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Con il decreto «salva casa» del 29 maggio scorso si annunciano importanti novità per i proprietari che vogliano sanare abusi edilizi nei loro immobili. Il decreto sta ora percorrendo l’iter parlamentare e alcune cose andranno sicuramente sistemate, perché il testo lascia spazio ad alcuni dubbi interpretativi e soprattutto non è ben chiaro quanto costerà effettuare le sanatorie. A Milano infatti il costo rischia di arrivare, quando c’è un aumento della volumetria disponibile, al massimo della sanzione, previsto in 31 mila euro, visto che l’oblazione verrà calcolata al doppio dell’incremento di valore dell’immobile e ai prezzi attuali in città in pratica basterebbe aver realizzato una veranda di 6 metri quadrati (ammesso che sia sanabile) per arrivare a 31 mila euro.

Si prospettano ora anche emendamenti tesi a superare le disposizioni dei regolamenti edilizi per liberalizzare ancor di più le norme del decreto. Il caso emblematico è quello di monolocali di dimensione inferiore a 28 metri quadrati. Oggi sono liberamente trasferibili e infatti a Milano le offerte non mancano (ce ne siamo occupati recentemente qui). Queste casette sono vendibili (quanto a comprarle, i gusti sono gusti) ma sono abitabili solo se realizzate prima del 18 luglio 1975, quando sono entrate in vigore le nuove norme statali sulle caratteristiche igieniche e sanitarie delle abitazioni. E non solo: da allora non devono aver subito nessuna modifica.

La dimensione minima di 28 metri quadri non è l’unica norma stringente sull’abitabilità degli immobili e che la formulazione attuale del decreto salva casa rende inaggirabile in molti casi: la sanatoria prevede infatti che l’immobile rispetti almeno le regole in vigore al momento in cui è stato compiuto l’abuso. Per questo può valer la pena di segnalare le disposizioni del regolamento edilizio milanese che potrebbero di fatto rendere impossibile ricorrere a una sanatoria che chiamare condono sembrerebbe brutto.

Ad esempio le dimensioni delle camere devono essere minimo di 8 metri quadrati per un solo posto letto, mentre si sale a 12 metri per la stanza per due, il soggiorno deve occupare almeno 14 metri, che salgono a 17 se c’è uno spazio di cottura; 5 metri sono necessari per la cucina mentre il bagno deve avere un lato minimo di 120 centimetri. Di queste misure bisogna tenere conto quando si sposta in casa una parete divisoria o la si realizza, come spesso avviene, per chiudere uno spazio per la cameretta del bambino. Spostare un tramezzo è un abuso sanabile con poca spesa perché non c’è aumento di volumetria utile, ma la nuova conformazione dell’immobile deve rispettare i requisiti del regolamento. La cameretta per il risultante deve misurare almeno 8 metri quadrati. 

E deve essere in regola anche in termini di superficie finestrata: è necessario che l’illuminazione naturale sia garantita da una superficie vetrata pari almeno a un decimo di quella del locale e se invece lo spazio creato è molto grande a condizione che il punto più lontano dalla finestra sia a una distanza inferiore a 2,5 volte l’altezza del locale. Altrimenti il cosiddetto rapporto aeroilluminante scende a 1:8. Traducendo: per un locale da 12 metri quadrati con altezza 3 metri basta che la superficie della finestra sia di almeno 120 centimetri, se si tratta di un salone da 40 metri quadrati bastano 4 metri di finestre se la distanza tra i vetri e il punto più lontano è inferiore a 7,5 metri, altrimenti la superficie finestrata necessaria sale a 5 metri.

In linea di massima invece abbattere un tramezzo (purché sia tale e non un muto portante) non crea problemi. Infine, un altro abuso molto frequente è la realizzazione di un soppalco. L’abitabilità però si consegue solo se si rispettano precisi requisiti di altezza e di dimensione. La struttura va realizzata a un’altezza minima di 210 centimetri da terra ed essere almeno a 210 centimetri dal soffitto. Nel rispetto di questo requisito minimo la superficie soppalcata non può superare un terzo di quella sottostante. Si può arrivare alla metà se l’altezza del soppalco dal pavimento è tra i 230 e i 270 centimetri e sempre tra 230 e 270 centimetri ci siano tra il soppalco e il soffitto. Infine, se le altezze sono superiori (ma questo presuppone un locale alto almeno 540 centimetri, di solito sono laboratori che hanno cambiato destinazione d’uso) la superficie soppalcata può arrivare a due terzi di quella sottostante.

Non sono rompicapi, ma solo alcuni esempi della complessità delle norme da rispettare. Sicuramente il lavoro per i professionisti abilitati a istruire le pratiche edilizie non mancherà. 

 

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