 5 bis avente ad oggetto le informazioni utili all’accesso ai quadri di ristrutturazione preventiva od alle procedure di insolvenza, nonché una lista di controllo particolareggiata (c.d. “check-list”) per la redazione dei piani di risanamento.

La norma dispone che all’interno dei siti del Ministero della giustizia e del Ministero della sviluppo economico sono pubblicate le informazioni pertinenti aggiornate sui seguenti elementi:

  • strumenti per la anticipata emersione della crisi;
  • quadri di ristrutturazione preventiva;
  • procedure di esdebitazione.

È altresì resa disponibile una lista di controllo particolareggiata (c.d. check list) adeguata anche alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese, che contiene indicazioni operative per la redazione dei piani di risanamento.

5. Disciplina della trattazione unitaria delle domande di accesso ai quadri di ristrutturazione preventiva ed alle procedure di insolvenza

L’art. 4 dello schema di decreto legislativo ha sostituito l’art. 7 contenente i principi generali sulla trattazione unitaria dei procedimenti per l’accesso ai quadri di ristrutturazione preventiva e alle procedure di insolvenza.

Le modifiche sono state rese necessarie in ragione dell’esigenza di razionalizzare la disciplina processuale, anche con specifico riferimento alla materia del concordato preventivo e soprattutto di quello in continuità aziendale.

Le domande di accesso, come noto, sono trattate all’interno di un unico procedimento che si svolge in conformità a quanto previsto dagli artt. 40 e 41.

Nel caso in cui siano proposte più domande, il Tribunale deve esaminare in via prioritaria quella diretta a regolare la crisi e l’insolvenza con strumenti differenti rispetto alla liquidazione giudiziale o alla liquidazione controllata a condizione che:

  • la domanda non sia manifestamente inammissibile;
  • il piano è manifestamente inadeguato a raggiungere gli obiettivi prefissati;
  • la proposta indichi la convenienza per i creditori o, in caso di concordato in continuità aziendale, le ragioni dell’assenza di pregiudizio per i creditori.

Fatte salve le ipotesi di conversione (art. 74 ed art. 83), il Tribunale deve procedere, su istanza dei soggetti legittimati, ad aprire la liquidazione giudiziale nel caso di:

  • mancato accoglimento della domanda diretta a regolare la crisi o l’insolvenza con strumenti diversi dalla liquidazione giudiziale;
  • inammissibilità o improcedibilità della domanda
  • revoca o inutile decorso dei termini.

6. Durata massima delle misure protettive

È stato sostituito anche l’art. 8, essendo stata introdotta una specifica previsione sulla durata complessiva delle misure protettive che non può superare il periodo, anche non continuativo, di 12 mesi inclusi rinnovi e proroghe.

7. Composizione negoziata della crisi, piattaforma unica nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per l’anticipata emersione della crisi

L’art. 6 dello schema di decreto legislativo ha completamente modificato la Parte Prima, Titolo II, del D.lgs. n. 14/2019 che prima della novella era dedicato alle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi.

Il legislatore ha infatti inserito:

  • gli artt. da 12 a 25-undecies che disciplinano la procedura denominata “composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa di cui al D.L. n. 118/2021 convertito con modificazioni dalla Legge n. 147/2021;
  • le disposizioni introdotte dagli artt. 30-ter, 30, quater, 30 quinques e 30 sexies del D.L. n. 152/2021 convertito con modificazioni dalla Legge n. 233/2021 sulle segnalazioni dei creditori pubblici qualificati, sull’interoperabilità delle banche dati, sullo scambio di documenti nella fase delle trattative e sulla predisposizione dei piani di rateizzazione per esposizioni debitorie di importo ridotto;

7.1. Composizione negoziata della crisi

Si rammenta che ai sensi del nuovo art. 12 del D.lgs. n. 14/2021, l’imprenditore commerciale ed agricolo che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza, può chiedere al Segretario Generale della Camera di Commercio nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell’impresa, la nomina di un esperto indipendente quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa.

L’esperto ha il compito di agevolare le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed gli eventuali altri soggetti interessati al fine di individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di crisi od insolvenza.

Nella previgente formulazione dell’art. 12, il debitore aveva invece la possibilità di accedere al procedimento di composizione assistita della crisi, che si svolgeva dinanzi all’OCRI: l’istituto è stato soppresso, vista la riscrittura delle procedure di allerta, della cancellazione degli indicatori della crisi e dell’eliminazione della procedura di composizione assistita. 

L’art. 13 riproduce in larga parte le disposizioni dell’art. 3 del D.L. n. 118/2021 che prevede l’istituzione di una piattaforma telematica nazionale a cui possono accedere gli imprenditori attraverso il sito internet di ciascuna Camera di commercio.

È possibile avere accesso tramite la piattaforma telematica a:

  • •na lista di controllo particolareggiata che contiene le indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento;
  • un test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento;
  • un protocollo di conduzione della composizione negoziata.

Si ricorda inoltre che presso le Camere di Commercio è presente un elenco di esperti che vengono nominati da una commissione successivamente alla comunicazione effettuata dal Segretario dell’istanza di accesso alla procedura di composizione negoziata unitamente ad una nota sintetica contenente l’indicazione del volume d’affari, il numero dei dipendenti e del settore in cui opera l’impresa.

L’art. 13 precisa che in caso di incompletezza dell’istanza di nomina o della documentazione, il Segretario della Camera di commercio deve invitare l’imprenditore ad integrare le informazioni o la documentazione entro il termine di 30 giorni.

Decorso infruttuosamente questo termine, l’istanza non può essere esaminata ma l’imprenditore la può riproporre.

7.2. Banche dati

L’art. 14 contiene le disposizioni dell’art. 30-ter del D.L. n. 152/2021,convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 233/2021.

La norma prevede che la piattaforma telematica nazionale è connessa alle altre banche dati dell’Agenzia delle Entrate, dell’INPS, dell’INAIL e dell’Agente per la Riscossione. 

La piattaforma consente anche di poter accedere alle informazioni contenute nella Centrale rischi della Banca d’Italia.

L’esperto può dunque accedere alle banche dati ed alle informazioni, previo consenso dell’imprenditore ai sensi del regolamento (UE) 2016/679 e del D.lgs. n. 196/2003 ed estrarre la documentazione e le informazioni necessarie per l’avvio o la prosecuzione delle trattative con i creditori e le altre parti interessate.

7.3. Accesso alla piattaforma da parte dei creditori

L’art. 15 contiene invece le disposizioni di cui all’art. 30-quater del D.L. n. 152/2021 ed esso prevede che anche i creditori possono accedere alla piattaforma telematica nazionale ed inserire al suo interno le informazioni relative alla propria posizione creditoria ed i dati eventualmente richiesti dall’esperto.

I creditori possono accedere ai documenti ed alle informazioni inseriti dall’imprenditore al momento della presentazione dell’istanza di accesso alla procedura di composizione negoziata ovvero nel corso delle trattative.

7.4. Funzioni dell’esperto

Alla luce di quanto previsto dall’art. 16, l’esperto ha il compito di verificare la coerenza complessiva delle informazioni fornite dall’imprenditore, chiedendo a quest’ultimo ed ai creditori tutte le ulteriori informazioni utili o necessarie.

7.5. Modalità di accesso alla procedura

L’art. 17 contiene la disciplina relativa alle modalità di accesso alla procedura di composizione negoziata e regola anche il funzionamento del procedimento.

È solo il caso di evidenziare che l’istanza di nomina dell’esperto è presentata attraverso la piattaforma telematica mediante la compilazione di un modello contenente le informazioni utili ai fini della nomina e dello svolgimento dell’incarico.

La disposizione elenca anche la documentazione che l’imprenditore è tenuto a produrre al momento della presentazione dell’istanza che va inserita all’interno della piattaforma telematica cioé:

  • bilanci degli ultimi 3 esercizi ovvero le dichiarazioni dei redditi e dell’IVA degli ultimi periodi di imposta, per quanto riguarda le imprese che non sono tenute a presentare i bilanci, nonché una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre 60 giorni prima della presentazione dell’istanza;
  • un progetto di piano di risanamento redatto secondo le indicazioni della lista di controllo e una relazione chiara e sintetica sull’attività in concreto esercitata recante un piano finanziario per i successivi 6 mesi oltre alle iniziative che il debitore intende adottare;
  • l’elenco dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti scaduti e a scadere e dell’esistenza di diritti reali e personali di garanzia;
  • una dichiarazione sulla pendenza di ricorsi per l’apertura della liquidazione giudiziale o per l’accertamento dello stato di insolvenza e una dichiarazione con la quale venga attestato di non avere depositato ricorsi ai sensi dell’art. 40, anche nelle ipotesi di cui agli artt. 44, comma 1, lett. a), e 54, comma 3;
  • il certificato unico dei debiti tributari ;
  • la situazione debitoria complessiva richiesta all’Agenzia delle entrate-Riscossione;
  • il certificato dei debiti contributivi e per premi assicurativi;
  • un estratto delle informazioni presenti nella Centrale dei rischi gestita dalla Banca d’Italia non anteriore di 3 mesi rispetto alla presentazione dell’istanza.

L’esperto deve inoltre convocare l’imprenditore al fine di valutare l’esistenza di una concreta prospettiva di risanamento.

Ed in caso positivo, l’esperto ha il compito di

  • incontrare le parti interessate al processo di risanamento;
  • prospettare le possibili strategie di intervento fissando i successivi incontri.

Se invece non viene ravvisata la sussistenza di concrete prospettive di risanamento, l’esperto ne dà notizia all’imprenditore e al segretario generale della camera di commercio che dispone l’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata.

L’incarico dell’esperto si considera concluso se, decorsi 180 giorni dall’accettazione della nomina, le parti non hanno individuato, anche a seguito di sua proposta, una soluzione adeguata per il superamento delle condizioni di crisi. 

L’esperto redige una relazione finale che inserisce nella piattaforma e comunica all’imprenditore.

In caso di archiviazione dell’istanza, la norma dispone che è preclusa all’imprenditore la possibilità di presentare una nuova istanza prima di un 1 dall’archiviazione. 

7.6. Misure protettive

Si evidenzia che, ai sensi dell’art. 18, l’imprenditore può chiedere con l’istanza di nomina dell’esperto oppure con una successiva istanza l’applicazione di misure protettive del patrimonio.

Le misure di protezione prevedono essenzialmente chei creditori non possono:

  • acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore;
  • iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa;

La disposizione consente all’imprenditore di chiedere che l’applicazione delle misure protettive sia limitata a determinate iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti o a determinati creditori o categorie di creditori (sono esclusi dalle misure protettive i diritti di credito dei lavoratori).

Un’ulteriore novità riguarda il contenuto del ricorso con cui l’imprenditore richiede al Tribunale l’applicazione di misure protettive visto che ai sensi dell’art. 19 deve allegare alla richiesta:

  • un progetto di piano di risanamento;
  • un piano finanziario per i successivi 6 mesi;
  • un prospetto delle iniziative che intende adottare.

7.7. Sospensione degli obblighi e di cause di scioglimento ex art. 2446 c.c., art. 2442 c.c., art. 2482-bis c.c., art. 2482-ter c.c., 2484 e 2747-duodecies c.c. 

L’art. 20 regola invece i casi di sospensione di obblighi e di cause di scioglimento di cui all’art. 2446 c.c., art. 2442 c.c., art. 2482-bis c.c., art. 2482-ter c.c., 2484 e 2747-duodecies c.c.

Con l’istanza di nomina dell’esperto o con dichiarazione successiva, l’imprenditore può infatti dichiarare che sino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata non trovino applicazione:

  • l’art. 2446, comma 2 e 3, c.c. sulla riduzione del capitale per perdite (s.p.a.);
  • l’art. 2447 c.c. sulla riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale (s.p.a.);
  • l’art. 2482 bis, comma 4, 5 e 6, c.c. sulla riduzione del capitale per perdite (s.r.l.);
  • l’art. 2482 ter c.c. sulla riduzione del capitale al di sotto del minimo legale (s.r.l.).

In questo frangente è esclusa la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale prevista dall’art. 2484, comma 1, n. 4, c.c. ed art. 2545-duedecies c.c.

La norma dispone che nel caso in cui l’imprenditore abbia richiesto anche l’applicazione delle misure protettive del patrimonio, la sospensione degli obblighi e delle cause di scioglimento cessano a partire dalla pubblicazione nel registro delle imprese del provvedimento con cui il Tribunale ha dichiarato l’inefficacia delle misure o ne dispone la revoca.

7.8. Gestione dell’impresa

L’art. 21 contiene la disciplina della gestione dell’impresa in pendenza delle trattative.

La norma dispone che l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria nel corso delle trattative.

L’imprenditore è tenuto a gestire l’impresa in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico – finanziaria dell’attività.

La gestione dell’impresa deve essere svolta nell’interesse prevalente dei creditori quando l’imprenditore risulta insolvente nel corso della composizione negoziata.

7.9. Conclusione delle trattative

L’art. 23 disciplina invece le fattispecie che possono verificarsi per effetto della conclusione delle trattative.

Nel caso in cui venga individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di crisi, le parti possono, infatti in via alternativa:

  • concludere un contratto, con uno o più creditori se, secondo la relazione dell’esperto è idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a 2 anni;
  • concludere una convenzione di moratoria (art. 62);
  • concludere un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto che produce gli effetti di cui all’art. 166, comma 3, lettera d), ed art. 324.

L’imprenditore può, all’esito delle trattative, domandare inoltre l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 57, art. 60 ed art. 61): la percentuale di cui all’art. 61, comma 2, lett. c), è ridotta al 60% quando il raggiungimento dell’accordo risulta dalla relazione finale dell’esperto.

L’imprenditore ha anche la possibilità di:

  • predisporre il piano attestato di risanamento di cui all’art. 56;
  • proporre la domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all’art. 25-sexies;
  • accedere ad uno dei quadri di ristrutturazione preventiva o alle procedure di insolvenza disciplinate dal Codice della Crisi d’impresa, dal D.lgs. 8 luglio 1999, n. 270 o dal D.L. 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla Legge 18 febbraio 2004, n. 39;

7.10. Limiti di accesso alla composizione negoziata

L’art. 25 quinques dispone limiti di accesso alla composizione negoziata.

L’istanza per l’accesso alla composizione negoziata non può essere presentata quando risulta essere pendente il procedimento introdotto con ricorso depositato ai sensi dell’’art. 40 (accesso a quadri di ristrutturazione preventiva e liquidazione giudiziale) ed anche nelle ipotesi di cui all’art. 44, comma 1, lett. a) (quadro di ristrutturazione preventiva), art. 54, comma 3 ed art. 74.

L’istanza non può essere altresì presentata nel caso in cui l’imprenditore, nei 4 mesi precedenti l’istanza medesima, abbia rinunciato alle domande.

7.11. Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio

L’art. 25 sexies consente all’imprenditore di poter presentare una proposta di concordato per la cessione dei beni.

L’imprenditore può ricorrere a questa soluzione quando l’esperto nella relazione finale ha dichiarato che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede, ma esse non hanno avuto esito positivo e le soluzione individuate non sono praticabili.

La richiesta va presentata entro 60 giorni dalla comunicazione dell’esperto della relazione finale. 

La proposta, che può prevedere la suddivisione dei creditori in classi, deve essere corredata da un piano di liquidazione e dai documenti indicati nell’art. 39.

È chiaramente necessario che l’imprenditore chieda con ricorso l’omologazione del concordato ai fini della liquidazione del patrimonio.

7.12. Segnalazioni per la anticipata emersione della crisi

L’art. 25 octies e l’art. 25 novies si riferiscono rispettivamente agli obblighi di segnalazione dell’organo di controllo e dei creditori pubblici qualificati.

L’art. 25 octies dispone infatti che l’organo di controllo societario ha il dovere di segnalare per iscritto all’organo amministrativo la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di composizione della crisi.

La segnalazione deve essere motivata e va trasmessa con strumenti che assicurino la prova dell’avvenuta ricezione.

L’organo di controllo deve inserire all’interno della segnalazione un termine congruo, ma comunque non superiore a 30 giorni entro il quale l’organo amministrativo è tenuto a riferire in merito alle iniziative intraprese.

7.13. Creditori pubblici qualificati

L’art. 25 novies si riferisce invece agli obblighi di segnalazione di cui sono investiti i creditori pubblici qualificati, vale a dire: l’INPS, l’INAIL, l’Agenzia delle Entrate e l’Agente della Riscossione.

Per quanto concerne l’INPS, la segnalazione scatta nel caso di ritardo superiore a 90 giorni nel versamento di contributi previdenziali di ammontare superiore a:

  • al 30% rispetto a quelli dell’anno precedente e all’importo di € 15.000 per le imprese con lavoratori subordinati e parasubordinati;
  • all’importo di € 5,000 per le imprese senza lavoratori subordinati o parasubordinati.

L’INAIL effettua invece la segnalazione nel caso sussistano debiti per premi assicurativi scaduti da oltre 90 giorni e non versati per un importo superiore ad € 5.000.

Per l’Agenzia delle Entrate è sufficiente la presenza di un debito scaduto e non versato relativo all’IVA per un importo pari ad € 5.000, mentre per l’Agente della Riscossione è necessaria l’esistenza di crediti affidati per la riscossione, auto-dichiarati o definitivamente accertati e scaduti da oltre 90 giorni purché siano:

  • superiori ad € 100.000 per le imprese individuali;
  • superiori ad € 200.000 per le società;
  • superiori ad € 500.000 per le altre società.

La norma dispone inoltre che l’obbligo di segnalazione inizierà a decorrere in relazione ai:

  • debiti accertati a partire dal 01.01.2022 per quanto riguarda l’INPS e l’INAIL;
  • debiti risultanti dalle comunicazioni periodiche relative al primo trimestre 2022 per l’Agenzia delle Entrate;
  • carichi affidati per la riscossione a decorrere dal 01.07.2022 per l’Agente della Riscossione. 

Si evidenzia che l’art. 25 – decies dispone che le banche e gli altri intermediari finanziari (art. 106 TUB) debbono dare notizia agli organi di controllo societari quando comunicano al cliente variazioni, revisioni o revoche degli affidamenti.

È interessante notare che il legislatore ha previsto con l’art. 25 undecies, l’introduzione di un programma informatico gratuito sulla piattaforma unica nazionale che consente di elaborare i dati necessari per accertare la sostenibilità del debito esistente.

L’imprenditore può effettuare, tramite questo sistema informatico, il test pratico al fine di verificare la ragionevole perseguibilità del risanamento. 

Il programma fornisce un piano di rateizzazione, nel caso in cui l’indebitamento complessivo dell’imprenditore non è superiore alla soglia di € 30.000 ed il debito risulta sostenibile all’esito dell’elaborazione,

L’imprenditore, a questo punto, comunica la rateizzazione ai creditori interessati con l’avvertimento che se non manifestano il loro dissenso entro 30 giorni dalla ricezione della comunicazione, il piano si intende approvato e verrà pertanto eseguito secondo le modalità ed i tempi indicati nel documento.

8. Domanda di accesso ai quadri di ristrutturazione preventiva ed alla liquidazione giudiziale

Con riferimento al procedimento unitario per l’accesso alle procedure previste in materia concorsuale, l’art. 12 dello schema di decreto legislativo ha integralmente sostituito l’art. 40 del D.lgs. n. 14/2019 che, nella nuova formulazione, regola la domanda di accesso ai quadri di ristrutturazione preventiva ed alla liquidazione giudiziale.

È stato altresì integralmente sostituito l’art. 44 del D.lgs. n. 14/2019 che regola la concessione dei termini per integrare la domanda di accesso ad un quadro di ristrutturazione preventiva.

Si segnala che nel caso in cui un debitore abbia presentato la domanda con la documentazione prevista dall’art. 39, comma 3, riservandosi di presentare la proposta, il piano e gli accordi, il Tribunale provvede a pronunciare decreto con cui:

  • fissa un termine compreso tra 30 e 60 giorni entro cui va depositata la domanda di concordato preventivo con il piano, l’attestazione di veridicità dei dati e di fattibilità, nonché la documentazione di cui all’art. 39, comma 1, oppure la domanda di omologazione del piano di ristrutturazione ex art. 64 bis (i termini sono prorogabili su istanza del debitore in presenza di giustificati motivi ed in assenza di domande per l’apertura della liquidazione giudiziale fino ad altri 60 giorni); 
  • nomina un commissario giudiziale;
  • dispone gli obblighi di informazione periodici anche relativi alla gestione finanziaria dell’impresa e all’attività compiuta ai fini della predisposizione della proposta e del piano con periodicità almeno mensile e sotto il controllo del commissario giudiziale (il debitore deve depositare una relazione sulla situazione economico-finanziaria-patrimoniale con periodicità mensile);
  • ordina al debitore il versamento entro il termine di 10 giorni di una somma per le spese della procedura,

I termini sono revocati dal Tribunale su segnalazione di un creditore, del commissario giudiziario o del PM quando: a) sia stato commesso un atto in frode ai creditori non dichiarato nella domanda; b) sia stata tenuta una condotta in pregiudizio della soluzione efficace della crisi oppure c) vi è stata un grave violazione degli obblighi informativi.

9. Concordato preventivo: modalità di apertura

L’art. 12 dello schema di decreto legislativo ha sostituito l’art. 47 del D.lgs. n. 14/2019 sull’apertura del concordato preventivo.

Il legislatore ha introdotto una disciplina funzionale del concordato preventivo finalizzata ad assicurare procedure di ristrutturazione in continuità aziendale rapide e snelle nelle quali è limitato l’intervento dell’autorità giudiziaria al momento dell’apertura della procedura.

Secondo quanto previsto dalla norma, dopo che è avvenuto il deposito della proposta di concordato e del piano, il Tribunale acquisisce il parere del commissario giudiziale e provvede a verificare:

  • l’ammissibilità della proposta e la fattibilità del piano da intendersi come non manifesta inattitudine dello stesso al raggiungimento degli obiettivi nel caso di concordato liquidatorio;
  • la ritualità della proposta nel caso di concordato in continuità aziendale.

La disposizioni prevede inoltre che il concordato in continuità aziendale è inammissibile quando il piano è manifestamente inidoneo alla soddisfazione dei creditori ed alla conservazione dei valori aziendali.

Dopo aver svolto le verifiche, il Tribunale ha il compito di:

  • nominare il Giudice delegato;
  • nominare o confermare il commissario giudiziale;
  • stabilire in base al numero dei creditori, all’entità del passivo ed alla necessità di assicurare la tempestività e l’efficacia della procedura, la data data iniziale e finale per l’espressione del voto dei creditori (che può svolgersi anche attraverso l’uso di strutture informatiche);
  • fissare il termine (non superiore a 15 giorni) entro il quale il debitore deve depositare la somma ulteriore rispetto a quella versata ai sensi dell’art. 44, comma 1, pari al 50% delle spese presumibili della procedura o la diversa minor somma non inferiore al 20% delle spese.

Il Tribunale dichiara l’inammissibilità della proposta nel caso in cui non siano sussistenti le condizioni previste dalla disposizione dopo aver sentito il debitore, i creditori che hanno proposto domanda di liquidazione giudiziale ed il PM.

È possibile che venga concesso un termine non superiore a 15 giorni per eventuali integrazioni al piano e produrre nuovi documenti.

La liquidazione giudiziale viene invece aperta quando è stato presentato ricorso da parte di uno dei soggetti legittimati (il provvedimento è soggetto a reclamo che va presentato avanti alla Corte di appello entro 30 giorni dalla comunicazione). 

Resta salva la possibilità per il debitore di riproporre la domanda di concordato decorso il termine per proporre reclamo a condizione che si sia verificato un mutamento delle circostanze.

L’art. 12 dello schema di decreto legislativo ha altresì sostituito l’art. 48 del D.lgs. n. 14/2019 avente ad oggetto la procedura di omologazione soprattutto in ragione delle modifiche apportate alla disciplina del concordato in continuità aziendale.

Secondo quanto previsto dall’art. 48, il Tribunale provvede a fissare l’udienza in camera di consiglio per la comparizione delle parti e del commissario giudiziale quando il concordato è stato approvato dai creditori ai sensi dell’art. 109.

Il provvedimento deve essere iscritto presso l’ufficio del registro delle imprese e notificato dal debitore al commissario giudiziale ed agli eventuali creditori dissenzienti. 

La norma dispone inoltre che:

  • i creditori dissenzienti e gli altri interessati possono presentare opposizione con memoria almeno 10 giorni prima dell’udienza;
  • il commissario giudiziale deve depositare il proprio parere motivato almeno 5 giorni prima dell’udienza;
  • il debitore può presentare memorie fino a 2 giorni prima dell’udienza.

Qualora fosse stata depositata una domanda di omologazione di accordi di ristrutturazione, i creditori e ogni altro interessato possono proporre opposizione con memoria depositata entro 30 giorni dall’iscrizione della domanda nel registro delle imprese. 

La sentenza che omologa il concordato, il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione o gli accordi di ristrutturazione va notificata ed iscritta nel registro delle imprese e produce i propri effetti dalla data della pubblicazione ai sensi dell’art 133, comma 1, c.c.

Gli effetti nei confronti dei terzi si producono dalla data di iscrizione nel registro delle imprese.

Nel caso di mancata omologazione del concordato, degli accordi di ristrutturazione o del piano di ristrutturazione, il Tribunale provvede a dichiarare l’apertura della liquidazione giudiziale quando viene presentato ricorso dal parte di uno dei soggetti legittimati.

Si evidenzia che secondo quanto previsto dall’art. 53, comma 5-bis, inserito dall’art. 12 dello schema di decreto legislativo, nel caso in cui venga accolto il reclamo proposto contro la sentenza di omologazione del concordato preventivo in continuità aziendale, la Corte d’appello, su richiesta delle parti, può confermare la sentenza di omologazione quando l’interesse generale dei creditori e dei lavoratori prevale rispetto al pregiudizio subito dal reclamante.

Il reclamante ha il diritto in questo caso al risarcimento del danno.

10. Misure cautelari e protettive

L’art. 13 dello schema di decreto legislativo ha apportato modifiche anche all’art. 54 avente ad oggetto la disciplina delle misure cautelari e protettive.

Nell’ambito del procedimento per l’apertura della liquidazione giudiziale o della procedura di concordato preventivo o di omologazione degli accordi di ristrutturazione e del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, l’art. 54 dispone infatti che il Tribunale può, su istanza di parte, può emettere provvedimenti cautelari ivi inclusa la nomina di un custode dell’azienda o del patrimonio

I provvedimenti cautelari sono finalizzati ad assicurare provvisoriamente l’attuazione delle sentenze di omologazione dei quadri di ristrutturazione preventiva e di apertura delle procedure di insolvenza.

La norma prevede inoltre che, se ne viene fatta richiesta con la domanda di accesso alla procedura, i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio, sui beni o sui diritti del debitori con i quali viene esercitata l’attività d’impresa.

Il debitore ha altresì la possibilità di chiedere al Tribunale, con successiva istanza, ulteriori misure temporanee per evitare che determinate azioni di uno o piri creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza: il debitore deve, in questo caso, fornire la prova di avere preventivamente informato i creditori in merito alla pendenza delle trattative o dell’intenzione di richiedere la concessione delle misure.

11. Accordi di ristrutturazione dei debiti 

Si segnala che l’art. 15 dello schema di decreto legislativo ha apportato una modifica all’art. 57 del D.lgs. n. 14/2019 in materia di accordi di ristrutturazione dei debiti.

Gli accordi di ristrutturazione prevedono che un professionista indipendente provveda ad attestare non solo la veridicità dei dati aziendali, ma anche la fattibilità del piano. 

Nella previgente formulazione della norma, l’attestazione doveva aveva ad oggetto non solo la fattibilità giuridica del piano ma anche di quella economica (che è stata espunta in coerenza con quanto previsto anche per il concordato preventivo).

La novella ha eliminato il riferimento alla fattibilità economica.

12. Transazione fiscale

Per quanto concerne invece la transazione fiscale, l’art. 15 dello schema di decreto legislativo ha modificato l’art. 63 del D.lgs. n. 14/2019 in quanto è stato previsto che il tribunale provvede ad omologare gli accordi di ristrutturazione anche in mancanza di adesione da parte dell’Amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando:

  • l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui agli art. 57, comma 1 (60% dei crediti) e 60, comma 1 (30% dei crediti);
  • la proposta di soddisfacimento dell’Amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all’alterna liquidatoria.

Si tratta di una valutazione quest’ultima che va determinata, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista indipendente. 

13. Piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione 

L’art. 16 dello schema di decreto legislativo ha inserito il Capo l-bis del Titolo IV della Parte Prima del D.lgs. n. 14/2019 e l’art. 64 bis che disciplina il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione.

Si tratta di uno strumento con il quale si intende dare attuazione alla previsione della normativa europea che richiede la previsione di un quadro di ristrutturazione che può prescindere dalle regole distributive delle procedure concorsuali ma che può essere omologato solo se approvato da tutte le parti interessate in ciascuna classe di voto.

Secondo quanto previsto dall’art. 64 bis, il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione consente al debitore che si trova in stato di crisi o di insolvenza di proporre il soddisfacimento dei creditori, previa suddivisione in classi degli stessi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei, distribuendo il ricavato del piano anche in deroga a quanto previsto dall’art. 2740 c.c. ed art. 2741 c.c.

È indispensabile che la proposta venga approvata dall’unanimità delle classi. 

La norma dispone poi che i crediti assistiti da privilegio ai sensi dell’art. 2751 bis, n. 1 c.c. debbono essere soddisfatti in denaro integralmente entro trenta giorni dall’omologazione.

La domanda per l’accesso alla procedura va proposto con domanda ai sensi dell’art. 40 e deve essere accompagnato dai documenti di cui all’art. 39, oltre che dalla attestazione di un professionista indipendente che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano.

Il Tribunale è investito del compito di:

  • valutare la ritualità della proposta;
  • verificare xla correttezza dei criteri di formazione delle classi,
  • nominare il giudice delegato;
  • nominare oppure confermare il commissario giudiziale;
  • adottare i provvedimenti di cui all’art. 47, comma 2, lett. c) e d).

L’imprenditore:

  • conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa nel prevalente interesse dei creditori, sotto la vigilanza del commissario giudiziale.
  • informa preventivamente il commissario, per iscritto, del compimento di atti di straordinaria amministrazione, oltre che dell’esecuzione di pagamenti che non sono coerenti rispetto al piano di ristrutturazione.

Il commissario giudiziale ha il compito di:

  • segnalare per iscritto all’imprenditore e all’organo di controllo. quando ritiene che un atto può arrecare pregiudizio ai creditori ovvero non appare coerente rispetto al piano;
  • informare immediatamente il Tribunale quando l’atto viene compiuto nonostante la segnalazione.

Per quanto concerne le operazioni di voto, l’art. 64 bis rinvia agli artt. 107, 108, 109, comma 5, 6, 7, 110 e 111.

È tuttavia precisato che l’approvazione della proposta richiede in via alternativa:

  • la maggioranza dei crediti ammessi al voto per ciascuna classe;
  • il voto favorevole dei 2/3 dei crediti dei creditori votanti a condizione che abbiano votato i creditori titolari almeno la metà del totale dei crediti della medesima classe.

Il Tribunale provvede infatti all’omologa del piano di ristrutturazione nel caso di approvazione da parte di tutte le classi, come si è già avuto modo di precisare.

È possibile che un creditore dissenziente abbia proposto opposizione eccependo il difetto di convenienza dell’iniziativa, in questo caso il Tribunale omologa il piano di ristrutturazione quando dalla proposta il credito risulta soddisfatto in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale.

14. Conversione del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione in concordato preventivo

L’art. 64 ter disciplina invece il caso della conversione del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione in concordato preventivo.

Il legislatore ha disciplinato non solo l’ipotesi in cui l’omologazione sia impedita dalla mancata approvazione da parte di tutte le classi, ma anche il caso in cui il debitore spontaneamente abbia deciso di modificare la domanda formulando una proposta di concordato.

Nel caso in cui il piano di ristrutturazione non sia stato approvato da tutte le classi, il debitore ha dunque due possibilità:

  • può chiedere entro 15 giorni dalla data del deposito della relazione ex art. 110, che il Tribunale accerti l’esito della votazione ed omologhi il piano di ristrutturazione, a quando ritiene di avere ottenuto l’approvazione di tutte le classi.
  • può modificare la domanda e formulare una proposta di concordato.

La soluzione sopra richiamata può essere adottata anche quando un creditore abbia contestato il difetto di convenienza del piano.

Resta tuttavia possibile per il debitore modificare in qualsiasi momento la domanda tramite la formulazione di una proposta di concordato anche al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 64 ter.

Il debitore ha peraltro anche la possibilità modificare la domanda di concordato preventivo, chiedendo l’omologazione del piano di ristrutturazione: ciò è consentito solamente fino a quando non sono iniziate le operazioni di voto.

15. Concordato preventivo

L’art. 19 dello schema di decreto legislativo ha apportato modifiche profonde e rilevanti alla disciplina del concordato preventivo.

15.1. Tipi di piano di concordato

È stato innanzitutto modificato l’art. 84 che regola le finalità del concordato preventivo e le tipologie di piano.

La norma dispone infatti che l’imprenditore, che si trova in uno stato di crisi o di insolvenza, può proporre un concordato che realizzi sulla base di un piano il soddisfacimento dei creditori in misure non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione giudiziale attraverso:

  • la continuità aziendale;
  • la liquidazione del patrimonio;
  • l’attribuzione delle attività ad un assuntore; 
  • altre forme.

15.2. Concordato in continuità aziendale 

Per quanto concerne il concordato in continuità aziendale, la norma dispone che essa può essere:

  • diretta con prosecuzione dell’attività d’impresa da parte dell’imprenditore;
  • indiretta con gestione dell’azienda in esercizio o ripresa dell’attività da parte di un soggetto differente dal debitore (cessione, usufrutto, conferimento d’azienda in uno o più società, affitto, o qualunque altro titolo).

La proposta deve prevedere per ciascun creditore un’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che può anche consistere nella prosecuzione o rinnovazione di rapporti contrattuali. 

L’art. 84 dispone poi che i creditori vengono soddisfatti in misura anche non prevalente dal ricavato prodotto dalla continuittà aziendale diretta o indiretta.

15.3. Concordato con liquidazione del patrimonio

Per quanto riguarda invece il concordato con liquidazione del patrimonio la proposta deve prevedere un apporto di risorse esterne che incrementi nella misura almeno pari al 10% l’attivo disponibile al momento della presentazione della domanda.

È inoltre necessario che venga assicurato il soddisfacimento dei creditori chirografari e dei creditori privilegiati degradati per incapienza in misura non inferiore al 20% dell’ammontare complessivo

Con il termine risorse esterne la norma individua le risorse apportate a qualunque titolo dai soci senza obbligo di restituzione o con vincolo di postergazione di cui il piano prevede la diretta destinazione a vantaggio dei creditori concorsuali.

Per quanto concerne invece i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, la norma dispone che essi possono essere anche non integralmente soddisfatti.

È tuttavia necessario che essi siano soddisfatti in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione dei beni o dei diritti sui quali sussiste la causa di prelazione al netto del presumibile ammontare delle spese di procedure inerenti al bene o al diritto e della quota parte delle spese generali attestato da professionista indipendente (la quota residua è considerata come credito chirografario).

15.4. Valore di liquidazione nel concordato in continuità aziendale

Nel concordato in continuità aziendale il valore di liquidazione è distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione

Per il valore eccedente quello di liquidazione è sufficiente che i crediti inseriti in una classe ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore.

La norma dispone che i crediti assistiti da privilegio ex art. 2751 bis, n. 1, c.c. sono soddisfatti nel concordato in continuità aziendale nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione sul valore di liquidazione e sul valore eccedente il valore di liquidazione.

Se il piano prevede l’offerta da parte di un soggetto individuato, avente ad oggetto l’affitto o il trasferimento in suo favore, anche prima dell’omologazione, dell’azienda o di uno o più rami d’azienda, il commissario giudiziale verifica l’assenza di soluzioni alternative migliori sul mercato e assicura il rispetto dei principi di pubblicità e trasparenza.

15.5. Suddivisione dei creditori in classi

Nella sua nuova formulazione, l’art. 85 dispone che il piano può prevedere la suddivisione dei creditori in classi con trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse.

La suddivisione dei creditori in classi è obbligatoria per:

  • i creditori titolari di crediti tributari o previdenziali per i quali non è previsto il pagamento integrale;
  • i creditori titolari di garanzie prestate da terzi;
  • i creditori che vengono soddisfatti anche parzialmente con utilità differenti rispetto al denaro;
  • i creditori proponenti il concordato e le parti correlate.

La norma dispone che la suddivisione in classi è comunque obbligatoria per quanto concerne il concordato in continuità aziendale.

Sono altresì suddivisi in classi:i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca interessati dalla ristrutturazione in quanto non ricorrono le condizioni di cui all’art. 109, comma 5.

L’art. 86 prevede inoltre che sono inserite in classi separate le imprese minori titolari di crediti chirografari derivanti dalla fornitura di beni o servizi.

15.6. Contenuto del piano di concordato

È stato oggetto di modificazione anche l’art. 87 che disciplina il contenuto del piano di concordato.

La norma dispone che il debitore deve presentare unitamente alla proposta di concordato anche un piano il cui contenuto è descritto in modo molto dettagliato, visto che è necessario che esso contenga:

a) l’indicazione del debitore e delle eventuali parti correlate, le sue attività e passività al momento della presentazione del piano e la descrizione della situazione economico-finanziaria dell’impresa e della posizione dei lavoratori;

b) una descrizione delle cause e dell’entità dello stato di crisi o di insolvenza in cui si trova e l’indicazione delle strategie d’intervento;

c) il valore di liquidazione del patrimonio, alla data della domanda di concordato, in ipotesi di liquidazione giudiziale;

d) le modalità di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito;

e) la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta nonché, in caso di concordato in continuità, il piano industriale con l’indicazione degli effetti sul piano finanziario e dei tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria; ed ove sia prevista la prosecuzione dell’attività d’impresa in forma diretta, l’analitica individuazione dei costi e dei ricavi attesi, del fabbisogno finanziario e delle relative modalità di copertura, tenendo conto anche dei costi necessari per assicurare il rispetto della normativa in materia di sicurezza sul lavoro e di tutela dell’ambiente;

g) gli apporti di finanza nuova eventualmente previsti e le ragioni per cui sono necessari per l’attuazione del piano;

h) le azioni risarcitorie e recuperatorie esperibili, nonché le azioni eventualmente proponibili solo nel caso di apertura della procedura di liquidazione giudiziale e le prospettive di realizzo;

i) le iniziative da adottare qualora si verifichi uno scostamento dagli obiettivi pianificati;

l) le parti interessate dal piano, indicate individualmente o descritte per categorie di debiti, e l’ammontare dei relativi crediti e interessi, con indicazione dell’ammontare eventualmente contestato;

m) le classi in cui le parti interessate sono state suddivise ai fini del voto, con indicazione dei criteri di formazione utilizzati, del valore dei rispettivi crediti e degli interessi di ciascuna classe;

n) le eventuali parti non interessate dal piano, indicate individualmente o descritte per categorie di debiti, unitamente a una descrizione dei motivi per i quali non sono interessate;

o) le modalità di informazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori nonché gli effetti della ristrutturazione sui rapporti di lavoro, sulla loro organizzazione o sulle modalità di svolgimento delle prestazioni;

p) l’indicazione del commissario giudiziale ove già nominato.

Il debitore deve depositare anche la relazione di un professionista indipendente, che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano. 

Nel caso concordato in continuità aziendale, la relazione del professionista indipendente deve attestare altresì che il piano è:

  • atto a impedire o superare l’insolvenza del debitore;
  • garantire la sostenibilità economica dell’impresa;
  • riconoscere a ciascun creditore un trattamento non deteriore rispetto a quello che riceverebbe in caso di liquidazione giudiziale. 

La norma dispone altresì che la relazione deve essere depositata anche nel caso in cui vengano apportate modifiche sostanziali della proposta o del piano.

15.7. Contratti pendenti nel concordato in continuità aziendale

L’art. 21 dello schema di decreto legislativo ha inserito l’art. 94 bis che fornisce disposizioni speciali per i contratti pendenti nel concordato in continuità aziendale. 

Con riferimento ai contratti in corso di esecuzione alla luce di quanto previsto dall’art 94 bis, i creditori non possono in via unilaterale::

  • rifiutare l’adempimento dei contratti;
  • provocare la risoluzione dei contratti;
  • anticipare la scadenza o modificare i contratti in danno dell’imprenditore.

Queste decisioni non possono essere assunte sulla sola base del fatto derivante dal deposito della domanda di accesso al concordato in continuità aziendale o dell’emissione del decreto di apertura del concordato preventivo e della concessione delle misure protettive o cautelari (ovvero anche nel caso in cui siano state concesse misure protettive).

Sono sanzionati con l’inefficacia gli eventuali patti contrari.

Si tratta di posizioni che non trovano giustificazione neppure nel fatto derivante dal mancato pagamento di crediti anteriori rispetto alla presentazione della domanda di accesso al concordato preventivo in continuità aziendale.

La disposizione definisce infine come essenziali i contratti necessari per la continuazione della gestione corrente dell’impresa, inclusi i contratti relativi alle forniture la cui interruzione impedisce la prosecuzione dell’attività del debitore. 

15.8. Maggioranza per l’approvazione del concordato

L’art. 23 dello schema di decreto legislativo ha poi modificato quanto disposto dall’art. 109 che disciplina le regole sulla maggioranza per l’approvazione del concordato.

La novella interessa in particolare il concordato in continuità aziendale visto quanto previsto dall’art. 109, comma 5. 

La norma dispone infatti che il concordato in continuità aziendale è approvato se tutte le classi votano a favore.

In ciascuna classe la proposta è approvata in via alternativa:

  • se è raggiunta la maggioranza dei crediti ammessi al voto;
  • se hanno votato favorevolmente i 2/3 dei crediti dei creditori votanti a condizione che abbiano votato i creditori titolari di almeno la metà del totale dei crediti della medesima classe.

In caso di mancata approvazione, l’art. 109, comma 5 rinvia a quanto previsto dall’art. 112, comma 2.

Per quanto riguarda i creditori muniti di diritti di prelazione, la norma dispone che essi non esercitano il voto se vengono soddisfatti integralmente in denaro entro il termine di 180 giorni dalla omologazione (il termine è ridotto a 30 giorni per i crediti assistiti da privilegio ex art. 2751 bis n. 1 c.c.).

È necessario in questo caso caso che la garanzia reale che assiste il credito ipotecario o pignoratizio resti ferma fino alla liquidazione funzionale al loro pagamento, dei beni, e diritti su cui sussiste la causa di prelazione.

15.9. Giudizio di omologazione

L’art. 24 dello schema di decreto legislativo ha modificato profondamente l’art. 112 del D.lgs. n. 14/2019 che disciplina il giudizio di omologazione.

Secondo quanto previsto dal novellato art. 112, il Tribunale procede in generale con l’omologazione del concordato preventivo dopo aver verificato:

  • la regolarità della procedura;
  • l’esito della votazione;
  • l’ammissibilità della proposta;
  • la corretta formazione delle classi;
  • la parità di trattamento dei creditori all’interno di ciascuna classe;
  • la fattibilità del piano da intendersi come la non manifesta inattitudine a raggiungere gli obiettivi prefissati.

Per quanto riguarda più specificatamente il concordato in continuità aziendale, il Tribunale deve anche verificare che:

  • tutte le classi abbiano votato favorevolmente
  • il piano non sia privo di ragionevoli prospettive di impedire o superare l’insolvenza; 
  • gli eventuali nuovi finanziamenti siano necessari per l’attuazione del piano e non pregiudichino gli interessi dei creditori.

Il Tribunale può omologare, su richiesta o col consenso del debitore, il concordato in continuità aziendale anche se una o più classi sono dissenzienti quando concorrono congiuntamente le seguenti condizioni:

  • il valore di liquidazione è distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione;
  • il valore eccedente quello di liquidazione è distribuito in modo che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore (rimane fermo quanto previsto dall’articolo 84, comma 7);
  • nessun creditore riceve più dell’importo del proprio credito;
  • la proposta è approvata a) dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure b) da almeno una classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti, rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione.

La norma dispone inoltre che il Tribunale possa omologare il concordato in continuità aziendale anche nel caso in cui sia stata formulata opposizione da parte di un creditore dissenziente, il quale abbia eccepito il difetto di convenienza economica.

Ciò è possibile quando il credito risulta soddisfatto in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale alla luce di quanto indicato nella proposta e nel piano.

L’art. 112 prevede inoltre che il Tribunale possa disporre la stima del complesso aziendale nel caso in cui il creditore dissenziente abbia eccepito nella opposizione la violazione della convenienza economica od il mancato rispetto delle condizioni di ristrutturazione.

Per quanto riguarda invece il concordato in liquidazione o l’attribuzione delle attività ad un assuntore o qualsiasi altra forma, il Tribunale può omologare la il concordato quando ritiene che il credito può risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale anche se è stata contestata la convenienza economica della proposta da parte di un creditore dissenziente o di creditori dissenzienti che rappresentano il 20% dei crediti ammessi al voto quando non siano formate le classi. 

15.10. Chiusura della procedura

È stato inserito il comma 1-bis all’art. 113 del del D.lgs. n. 14/2019 in forza del quale è stato fissato in modo esplicito il termine entro il quale deve avvenire l’omologazione del concordato. 

Il termine è stato fissato in 1 anno dalla presentazione della domanda.

16. Quadri di ristrutturazione preventiva delle società

L’art. 25 dello schema di decreto legislativo ha inserito la sezione VI-bis del Capo III del Titolo IV della Parte Prima del D.lgs. n. 14/2019 che è intitolata ai quadri di ristrutturazione preventiva delle società.

L’art. 120 bis e ss individua i soggetti legittimati a presentare, in via esclusiva, la richiesta di accesso alla procedura.

L’accesso è deciso dagli amministratori unitamente al contenuto della proposta ed alle condizioni del piano.

La decisione deve inoltre risultare da verbale redatto da un notaio e deve essere depositata ed iscritta presso il Registro delle imprese.

L’art. 120 bis dispone inoltre che il piano può prevedere qualsiasi modificazione dello statuto della società ivi inclusi:

  • aumenti e riduzioni di capitale anche con la limitazione o l’esclusione del diritto di opzione ed altre modifiche che incidono sui diritti di partecipazione dei soci;
  • fusioni;
  • scissioni;
  • trasformazioni.

Gli amministratori sono investiti di un dovere di informazione in quanto sono tenuti a:

  • dare comunicazione ai soci della decisione di accedere ad un quadro di ristrutturazione preventiva;
  • riferire periodicamente in merito all’andamento della procedura;

È interessante notare che la revoca degli amministratori è inefficace nel periodo compreso tra l’iscrizione della decisione di accesso alla procedura e sino alla omologazione.

La revoca è consentita solamente in presenza di una giusta causa.

La norma a tale proposito precisa che la presentazione di una domanda di accesso a un quadro di ristrutturazione preventiva in presenza delle condizioni di legge non costituisce giusta causa di revoca degli amministratori.

Le disposizioni di cui all’art. 120 bis trovano infine applicazione anche per quanto concerne i quadri di ristrutturazione presentati da imprenditori collettivi differenti rispetto alle società.

L’art. 120 ter regola poi il classamento dei soci e dei titolari di strumenti finanziari mentre l’art. 120-quater e l’art. 120-quinques regolano rispettivamente le condizioni di omologazione con attribuzione ai soci e la fase di esecuzione.

17. Esdebitazione

L’art. 32 dello schema di decreto legislativo ha apportato alcune modifiche anche all’istituto della esdebitazione.

Secondo quanto previsto dall’’art. 278 del D.lgs. n. 14/2019, l’esdebitazione consiste, come noto, nella liberazione dai debiti e comporta la inesigibilità dal debitore dei crediti rimasti insoddisfatti nell’ambito di una procedura concorsuale che prevede la liquidazione dei beni

L’art. 32 dello schema di decreto legislativo ha inserito all’art. 278, comma 1, la seguente ulteriore previsione precisando che con l’esdebitazione vengono meno le cause di ineleggibilità e di decadenza collegate all’apertura della liquidazione giudiziale.

È stato inoltre soppresso l’art. 279, comma 2, che prevedeva un termine di 2 anni dall’apertura della procedura di liquidazione o al momento della chiusura della procedura per il conseguimento della esdebitazione per quanto concerne i soggetti che avevano proposto istanza di composizione assistita della crisi. 

18. Entrata in vigore

L’art. 44 dello schema di decreto legislativo ha abrograto quanto disposto dall’art. 389, comma 1 bis del D.lgs. n. 14/2019 che subordinava l’entrata in vigore del Titolo II, Parte Prima del Codice alla data del 31 dicembre 2023.

L’entrata in vigore del Codice della Crisi di impresa dovrebbe entrare pertanto pienamente in vigore a partire dal 16 maggio 2022.

CONSIGLIO DEI MINISTRI, SCHEMA DI D.LGS. APPROVATO IL 17 MARZO 2022>> SCARICA IL PDF

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[1] La Direttiva (UE) 2019/1023 modifica la direttiva (UE) 2017/1132.

 

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