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Con la sentenza n. 9389 del 10 maggio 2016, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha chiarito se la nullità del contratto, del cui adempimento si è trattato in sede monitoria, possa essere fatta valere in sede di opposizione all’esecuzione, a seguito del passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo non opposto.

Nel caso di specie, un correntista, deducendo la nullità della clausola contrattuale sulla capitalizzazione trimestrale degli interessi (anatocismo), aveva proposto opposizione all’esecuzione nei confronti degli istituti di credito che, in virtù del decreto ingiuntivo non opposto, costituente titolo esecutivo, avevano intrapreso nei suoi confronti la procedura di espropriazione immobiliare al fine di recuperare il credito vantato.

In primo luogo, la Corte di Cassazione ha rilevato che, in sede di opposizione all’esecuzione, anche per l’eccezione di nullità del contratto per anatocismo si applica il principio di preclusione del dedotto e del deducibile, formatosi a seguito del passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo non opposto.

Sul punto, la Suprema Corte ha infatti affermato che l’efficacia di cosa passata in giudicato del decreto ingiuntivo non opposto si estende anche sugli accertamenti costituenti presupposto logico-giuridico del rapporto giuridico su cui il giudice si è definitivamente pronunciato, in tal modo precludendo che tali accertamenti possano essere fatti oggetto di un ulteriore e successivo accertamento in un separato e autonomo giudizio (Cass. n. 18791/2009).

A tale riguardo, la Corte di Cassazione afferma che tale principio, “trova applicazione anche in riferimento al decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma id denaro, il quale ove non sia proposta opposizione, acquista efficacia di giudicato non solo in ordine al credito azionato, ma anche in relazione al titolo posto a fondamento dello stesso, precludendo in tal modo ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda” (Cass. n.18725/2007).

Ciò chiarito, la Suprema Corte ha dunque statuito che le questioni afferenti i fatti costitutivi, estintivi o impeditivi preesistenti alla formazione del titolo esecutivo giudiziale del decreto ingiuntivo devono essere eccepite nell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo e non nell’opposizione all’esecuzione, con la quale, in virtù del principio della preclusione del dedotto e deducibile, formatosi a seguito del passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo, possono essere fatti valere soltanto i fatti sopravvenuti al giudicato stesso (Cass. n. 2870/1997; Cass. 11360/2010).

In conclusione, applicando i suddetti principi al caso in esame, i giudici di legittimità hanno quindi ritenuto che, in forza del principio di preclusione del dedotto e del deducibile, la questione della nullità del contratto di conto corrente per anatocismo doveva essere correttamente eccepita in sede monitoria e non in sede di opposizione all’esecuzione, atteso che la validità del contratto di conto corrente rappresenta fatto costitutivo della domanda di condanna e, quindi, presupposto logico giuridico su cui si fonda il decreto ingiuntivo passato in giudicato.

La Corte ha pertanto rigettato il ricorso e condannato il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità.

Leggi la sentenza integrale: Corte di Cassazione, sez. III civile, sentenza n. 9389 del 10 maggio 2016



 

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