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Il tema di analisi oggetto del presente decreto è relativo all’ “estensibilità o meno del costante orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di necessità dell’apposizione della dichiarazione ex art. 647 c.p.c. in un decreto ingiuntivo prima della data di emissione della sentenza di fallimento ai fini dell’opponibilità di detto titolo alla procedura di concordato preventivo qualora sfoci nella procedura fallimentare in virtù del principio della consecuzione tra le procedure”.

Nella fattispecie, il ricorrente aveva proposto opposizione avverso il decreto con il quale il giudice delegato aveva dichiarato esecutivo lo stato passivo del fallimento di una società in liquidazione nella parte in cui non era stato ammesso parte del credito richiesto e non era stato riconosciuto il privilegio indicato. Tale credito era stato escluso in quanto derivate da due decreti ingiuntivi privi della dichiarazione di esecutività ex art. 647 c.p.c. alla data del deposito della domanda di concordato preventivo, nella procedura cui è poi seguito il fallimento in questione.

In particolare, ad avviso del giudice delegato, in virtù del principio di consecuzione delle procedure ed in considerazione dello stato di insolvenza in cui già versava la società alla data del deposito del ricorso per concordato preventivo, detti titoli sarebbero stati inopponibili alla procedura in ossequio al consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità in ordine alla valenza della dichiarazione ex art. 647 c.p.c. e degli art. 169 e 45 L.F..

Il ricorrente, opponendosi, contestava principalmente proprio l’applicabilità alla fattispecie del principio di consecuzione delle procedure, sottolineando il diverso carattere della procedura di concordato rispetto a quella fallimentare, la prima implicante un accertamento di natura amministrativa e la seconda di natura costitutiva, tale per cui sarebbe irrilevante la dichiarazione ex art. 647 c.p.c. prima dell’instaurazione del concordato.

Il Tribunale di Rovigo non ha però accolto l’opposizione sul punto. Ha infatti osservato che “il decreto ingiuntivo non munito di esecutorietà ex art. 647 c.p.c. non è opponibile al fallimento attesa la valenza giuridica dell’attività di accertamento svolta in tale sede dal giudice, l’unica idonea a munire il titolo di valenza di cosa giudicata formale e sostanziale e a renderlo opponibile al fallimento, poiché, intervenuto il fallimento, ogni credito va accertato nel concorso dei creditori secondo la procedura prevista dalla legge fallimentare per l’accertamento del passivo”.

La chiave dell’applicabilità del principio di consecuzione delle procedure in detta ipotesi, sottolinea il giudice, “risiede non tanto nell’avvenuta ammissione o meno al concordato dopo la presentazione della relativa domanda, quanto piuttosto nella sussistenza ab origine, quindi sin dalla presentazione della domanda di concordato, di quello stato di insolvenza che comunque avrebbe dato luogo al fallimento”.

Nel caso in esame, infatti, emerge per tabulas (in particolare, considerato il breve lasso di tempo trascorso tra il deposito della domanda di concordato e il deposito della sentenza dichiarativa di fallimento e il fatto che la società avesse già cessato la propria attività prima della presentazione della domanda di concordato) che alla data di presentazione della domanda di concordato sussistesse già quello stato di insolvenza idoneo a provocare una declaratoria di fallimento.

Ne consegue l’inopponibilità al fallimento dei d. i. e delle relative iscrizioni ipotecarie in quanto basate su titoli non opponibili al fallimento.

Per approfondimenti:

(Altalex, 27 maggio 2016. Nota di Giuseppina Mattiello)

 

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