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Le riduzioni dei debiti che emergono successivamente alla omologazione del concordato preventivo, anche se «con cessione dei beni», danno origine a sopravvenienze attive interamente imponibili, non essendo qualificabili come sopravvenienze da esdebitazione concordataria e non potendo perciò trovare applicazione la detassazione prevista dall’articolo 88, comma 4-ter, del Tuir.

È quanto sostiene la risposta a interpello 201/2022 delle Entrate, con riferimento a una procedura di concordato, omologata da vari anni, in cui si prevedeva la soddisfazione dei creditori chirografari, nella misura del 40%, attraverso il ricavato della liquidazione dei beni della società debitrice. Durante la fase di esecuzione del concordato, tuttavia, il liquidatore aveva eccepito l’avvenuto decorso della prescrizione decennale per alcuni debiti e il relativo contenzioso si era concluso con la concessione di un ulteriore stralcio, che aveva originato altre sopravvenienze.

Secondo l’Agenzia la detassazione prevista dall’articolo 88, comma 4-ter opera, infatti, solo con riferimento alla riduzione prodotta dal provvedimento di omologa, ma non per le ulteriori sopravvenienze attive che trovano causa in ulteriori transazioni, in quanto, pur essendo «conseguite in fase di esecuzione di concordato, esulano dall’originario concordato omologato».

La limitazione individuata dalle Entrate, però, non appare conforme alla ratio della norma testé citata nonché dal comma 5 dell’articolo 86 in tema di plusvalenze conseguite nel concordato preventivo, che è quella di non gravare di oneri fiscali un’impresa già soggetta a procedure come concordato liquidatorio o fallimento in considerazione della sua effettiva «incapacità contributiva». Si rivela perciò del tutto indifferente la causa della riduzione nonché la fase in cui essa interviene, poiché nel concordato con cessione die beni la percentuale proposta costituisce solo una previsione e l’effetto esdebitatorio si produce al termine della fase di esecuzione del concordato.

L’Agenzia, inoltre, sempre in virtù della ratio sottesa a tali specifiche norme, ha affermato l’integrale imponibilità dell’eventuale residuo attivo, in denaro e in natura, emergente dopo il soddisfacimento dei creditori. Questa affermazione è da condividere, perché esso costituisce una manifestazione di capacità contributiva, analogamente a quanto prevede per il fallimento l’articolo 183 del Tuir, indipendentemente dal fatto che esso sia formato anche da risorse generate da plusvalenze e sopravvenienze che siano di per sé non tassabili a norma degli articoli 86 e 88 del Tuir.

 

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