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(Teleborsa) – “Siamo passati dalla pandemia sanitaria a quella economica. Nel 2020 la sospensione delle procedure esecutive ha riguardato circa 44mila immobili; con la revoca delle sospensioni c’è stata una vera e propria esplosione delle vendite all’asta. Il rischio oramai concreto è che migliaia di famiglie italiane trascorrano questo inverno impegnate a difendere la loro prima casa. Altra conseguenza di questo fenomeno è stato il crollo del valore economico degli immobili sottoposti alle procedure esecutive”. Questo l’allarme lanciato da Elvira Carpentieri, presidente del Centro studi sulla crisi economica delle famiglie italiane (Cscefi) nel corso del webinar “In crescita il debito delle famiglie italiane” promosso in collaborazione con l’Osservatorio sul debito con banche e finanziarie”.

Il dato che ci fa preoccupare – prosegue l’avvocato Carpentieri – non è solo l’aumento del 44% dei nuovi poveri ma soprattutto il nuovo fenomeno dei cosiddetti ‘poveri a intermittenza’, vale a dire tutti coloro che entrano e escono dalla soglia di povertà. Sono quasi sempre stipendiati, con contratto a tempo indeterminato, che per cause legate al Covid-19 o a motivi di salute, oppure alla perdita del posto di lavoro del coniuge, hanno aumentato la predisposizione all’indebitamento producendo forti squilibri che si riflettono nel rapporto con le banche. Difendere la prima casa è possibile, ci sono diversi strumenti per farlo. Bisogna affidarsi a professionisti specializzati nella materia che siano in grado di elaborare diverse strategie. Le parole d’ordine sono consapevolezza e sostenibilità. Occorre agire tempestivamente prendendo in mano da subito la situazione per evitare di perdere la casa e, al tempo stesso, rimanere indebitati. Se ci si accorge di non poter più sostenere i pagamenti si può rinegoziare il debito con la banca, cercare di modificare il tasso o la durata o tipologia di contratto. Se la banca non concede questa possibilità è possibile cercare altri istituti che offrano condizioni migliori con surroga del mutuo. Se si è in uno stato avanzato della crisi, in ultima istanza, si può cercare lo stralcio oppure arrivare ad accordi stragiudiziali”.

“La situazione dell’esposizione della prima casa è particolarmente grave al Sud, dove si sono registrati aumenti delle procedure esecutive del 113% e nelle isole dove l’aumento arriva a toccare il 285% – afferma Francesco Cacciola, presidente dell’Ond (Osservatorio nazionale sul debito con banche e finanziarie) –. Il valore delle prime case all’asta nel 66% dei casi non supera i 100mila euro e nell’89% dei casi non arriva a 200mila euro. Ciò vuol dire che il rischio è quello di perdere la casa e rimanere con il debito. Una situazione in progress perché l’eccesso di offerta all’asta determinerà ulteriori ribassi dei valori medi. Il ‘caso Sicilia’ è emblematico con diversi immobili venduti all’asta a 10mila euro. Vale a dire che la vendita copre a malapena le spese della procedura lasciando integro il debito. E’ paradosso sul quale bisogna intervenire a sostegno delle famiglie. Offrendo loro la possibilità di intraprendere nuove strade per ricominciare. Quando si hanno debiti, spesso per la prima volta, si ha paura e non si sa cosa fare. Si rischia di finire in mano a usurai così come tanti si rivolgono a persone che non potevano assisterle nel migliore dei modi. Riuscire a trovare accordi che permettano di trovare la sostenibilità del debito è fondamentale. Nascono come funghi società che propongono come soluzioni la cosiddetta ‘legge anti-suicidi’ anche se il 72% delle procedure non vanno a buon fine. È essenziale rivolgersi a chi è specializzato per trovare soluzioni concrete e sia in grado di seguire a 360 gradi l’evoluzione del debito”.

“L’effetto pandemia ha colpito famiglie già indebolite dalla lunga crisi economica che sta vivendo il Paese – sottolinea Enrica Morlicchio, prof. ordinario di sociologia del lavoro all’Università degli studi di Napoli “Federico II” –. Al Sud le famiglie non possono più contare sui beni rifugio che in passato contenevano il disagio. È venuta meno anche la solidarietà familiare così come il fattore risparmio. I meccanismi finanziari di tipo bancario andrebbero modificati per permettere alle famiglie di non rimanere intrappolate nell’indebitamento. Due dati sono fondamentali: nel Sud il tasso di occupazione femminile è al 35%, correlato alla carenza di servizi per l’infanzia; i neet al Sud sono il 40%. Dall’indebitamento si esce con strumenti tecnici ma principalmente rafforzando l’intensità lavorativa delle famiglie”.

“La revisione dell’Irpef e la proroga dei bonus – sottolinea Alessio Saraullo, consigliere nazionale dell’Unione giovani dottori commercialisti ed esperti contabili – sono misure che tendono a sostenere l’economia in fase di uscita incidendo sul tasso di crescita nel medio periodo. Un altro elemento fondamentale è l’introduzione dell’assegno unico che mette ordine nelle diverse forme di aiuto alle famiglie. Manca invece una visione globale del lavoro con uno sbilanciamento in favore dei sussidi. Sarebbe meglio investire sulle politiche attive del lavoro investendo sulla formazione e offrendo incentivi alle aziende per assumere soprattutto le nuove leve. Sarebbe auspicabile anche la previsione di una detassazione per le misure di welfare aziendale da erogare anche in forma diretta al singolo dipendente che si trova in difficoltà. Per i soggetti che fanno ricorso, invece, alle procedure di sovraindebitamento sarebbe opportuno lavorare sulla proposta di sospensione della procedura esecutiva individuale già al tempo della presentazione della domanda, nonché prevedere forme di gratuito patrocinio per le procedure di esdebitazione dell’incapiente ed, infine, ulteriore tema su cui intervenire riguarda la necessità di rinvio e rimodulazione delle rate in scadenza di rottamazione e saldo e stralcio di Agenzia Entrate Riscossione”.



 

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