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Offre spunti di riflessione interessanti la sentenza 12 febbraio 2024 n. 9, con cui il Tribunale di Pesaro ha dichiarato aperto il procedimento di liquidazione controllata del patrimonio familiare presentato da due coniugi in stato di sovraindebitamento, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2 comma 1 lett. c), 66 e 268 ss. del DLgs. 14/2019 (Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, CCII).

La vicenda trae origine da un ricorso con il quale due coniugi, conviventi e che come detto versano in uno stato di sovraindebitamento – come tratteggiato dall’art. 2 comma 1 lett. c) del CCII – dall’origine comune (poiché caratterizzato, in larga parte, da finanziamenti non rimborsati, contratti dall’uno e garantiti dall’altro coniuge), richiedevano al Tribunale, nella loro rispettiva veste di debitori ex art. 2 comma 1 lett. c) del CCII, ovverosia non assoggettabili alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o di insolvenza, oltre che di familiari conviventi ex artt. 66 commi 1 e 2 del CCII, l’apertura a proprio carico di un procedimento di liquidazione controllata familiare ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 66 e 268 ss. del CCII.
Il procedimento veniva dichiarato aperto con la sentenza depositata il 12 febbraio 2024.

Sulla scorta delle brevi, ma sicuramente utili, indicazioni contenute nella pronuncia in commento, risultava, altresì, dedotto dai ricorrenti, in sede di atto introduttivo della promossa procedura liquidatoria:
– da un lato, il fatto che solo uno dei due avesse una occupazione lavorativa e possedesse, quindi, un reddito da lavoro (reddito che, nella misura eccedente a quanto occorrente al mantenimento proprio e del proprio nucleo familiare, avrebbe potuto e dovuto, poi, essere messo a disposizione della procedura liquidatoria nell’arco temporale del triennio dall’apertura ex artt. 268 comma 4 lett. b) e 282 del CCII), mentre l’altro fosse, allo stato, privo di una occupazione lavorativa e, dunque, privo di qualsivoglia reddito ed entrata da poter mettere a disposizione del ceto creditorio;
– dall’altro, il fatto che nel ricorso i coniugi avevano richiesto l’esclusione dalla liquidazione, rispettivamente, delle autovetture di loro proprietà, poiché di scarso valore, vetuste e, comunque, necessarie per far fronte alle esigenze familiari, nonché del proprio conto corrente, presentante un saldo sì attivo, ma del tutto esiguo.

Il Tribunale di Pesaro, peraltro ponendosi nel solco delle medesime argomentazioni già sviluppate nel contesto di un altro precedente del Tribunale di Modena 31 marzo 2023 n. 38, ha, in primo luogo, ritenuto come la circostanza per cui uno dei coniugi fosse privo di una occupazione lavorativa e, quindi, di reddito non avrebbe dovuto considerarsi ostativa all’accesso, anche da parte di quest’ultimo, alla procedura liquidatoria unitamente al coniuge “capiente”, per le seguenti ragioni:
– il coniuge disoccupato o, comunque, inoccupato possedeva un’astratta capacità lavorativa, che avrebbe reso possibile un’eventuale sopravvenuta capienza dello stesso e, dunque, il possesso di una entrata da poter mettere a disposizione del ceto creditorio nel contesto della procedura liquidatoria;
– questi, inoltre, aveva manifestato la possibilità e, in ogni caso, la concreta e attuale intenzione di reperimento di un’occupazione lavorativa nel breve-medio termine, il che avrebbe consentito, come già anticipato, una concreta contribuzione, anche da parte sua, alla parziale soddisfazione dei creditori concorsuali, seppur in una prospettiva futura;
– il fatto che l’indebitamento fosse per lo più caratterizzato dalle obbligazioni in solido, il che rendeva rilevante “l’esigenza di valutare unitariamente la posizione del nucleo familiare”.

Diversamente opinando, secondo il Tribunale di Pesaro, l’opzione di escludere il coniuge disoccupato o, comunque, inoccupato dalla procedura liquidatoria non avrebbe che potuto dirsi altro se non del tutto “irrazionale”.

In secondo luogo, la sentenza in esame ha altresì accolto la richiesta dei ricorrenti volta all’esclusione dalla liquidazione sia delle autovetture di proprietà dei medesimi, sia del conto corrente, deducendo, quanto alle autovetture, la loro vetustà, il loro nullo valore commerciale e la necessità di essere utilizzate per far fronte alle esigenze familiari (in senso parzialmente conforme, Trib. Torino 9 novembre 2023, che, tuttavia, demanda al liquidatore la decisione circa la derelizione o meno dell’autovettura; contra, Trib. Lecce 30 novembre 2023).

 

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