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In tema di espropriazione forzata immobiliare, quali sono le conseguenze della mancata produzione del titolo attestante la  proprietà del debitore esecutato sulla base di una serie continua di trascrizioni d’idonei atti di acquisto riferibili al periodo che va dalla data di trascrizione del pignoramento fino al primo atto di acquisto precedente al ventennio a decorrere dalla stessa?

Alla domanda risponde la Terza Sezione civile della Cassazione con la sentenza n. 15597 depositata l’11 giugno 2019 (testo integrale in calce).

Sommario

  1. I precedenti gradi di giudizio
  2. I motivi del ricorso per cassazione
  3. Valutazioni preliminari della S.C. sulla proponibilità della domanda ex art. 382 c.p.c., comma 3
  4. L’infondatezza del primo e del terzo motivo di ricorso
  5. L’infondatezza del secondo motivo di ricorso
  6. Il principio di diritto

1. I precedenti gradi di giudizio

L’Istituto di credito Alfa proponeva reclamo ai sensi dell’art. 630 c.p.c., comma 2, contro l’ordinanza del novembre 2011 con cui il giudice dell’esecuzione immobiliare, intrapresa nei confronti di Caio e Sempronio – rilevata l’incompleta ricostruzione della provenienza del diritto staggito -, aveva dichiarato l’estinzione della procedura medesima. Il tribunale rigettava il reclamo con pronuncia che veniva confermata dalla corte di appello: le particelle interessate erano giunte alle parti, poi venditrici ai debitori con atto trascritto nel 2002, per successione a Tizio, deceduto nel 1997 con denuncia del 2002 trascritta nel 2005; a ritroso, dalla trascrizione del pignoramento, dell’11 dicembre 2008, fino alla prima data disponibile per le verifiche di conservatoria meccanizzata, 24 luglio 1957, non risultavano altri passaggi, e quindi neppure risultava alcun atto trascritto a favore del ‘de cuius’ che ne attestasse la titolarità; difettando il riscontro del titolo di acquisto anteriore al ventennio, si doveva considerare una mera illazione, priva di riscontro pur indiziario, l’acquisto del bene da parte del dante causa Tizio anteriormente al luglio 1957. Né si poteva presumere l’intervenuta usucapione (per cui avrebbero dovuto accertarsi presupposti la cui verifica esorbitava dai poteri del giudice dell’esecuzione).

2. I motivi del ricorso per cassazione

Alfa ha dunque proposto ricorso per n. 3 motivi, succintamente:

1. violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.: la corte di appello ha omesso di pronunciarsi sulla censura concernente l’illegittimità della dichiarazione di estinzione della procedura esecutiva poiché assunta in un’ipotesi (mancata produzione di una trascrizione favorevole all’originario dante causa anteriore al ventennio dalla trascrizione del pignoramento) diversa da quelle tassativamente individuate dall’art. 567 c.p.c., comma 2;

2. violazione e falsa applicazione degli artt. 567 c.p.c. e 2650 c.c.: la corte di appello non ha considerato che al giudice dell’esecuzione non spetta un compiuto accertamento della titolarità del bene esecutato, ma una verifica formale inerente alla documentazione relativa al ventennio, che costituisce indice di appartenenza del bene, per usucapione, sufficiente alla prosecuzione del procedimento esecutivo. Inoltre, come accertato, era stata eseguita la massima verifica possibile, non essendo documentabile quanto richiesto anteriormente ai dati rinvenuti in conservatoria sino al 1957, che precedevano di un cinquantennio la trascrizione del pignoramento;

3. violazione degli artt. 629, 630 e 631 c.p.c. nonché dell’art. 567 c.p.c., comma 3: la corte di appello ha errato nel dichiarare l’estinzione della procedura esecutiva al di fuori dei casi in cui risulta tassativamente prevista dalla legge.

3. Valutazioni preliminari della S.C. sulla proponibilità della domanda ex art. 382 c.p.c., comma 3

Il giudice dell’esecuzione ha dichiarato l’estinzione della procedura coattiva, ex art. 567 c.p.c., comma 3, per carenza di documentazione aggiuntiva rispetto a quella espressamente prevista dal comma 2 della stessa norma (cfr., sia pure con riferimento alla disciplina anteriore al D.L. n. 35 del 2005, convertito con modificazioni, dalla L. n. 80 del 2005, Cass. 03/11/2017, n. 26244). Senonché non di estinzione (tipica) si è trattato, bensì di chiusura anticipata del processo (per sua improseguibilità), spesso indicata come estinzione atipica, ma ricostruttivamente da considerare fattispecie differente, per quanto appena rilevato (cfr. Cass. 10/05/2016, n. 9501, Cass. 27/01/2017, n. 2043, Cass. 13/11/2018, n. 29026).

Parimenti il reclamo avrebbe dovuto chiamarsi opposizione agli atti (comunque tempestiva, poiché il deposito del reclamo risaliva al 19.12.2011, la comunicazione dell’ordinanza al 29.11.2011) ma né il tribunale né la corte di appello hanno ridenominato correttamente gli atti.

Per il principio dell’apparenza inerente ai rimedi impugnatori e più latamente oppositivi (cfr., di recente, Cass. 09/08/2018, n. 20705), per la S.C. non può ritenersi improponibile il reclamo e inammissibile l’appello.

4. L’infondatezza del primo e del terzo motivo di ricorso

La S.C. ha esaminato congiuntamente il primo e il terzo motivo, per l’evidente loro stretta connessione.

E’ ripresa, poiché condivisa, l’affermazione della corte territoriale per cui l’arco temporale individuato dalla prescrizione normativa per la produzione dei certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all’immobile staggito, deponga nel senso che la norma risponde “all’esigenza di far accertare al giudice la loro continuità per il periodo necessario a far maturare l’acquisto per usucapione in capo al debitore esecutato”; tuttavia è altresì evidente come “l’eventuale continuità per venti anni anteriori alla trascrizione del pignoramento non sia in grado di garantire al debitore esecutato l’avvenuto acquisto a titolo originario, per il quale… occorrono una serie di presupposti il cui accertamento esorbita dai poteri del giudice dell’esecuzione”. E’ dunque ribadito che l’acquisto della proprietà del bene, da parte del ricordato dante causa ‘originario’, in data anteriore alla prima data disponibile per le verifiche meccanizzate di conservatoria, non poteva che rappresentare una “mera illazione…, priva di qualsivoglia riscontro probatorio, anche indiziario”.

Discende da ciò che la proprietà del bene non era riferibile con certezza agli esecutati e che dunque quell’immobile non poteva essere venduto come preteso dal creditore procedente.

Conclude la S.C. affermando che:

  1. non vi è stata dunque una omissione di pronuncia;
  2. non vi è stata neppure una violazione del regime di estinzione del processo esecutivo, atteso che al di fuori delle ipotesi tassativamente previste dalla legge per una simile pronuncia, la statuizione di ‘estinzione atipica’ ovvero di ‘improseguibilità’ della procedura, deve semplicemente riqualificarsi come ‘chiusura anticipata’ del processo per espropriazione.

5. L’infondatezza del secondo motivo di ricorso

Posto che la verifica della titolarità dei beni è formale, per indici documentali, e non sostanziale, lo scopo della norma non può essere che quello “di garantire, con un grado di ragionevole probabilità, che l’espropriazione sia condotta su beni dell’esecutato, correttamente individuati quanto ai diritti spettanti sui medesimi all’esecutato stesso, e quanto ai relativi pesi, quali tipicamente le ipoteche, su tali beni (ovvero diritti)”. Per questo è necessario risalire all’ultimo acquisto anteriore al ventennio “anche quando la trascrizione a favore dell’esecutato, o, come nella fattispecie in scrutinio, di un suo dante causa, ricada nel ventennio”. Ciò, da un lato, per verificare se vi sia continuità delle trascrizioni e dunque, possibilità di presumere operanti – nella limitata prospettiva della ragionevole affidabilità della vendita – le regole in tema di prescrizione acquisitiva in favore dell’esecutato o di quella estintiva in relazione ad eventuali iscrizioni pregiudizievoli; dall’altro, essendo i nomi dei danti causa dell’esecutato necessari, dal momento che è anche contro costoro che occorrerà verificare se siano trascritte formalità pregiudizievoli ovvero iscritte ipoteche.

Il Collegio non condivide l’opinione secondo cui la lettera della legge, per come modificata con il richiamo ai certificati delle iscrizioni e trascrizioni effettuate nei venti anni anteriori, sarebbe tale da indurre a ritenere sufficiente la certificazione ventennale, quale mero presupposto processuale idoneo da solo a consentire di mettere in vendita i beni oggetto di pignoramento. Risalire all’ultimo acquisto, idoneamente trascritto, anteriore al ventennio, a favore dell’esecutato o dei suoi danti causa, è la necessaria premessa per conferire attendibilità alle risultanze infraventennali cui, per sintesi legislativa, si è riferito il legislatore.

Naturalmente non è al giudice dell’esecuzione che spetta l’accertamento della proprietà del bene, sicché restano possibili evizioni; ma l’interpretazione prescelta è la sola che consente di limitare per quanto possibile tale rischio, sulla base di indici formali o presuntivi, ma pur sempre di apprezzabile intensità ed affidabilità.

In conclusione è confermato che:

a) solo se il creditore non fornisca, neppure nel termine fissato ex art. 567 c.p.c., comma 3, la certificazione del ventennio letteralmente richiamata, l’estinzione sarà tipica, mentre;

b) la mancata produzione del primo titolo di acquisto ultraventennale cui deve risalire la certificazione, oggetto di richiesta da iscrivere, di conseguenza, nel perimetro degli artt. 484 e 175 c.p.c., imporrà la chiusura anticipata del processo esecutivo, non essendo possibile porre in vendita il bene;

c) il regime del relativo termine fissato per l’acquisizione documentale indicata sub b) sarà quindi quello ordinatorio di cui agli artt. 152 e 154 c.p.c. (Cass., 27/01/2017, n. 2044);

d) il creditore procedente potrà, in applicazione dei principi generali in tema di rimessione in termini in ipotesi di causa non imputabile, dimostrare l’impossibilità incolpevole della produzione della documentazione sub b), specie nella prospettiva delle ricerche cartacee (ad es., per lo smarrimento dei documenti fisici di conservatoria anteriori alla meccanizzazione).

6. Il principio di diritto

“In tema di espropriazione forzata immobiliare, è doverosa la richiesta, da parte del giudice dell’esecuzione ai fini della vendita forzata, della certificazione attestante che, in base alle risultanze dei registri immobiliari, il bene pignorato appaia di proprietà del debitore esecutato sulla base di una serie continua di trascrizioni d’idonei atti di acquisto riferibili al periodo che va dalla data di trascrizione del pignoramento fino al primo atto di acquisto precedente al ventennio a decorrere dalla stessa. All’ordinanza di richiesta del primo atto di acquisto ultraventennale effettuata dal giudice dell’esecuzione si applica il regime degli artt. 484, 175, 152 e 154 c.p.c., e alla mancata produzione del suddetto titolo, imputabile al soggetto richiesto, consegue la dichiarazione di chiusura anticipata del processo esecutivo”.

CASSAZIONE CIVILE, SENTENZA 15597/2019 > SCARICA IL TESTO PDF

 

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